THE QUAKE – IL TERREMOTO DEL SECOLO

THE QUAKE – IL TERREMOTO DEL SECOLO

Sequel del sorprendente The Wave, interessante declinazione nordeuropea del disaster movie, The Quake - Il terremoto del secolo intrattiene grazie al solido mestiere del regista John Andreas Andersen, anche laddove la ricerca di nobilitazione del genere rischia di farsi pretestuosa.

Furia naturale, argini familiari

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Agosto. Con qualche rilevante eccezione (pensiamo a blockbuster come Fast & Furious – Hobbs & Shaw, o all’imminente, atteso remake de Il re leone), per le sale cinematografiche italiane questo resta il mese dei ripescaggi, di qualche recupero dei film più fortunati visti nella stagione appena terminata, nonché di quel cinema di genere relegato – vuoi per tradizione, vuoi perché considerato più appetibile per un pubblico alla ricerca di brividi immediati ed emozioni “epidermiche” – alla breve finestra distributiva delle uscite estive. Proprio in quest’ultima categoria si colloca questo The Quake – Il terremoto del secolo, disaster movie di produzione norvegese risalente al 2018, sequel del fortunato The Wave di tre anni precedente, già sorprendente successo internazionale. Una scelta, quella di dare un seguito al film del 2015, che ha visto un cambio in cabina di regia (a Roar Uthaug, emigrato verso i lidi hollywoodiani e la regia del reboot di Tomb Raider, si sostituisce l’ex direttore della fotografia John Andreas Andersen) e una sostituzione del tema di partenza dello tsunami con quello – ancor più radicale nella sua universalità – della paura di una distruttiva scossa di terremoto. Di quelle capaci di abbattere un’intera città.

Una paura, quest’ultima, che nel film di Andersen occupa invero tutta la prima parte della storia, incentrata sul personaggio di Kristian Eikjord (geologo ed eroe del film precedente), abbandonato da sua moglie e ritiratosi a vivere tra i fiordi della ricostruita Geiranger, alle prese coi sensi di colpa e una montante depressione per non esser riuscito a salvare un numero maggiore di persone. Quando un suo amico ed ex collega muore nel crollo di un tunnel (nel quale stava conducendo un non meglio precisato studio) non prima di avergli inviato una serie di allarmanti dati su un’attività sismica in corso a Oslo, Kristian si decide a uscire dal suo isolamento per allertare la autorità, e cercare di porre in salvo la sua ex moglie e i due figli. Ovviamente, l’uomo non viene inizialmente creduto, mentre i dati raccolti dal collega vengono liquidati alla stregua di errori ed esagerazioni; ma una serie di blackout registrati in tutta la città, e lo studio più accurato di uno sciame sismico mai interrottosi dall’episodio di tre anni prima, darà presto ragione alle più fosche previsioni del geologo. Ad aiutare Kristian nel suo tentativo di evitare il peggio ci sarà la giovane Marit, figlia del collega scomparso.

Più che alle recenti, muscolari e tonitruanti declinazioni del genere (viene in mente il chiassoso San Andreas) The Quake – Il terremoto del secolo sembra guardare ai classici del catastrofico americano di qualche decennio fa, a opere formative per più di una generazione di spettatori come L’inferno di cristallo – esplicitamente richiamato nella location dell’ultima parte della storia – o L’avventura del Poseidon. Esempi di cinema, questi ultimi, in cui la mostra esplicita e fisica del dramma restava ben al di qua di una “pornografica” e incontrollata esibizione di distruzione, nonché di una sfida ai limiti percettivi che – traslata nell’epoca digitale, e in un contesto cinematografico in cui oramai tutto è visualizzabile – finirà paradossalmente per rendere “astratta” e inoffensiva una materia che dovrebbe fisica per definizione. Appoggiandosi a quanto narrato nel film precedente, ma senza mai adagiarvisi – e restando nel contempo attento a rendere la vicenda fruibile per chi non l’avesse visto – il regista John Andreas Andersen si prende qui il suo tempo per far maturare la storia, reintroduce i personaggi e le loro dinamiche familiari, fa convergere le vicende del geologo protagonista, dei suoi familiari e della giovane Marit in un’ultima parte ad alto (ma ben controllato) tasso adrenalinico.

