NOMAD: IN THE FOOTSTEPS OF BRUCE CHATWIN

NOMAD: IN THE FOOTSTEPS OF BRUCE CHATWIN

Ricostruzione documentaria e racconto di un'affinità, tributo estatico e a suo modo commosso, Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin restituisce un Werner Herzog in piena forma, capace di portare avanti il suo pluridecennale discorso malgrado i limiti del formato televisivo. Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2019.

Tracce estatiche

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Continua ad alternare documentario e cinema narrativo, Werner Herzog, se vogliamo seguire una suddivisione tanto necessaria ai fini della tassonomia quanto illusoria nei fatti; a 77 anni, il grande regista tedesco non sembra aver smesso la passione per la registrazione (e la trasfigurazione lirica) di quei frammenti di realtà catturati con l’uno o l’altro strumento, alla ricerca dell’anima sotto la superficie delle cose. Se da un lato la poetica di Herzog, in lavori come Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi (dedicato alla nascita e allo sviluppo di Internet) appariva un po’ imbrigliata dal formato – e forse da un tema con cui non c’era dimestichezza immediata – questo Nomad: In The Footsteps of Bruce Chatwin ci restituisce al contrario un Herzog al meglio delle sue potenzialità. Un lavoro, quello con cui il regista rende omaggio all’amico scrittore Bruce Chatwin, la cui riuscita è certo favorita da una sensibilità affine con l’oggetto rappresentato, da una sintonia articolata in decenni di viaggi, di vita nomade e inquieta che hanno accomunato i rispettivi percorsi artistici e umani.

Scrittore di viaggio apprezzato e controverso, Chatwin morì nel 1989 a causa dell’AIDS, dopo una vita avventurosa all’insegna della mimesi tra vita e arte, scrittura e percorso esperienziale. Un’attività, quella dello scrittore britannico, che non gli risparmiò accuse di scarsa accuratezza nelle cronache dei suoi viaggi, nonché di distorsioni e vere e proprie invenzioni: Herzog, dal canto suo, prende proprio questa tendenza alla distorsione (che nella sua visione è in realtà la ricerca di un’altra verità, quella che lui stesso definisce estatica) e ne fa il centro del discorso del film. Nomad: In The Footsteps of Bruce Chatwin, prima che un documentario biografico o la cronaca di un viaggio, è la dichiarazione di affinità tra due cantastorie, che con la loro arte hanno cercato di fare qualcosa di più, e di diverso, che limitarsi a registrare l’esperienza. Quella di Chatwin, per citare quanto affermato nel film, era “una verità e mezzo”, più che una mezza verità: ed è proprio da quello scarto, da quella ricerca di un’aggiunta alla mera narrazione, con cui si ricerca l’anima autentica di un oggetto, di una storia o di un percorso, che Herzog parte nella ricostruzione dei viaggi dello scrittore.

Il formato televisivo di Nomad: In The Footsteps of Bruce Chatwin (il film è prodotto dalla BBC e pensato principalmente per la fruizione sul piccolo schermo) ne costringe parzialmente la struttura entro i paletti di una scansione temporale e di una suddivisione forse un po’ rigida: i sette capitoli di cui il film si compone, ognuno a rappresentare un libro dello scrittore – le cui tracce vengono ripercorse dal regista – rappresentano in questo senso una “gabbia” che a tratti sembra stare un po’ stretta a Herzog. Non è un caso che le digressioni, gli sconfinamenti e i ritorni – specie con riferimento alla Patagonia, meta che ha ovviamente un peso e una rilevanza centrali nel film – siano tutt’altro che infrequenti. Quello che conta, tuttavia, è l’emersione nel film di quella sovrapposizione tra arte e vita, tra esperienza e narrazione, tra concretezza del vissuto e sua trasfigurazione fantastica, che era il cuore del lavoro di Chatwin e rivive in modo puntuale (e mimetico) nella ricostruzione di Herzog. Un’affinità che alla fine viene sottolineata dalle immagini di Cobra verde, film dalla realizzazione travagliata (sono noti i contrasti col protagonista Klaus Kinski) che il registra trasse dal romanzo Il viceré di Ouidah di un Chatwin già malato, che aveva da tempo dichiarato il suo debito ideale col cinema di Herzog.

Non è un documentario meramente contemplativo, Nomad: In The Footsteps of Bruce Chatwin, malgrado la maestosità delle sue immagini, il lirismo nella ricostruzione dei viaggi, il portato evocativo della voce del regista (straordinariamente eufonica anche nel timbro) e di quella registrata dello stesso scrittore. Il film di Herzog al contrario pulsa di aneddoti di vita vissuta, di luoghi che da quella vita sono stati riempiti (l’enorme residenza dello scrittore), di un tono che non elide l’ironia e la riconduzione dell’arte a un’umanissima e concreta amicizia tra due esseri umani. Stupisce anche (ma non più di tanto, in realtà) vedere sul volto di Herzog l’emozione per quello zaino di viaggio lasciatogli in eredità dallo scrittore, simbolico passaggio di un testimone che giunge a compimento solo con questo lavoro, esattamente un trentennio dopo. Il cerchio, quello dell’affinità tra due esseri umani e artisti, si chiude così nel migliore dei modi: ma noi, da spettatori e testimoni, non possiamo che continuare a guardare – e ammirare – ciò che quel cerchio ha così magistralmente racchiuso.

Nomad: In cammino con Bruce Chatwin, la locandina del film

Scheda

Titolo originale: Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin
Regia: Werner Herzog
Paese/anno: Regno Unito / 2019
Durata: 85’
Genere: Documentario
Cast: Werner Herzog, Bruce Chatwin, Elizabeth Chatwin, Karin Eberhard, Marcus Wheeler, Michael Liddle Pula, Peter Bartlett, Petronella Vaarzon-Morel, Robin Granites, Shaun Angeles Penange, Stefan Glowacz
Sceneggiatura: Werner Herzog
Fotografia: Louis Caulfield, Mike Paterson
Montaggio: Marco Capalbo
Musiche: Ernst Reijseger
Produttore: Steve O’Hagan, Richard Bright, Lucki Stipetic
Casa di Produzione: BBC Scotland, BBC Studios, BBC2

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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