BLINDED BY THE LIGHT – TRAVOLTO DALLA MUSICA

BLINDED BY THE LIGHT – TRAVOLTO DALLA MUSICA

Gurinder Chadha si immerge con Blinded By The Light - Travolto dalla musica negli anni '80 di una cittadina inglese, mostrando la folgorazione di un giovane di origini pachistane per la musica di Bruce Springsteen: il risultato è un coming of age ottimista ma realistico, entusiasmante per chiunque ami la musica del rocker americano.

Educazione springsteeniana

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Per chi scrive, approcciarsi criticamente a un film come Blinded by the Light – Travolto dalla musica è un’impresa quantomai ardua, forse addirittura impossibile. Il nome stesso di questo sito, d’altronde, è il risultato di una passione musicale divorante, di una dedizione da fan che si è protratta negli anni e nei decenni, e che rende praticamente impossibile mantenere il giusto distacco critico di fronte a un lavoro come quello di Gurinder Chadha: chi scrive fu accecato dalla luce della musica di Bruce Springsteen giusto pochi anni dopo il giovane protagonista del film (e più o meno alla sua stessa età) e – per dirla in modo chiaro – quella forma di singolare “cecità” dura ancora oggi, senza accennare a diminuire. Tuttavia, non scrivere di un film come quello della Chadha proprio su una testata come questa, o lasciare eventualmente che della presente recensione si occupasse qualcun altro, sarebbe stata una scelta a dir poco paradossale: ergo, questa recensione s’ha da fare, e s’ha da fare senza l’impossibile pretesa di far tacere il fan, ma piuttosto cercando di affiancargli una vocina più razionale ed equilibrata, che lo riconduca (per quanto possibile) a più miti consigli. Compito, anche questo, tutt’altro che agevole.

Il lettore ci perdonerà la parentesi strettamente e insolitamente personale (non si ripeterà… o forse sì) che tuttavia era assolutamente necessaria per aprire questo articolo. Perché Blinded by the Light – Travolto dalla musica è davvero un film che – come promesso dal sottotitolo italiano – travolge e butta giù tutte le difese di chiunque sia cresciuto con la musica di Springsteen, e abbia fin dall’inizio sentito quella singolare empatia, quell’affinità istintiva, immediata e totalizzante, che solo i fans del rocker americano riescono a instaurare col proprio beniamino. Il film di Gurinder Chadha è esplicitamente pensato per stimolare quel tipo di emotività, ogni suo fotogramma parla direttamente al fan “dandogli del tu”, proponendosi di trasportarlo – non soltanto nelle parti musicate – con un’intensità simile a quella di un concerto: è un’opera che letteralmente straripa di passione per quell’eroe con la chitarra che resta sempre fuori campo, eppure inonda della sua presenza ogni frammento della storia. Quello di Gurinder Chadha è quindi un film programmatico, pensato per rivolgersi a una precisa fetta di pubblico (non solo a quella, ci si intenda, ma certo con un occhio particolare per essa): eppure, per una volta, la programmaticità non significa furbizia e calcolo.

La felice intuizione della regista, in Blinded by the Light – Travolto dalla musica, è quella di mescolare il più classico dei coming of age, posto sullo sfondo del decennio più frequentato dal cinema e dalla televisione degli ultimi anni – quegli eighties che qui, per una volta, non compaiono nella loro versione più furbescamente nostalgica – con l’educazione musicale (e conseguentemente sentimentale) di un giovane figlio di immigrati nella spietata realtà dell’Inghilterra thatcheriana. È anche e soprattutto un film politico, quello di Gurinder Chadha, un’opera in cui la regista torna a quelli che erano i suoi bozzetti di piccolo taglio, alle rappresentazioni microsociologiche – pur trasfigurate dall’approccio a tratti fiabesco – che puntano direttamente lo sguardo sulle marginalità sociali; un ritorno a tematiche più usuali, dopo il tentativo di spaccato epico (riuscito solo in parte) del precedente Il palazzo del Viceré. Non è una famiglia indiana ma pachistana, quella del giovane protagonista, ma il risultato e le dinamiche a cui i suoi membri devono far fronte non cambiano: di nuovo c’è il razzismo, di nuovo la difficoltà di integrazione in un contesto sociale, come quello del neoliberismo thatcheriano, che stimola e incoraggia la guerra tra poveri, di nuovo troviamo il tema generazionale e la difficile dialettica tra la fedeltà alla famiglia e la voglia di ribellione e rottura.