Analogamente a quanto accadeva in The Wave, il realismo è costantemente perseguito tanto dalla sceneggiatura, con la ricerca per quanto possibile di un ancoraggio a dati scientifici e storici sugli eventi sismici, quanto da una messa in scena che sceglie di abbreviare – senza per questo toglierle rilevanza – la spettacolare sequenza-chiave della scossa: a contare, più della caduta dei grattacieli e delle futuristiche costruzioni di una Oslo che – finora immune dalla minaccia del terrorismo jihadista – trova qui il suo babau nella forza distruttiva della natura, è il (melo)dramma di una famiglia divisa che persegue un difficile riavvicinamento. Un intento, quello del film di coniugare la spettacolarità “ludica” del genere a una descrizione puntuale delle dinamiche psicologiche e familiari, che la sceneggiatura persegue in modo scoperto fin dall’inizio del film, nell’introduzione di un protagonista i cui sensi di colpa si traducono presto in ossessione e voluta (ancorché temporanea) chiusura agli affetti. Proprio in una resa forte e inevitabilmente sopra le righe della figura del protagonista – l’ottimo Kristoffer Joner – The Quake – Il terremoto del secolo si prende i maggiori rischi, in una costruzione del personaggio che si fa via via più “messianica” e meno incline ai mezzi toni. L’accentramento della vicenda sulla figura di Kristian e sulla sua (ri)conquista di uno spazio familiare condiviso, laddove quello sociale viene disintegrato – ancora una volta – dalla furia degli elementi, finisce per togliere spazio ai restanti personaggi, dalla giovane co-protagonista Marit a una figura inutile come lo scettico ex collega.

Esponente del (poco frequentato) filone più popolare e di genere del cinema nordeuropeo, interessante lettura alternativa – ma non totalmente disgiunta dai modelli di riferimento – di un genere tradizionalmente appannaggio del cinema nordamericano, The Quake – Il terremoto del secolo può contare su valori produttivi di tutto rispetto, su una messa in scena di buona fattura e presa spettacolare, nonché su una solidità di racconto che in circa un’ora e tre quarti mostra pochi cedimenti: certo, la sua ricerca costante della credibilità rischia a tratti di andare a scontrarsi con un genere che è (inevitabilmente) anche gioia ludica e infantile e ricerca della suspension of disbelief, mentre la sua voglia di “nobilitazione” del filone, e la contaminazione con un genere altro (e distinto) come quello del melò, finisce a tratti per apparire fin troppo programmatica. Ma l’intrattenimento, unito a una buona (e benvenuta) dose di coinvolgimento “fisico” – troppo spesso assente dalle declinazioni americane del genere – indubbiamente non manca. Per quelli che erano gli intenti dichiarati, si può essere soddisfatti.

Scheda

Titolo originale: Skjelvet
Regia: John Andreas Andersen
Paese/anno: Norvegia / 2018
Durata: 106’
Genere: Drammatico, Catastrofico
Cast: Kathrine Thorborg Johansen, Kristoffer Joner, Agnes Bryhn Røysamb, Ane Dahl Torp, Catrin Sagen, Edith Haagenrud-Sande, Hanna Skogstad, Jonas Hoff Oftebro, Per Frisch, Runar Døving, Stig R. Amdam
Sceneggiatura: John Kåre Raake, Harald Rosenløw-Eeg
Fotografia: John Christian Rosenlund
Montaggio: Christian Siebenherz
Musiche: Johannes Ringen, Johan Söderqvist
Produttore: Are Heidenstorm
Casa di Produzione: Film Väst
Distribuzione: Altre Storie e Minerva Pictures

Data di uscita: 08/08/2019

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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