CUORI PURI

CUORI PURI

Andando a esplorare la realtà del proletariato urbano, con un ritratto credibile e ricco di pregnanza, Roberto De Paolis confeziona con Cuori puri un esordio apprezzabile nelle intenzioni, ma gravato da un ritmo troppo dilatato e da qualche lungaggine nei vari subplot della trama.

Cittadinanza proletaria

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Agnese, 18 anni e un’educazione rigidamente cattolica, tutta all’insegna dei divieti e delle proibizioni, viene sorpresa a rubare in un centro commerciale. Il guardiano, Stefano, impietosito dall’evidente stato di paura e confusione della ragazza, finisce per lasciarla andare. Qualche tempo dopo, i due giovani si incontrano di nuovo. Lui, che ha perso il posto a causa del suo atto di generosità, ora lavora come custode del parcheggio interno al centro commerciale, adiacente a un campo rom. Lei sta accompagnando sua madre, che porta vestiti usati agli occupanti del campo per conto della parrocchia. Tra i due nasce presto un’attrazione non dichiarata, ma innegabile. Due mondi che non potrebbero essere più distanti, che tuttavia finiscono per toccarsi e compenetrarsi. Ma la rigida morale che inculcata ad Agnese da sua madre metterà presto in crisi il neonato rapporto.

Tra le proposte italiane viste in questa quasi conclusa, settantesima edizione del Festival di Cannes, molta curiosità e interesse ha suscitato questo Cuori puri, esordio alla regia del romano Roberto De Paolis, presentato nella parallela sezione della Quinzaine des Réalisateurs. Un cognome, quello di De Paolis, che certo non risulterà nuovo agli spettatori italiani, legato com’è a un pezzo di storia della distribuzione nostrana: il padre del regista, Valerio, fu infatti fondatore, oltre un trentennio fa, della Bim Distribuzione, storico “marchio” italiano legato al cinema d’autore nella sua accezione più generale. Proprio nel solco di una storia che, pur nella varietà delle sue proposte, ha sempre prediletto un cinema dalla forte impronta personale – con uno sguardo privilegiato sulle tematiche sociali – l’esordio del giovane De Paolis va a sviscerare la realtà proletaria capitolina, facendola collidere con quella di una borghesia sempre più spaesata e priva di punti di riferimento.

Nel narrare una storia d’amore sui generis, animata da due personaggi entrambi insofferenti alle regole e alle limitazioni dei rispettivi ambienti sociali, il regista guarda in Cuori puri ai codici di certo cinema europeo, tutto incentrato sull’esplorazione – e soprattutto sulle storie personali – di quelle realtà popolari urbane che hanno fatto la fortuna di cineasti come i fratelli Dardenne. De Paolis si mostra memore della lezione dei due autori belgi, specie nella scelta di seguire costantemente da vicino, come un’ombra o un prolungamento, i suoi due protagonisti; un’estetica che forzatamente lascia sullo sfondo la realtà urbana, presupposta più che mostrata, avvertita solo nei segni e nelle ricadute (in entrambi i casi pesanti e durature) lasciate su entrambi i personaggi.

Tuttavia, l’esplorazione del film di De Paolis punta a farsi a più ampio raggio, calandosi nella realtà socio-culturale italiana, ponendo direttamente a contatto la contraddittoria ed esplosiva realtà delle periferie con la disgregazione culturale di una borghesia ormai priva di legami con la realtà, tenacemente abbarbicata ai rituali di una religiosità ormai priva di senso e direzione, animata da un’attitudine paternalistica e incapace di qualsiasi reale comprensione nei confronti della marginalità sociale. Lo scontro, incarnato nei personaggi efficacemente interpretati da Selene Caramazza e Simone Liberati, sarà inevitabilmente deflagrante: possibile preludio a una ricomposizione (e a un’auspicabile comprensione reciproca) da perseguire tenacemente, ma tutt’altro che scontata.

Va dato atto di una buona dose di coraggio all’esordiente De Paolis, nell’essersi voluto immergere direttamente in Cuori puri in una realtà come quella del proletariato urbano, messa progressivamente sempre più in ombra dal mainstream dell’ultimo trentennio: una realtà quasi cancellata, invero, in favore della rappresentazione (sempre più manierata) di un ambiente borghese che pareva essere l’unico con diritto di cittadinanza. Qui, al centro della trama non ci sono tanto le periferie capitoline (come sono state mirabilmente mostrate da titoli quali Non essere cattivo e Suburra), quanto le ferite che un ambiente sociale abbandonato a se stesso, sempre più incattivito e autoreferenziale, ha inferto nell’anima del giovane protagonista, e nella sua ormai rassegnata famiglia.

Il realismo con cui viene narrato l’incontro con la giovane controparte femminile, il registro all’insegna di un’asprezza bagnata nella tenerezza più ingenua, il carattere simbolico della relazione (che rifugge tuttavia alle tentazioni del bozzetto sociale più didascalico) restano punti di forza per l’intero film. A una regia abbastanza sobria, che mostra l’esigenza primaria di seguire ogni spostamento (fisico e non) dei suoi due protagonisti, si sommano le buone prove di Liberati e Caramazza, capaci di sostanziare un film, e un soggetto, che chiede loro molto in termini di versatilità e capacità di modulazione della recitazione.

Cuori puri trova comunque il suo limite principale in un ritmo inutilmente dilatato, che si sofferma su eventi narrativamente poco funzionali (il rapporto della ragazza con l’amica, il subplot del cellulare) e che impiega decisamente troppo tempo per far entrare la vicenda nel vivo. Se la sceneggiatura si rivela efficace nella resa dei due personaggi principali, uno sguardo maggiore al contesto (pur restando fedeli alla scelta – principalmente registica – di restringere il campo all’esplorazione del rapporto tra i due protagonisti) avrebbe senz’altro reso più forte e pregnante l’intera costruzione del film. Un maggiore equilibrio narrativo, unito a una diversa gestione del ritmo (con interventi magari più “pesanti” in fase di montaggio – i 114 minuti del film si sentono a tratti troppo) avrebbero probabilmente giovato alla resa complessiva di questo esordio.

Cuori puri poster locandina

Scheda

Titolo originale: Cuori puri
Regia: Roberto De Paolis
Paese/anno: Italia / 2017
Durata: 114’
Genere: Drammatico
Cast: Edoardo Pesce, Antonella Attili, Stefano Fresi, Barbora Bobulova, Alexia Murray, Federico Pacifici, Andrea Giannini, Francesco Primavera, Simone Liberati, Daniele Muzi, Daniele Natali, Denise Priscilla Sciacca, Isabella Delle Monache, Ivano Negri, Nick Nicolosi, Romano Talevi, Ruben Anello, Sara Borsarelli, Selene Caramazza, Susanna Bugatti
Sceneggiatura: Luca Infascelli, Roberto De Paolis, Adriano Chiarelli, Carlo Salsa, Greta Scicchitano
Fotografia: Claudio Cofrancesco
Montaggio: Paola Freddi
Musiche: Emanuele de Raymondi
Produttore: Carla Altieri, Roberto De Paolis
Casa di Produzione: Young Films, Rai Cinema
Distribuzione: Cinema

Data di uscita: 24/05/2017

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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