Proprio su questo tessuto si innesta – felicemente – la scoperta da parte del protagonista della musica di Springsteen, una vera e propria epifania che il film mette in scena attraverso sovrimpressioni e parole fluttuanti, integrando i testi delle canzoni nel racconto (e scegliendo accuratamente i punti giusti) in un approccio all’insegna di una sorta di singolare “realismo magico”. In un paio di riuscite sequenze, costruite palesemente per mandare in sollucchero il fan – ma decisamente piacevoli anche dal più generale punto di vista cinematografico – il commento musicale diegetico si trasforma in parentesi musical, sfidando apertamente la verosimiglianza – in particolare in un confronto con un gruppo di bulli razzisti – ma stimolando la catarsi con gusto e intelligenza. Il “romanzo di formazione” del protagonista – con tanto di traversie col migliore amico – ricco, borghese e britannico –, la scoperta dell’amore, la crisi e il confronto serrato con la famiglia – è narrato senza edulcorazioni o sconti: Blinded by the Light – Travolto dalla musica è sì una fiaba contemporanea, ha sì dentro di sé l’ottimismo di quella declinazione del rock che aspira a cambiare il mondo, ma poi quel mondo lo rappresenta in tutta la sua crudezza. C’è a questo proposito un’esplicita immagine (che evitiamo di rivelare), all’interno di una sequenza che mostra gli scontri in un corteo di estremisti anti-immigrati, che ha una forza politica (e riassuntiva del decennio) quasi dirompente.

C’è una sorta di elegia dell’ultima adolescenza (quella che, a un passo dal trasformarsi in maturità, ha mantenuto ancora in sé l’innocenza, al centro di tante canzoni di Springsteen) ma non la nostalgia tout court, in Blinded by the Light – Travolto dalla musica: anzi, la cittadina di Luton è più volte descritta dal giovane Javed come “un cesso”, una trappola, quella che “rips the bones from your back”, per citare una delle più iconiche canzoni di Bruce, da cui scappare a tutti i costi ma preferibilmente con la persona amata vicino. Proprio a questo proposito, e proseguendo nel motivo della sovrapposizione tematica tra l’esperienza diretta del protagonista e i testi delle canzoni di Springsteen, il film ha il merito di illuminare – grazie anche all’uso didascalico (ma proprio per questo tanto più funzionale) dei testi – la cupezza, il realismo a volte spietato, il mood profondamente inquieto e a tratti tormentato, che in realtà caratterizza gran parte della produzione springsteeniana. L’epica del rocker, anche quella più visionaria nelle aspirazioni, o quella più apparentemente frivola, che riempie i testi di corse in macchina e ragazze, ha in realtà i piedi ben piantati in terra, piedi a volte coperti di piaghe e sangue; stupirà alcuni, a questo proposito, la scelta di una Dancing In The Dark (pezzo che per molti rappresenta il più classico easy listening anni ’80) a contrappuntare l’”illuminazione” del protagonista, con l’immediata affinità con un testo molto meno frivolo di quanto il motivo musicale suggerirebbe.

E poco importa, a questo proposito, se alcuni passaggi narrativi appaiono leggermente forzati (pensiamo alla visita del protagonista nel New Jersey), se l’uso diegetico delle canzoni fa vedere un paio di anacronismi – sicuramente ai fans più attenti non sarà sfuggito, ma sicuramente quelli più intelligenti se ne saranno altamente infischiati; o se tutto sommato il rapporto tra il protagonista Javed e il suo “mentore” springsteeniano Roops avrebbe potuto essere più approfondito, magari facendo del secondo qualcosa di più di un (pur assolutamente giustificato) “strumento d’ingresso” nel mondo di Bruce. Sono considerazioni, queste ultime, che il fan di cui parlavamo a inizio articolo, quello più difficile da tenere a bada, rigetta con fastidio e un certo grado di derisione; il critico, invece, le registra e si limita a dar loro un peso – in questo caso – decisamente minore che in passato. Perché sì, forse l’influenza del fan, quello che col suo eroe e beniamino ha stabilito quel rapporto personale ed esclusivo che il film descrive così bene, si fa sentire inevitabilmente anche sul critico; ma anche perché Blinded by the Light – Travolto dalla musica è davvero un’opera a suo modo magica, che per una volta realizza quella sintesi tra cinema sociale e fiaba contemporanea, coming of age e spaccato antropologico, potenza salvifica del rock & roll e suo necessario confronto con la realtà, che tante opere analoghe avevano mancato. Per uno springsteeniano è indubbiamente un’opera irrinunciabile, per tutti gli altri “semplicemente” un ottimo film. Scusate se è poco.

Scheda

Titolo originale: Blinded by the Light
Regia: Gurinder Chadha
Paese/anno: Regno Unito / 2019
Durata: 117’
Genere: Commedia, Drammatico, Biografico, Musicale
Cast: Hayley Atwell, Rob Brydon, Dean-Charles Chapman, Nell Williams, Aaron Phagura, Frankie Fox, Jonno Davies, Kulvinder Ghir, Meera Ganatra, Nikita Mehta, Sally Phillips, Tara Divina, Viveik Kalra
Sceneggiatura: Paul Mayeda Berges, Gurinder Chadha, Sarfraz Manzoor
Fotografia: Ben Smithard
Montaggio: Justin Krish
Musiche: A.R. Rahman
Produttore: Gurinder Chadha, Jane Barclay, Jamal Daniel
Casa di Produzione: New Line Cinema, Bend It Films, Levantine Films, INGENIθUS, Cornerstone Films
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 29/08/2019

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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