THE CLOSET

THE CLOSET

Presentato al Far East Film Festival 2020, The Closet è un horror attraverso il quale il regista Kim Kwang-bin prova a riflettere sul concetto di famiglia e sul tema dell’infanzia trascurata; ma queste istanze sono fagocitate dalla necessità di costruire un’efficace macchina da brividi, mentre la sceneggiatura, nella seconda parte del film, sembra procedere col pilota automatico, priva di una solida struttura.

Dietro l'armadio, la solitudine

Pubblicità

Guarda decisamente a occidente, ad alcune ghost story ormai sedimentate nel nostro immaginario, questo The Closet, nuovo horror del regista sudcoreano Kim Kwang-bin. La selezione horror di questa ventiduesima edizione del Far East Film Festival ha incluso titoli profondamente calati nelle rispettive realtà culturali (si pensi a Impetigore e Soul) ma ha voluto conglobare anche un’opera più classica, che almeno dal punto di vista estetico rispettasse quelli che sono i topoi dell’horror occidentale. Il film di Kim Kwang-bin, in effettti, guarda ad alcuni esempi di horror occidentali appartenenti al passato (si pensi a Poltergeist) e ad altri più moderni (la saga di Insidious) per raccontare una storia di fantasmi che mostra già dai primi minuti la sua intenzione di spaventare utilizzando tutto l’armamentario del genere (scricchiolii, porte che si aprono lentamente, e via dicendo).

La trama di The Closet è similare a quella di tanti altri horror – occidentali e non – visti nel recente passato: Sang-won è un architetto di successo che si trasferisce con sua figlia Ina in una casa di campagna isolata; padre e figlia hanno da poco vissuto il trauma – da cui nessuno dei due è riuscito a riprendersi del tutto – della perdita della moglie dell’uomo, morta in un incidente stradale. Appena dopo il trasferimento, Ina inizia a mostrare un comportamento strano, sostenendo di avere una nuova amica che abita nell’armadio della sua camera. Quando la bambina, improvvisamente, scompare senza lasciare traccia, Sang-won è avvicinato da Kyung-hoon, un giovane esperto di paranormale che ha seguito in passato casi simili; sembra, infatti, che nel recente passato più di un bambino sia scomparso misteriosamente dalla propria abitazione in circostanze analoghe. Inizialmente scettico nei confronti del giovane, Sang-won finisce per dargli fiducia quando gli altri tentativi di trovare Ina non danno frutti.

Sembra voler riflettere, con gli strumenti del genere, su temi di una certa portata, The Closet, presentando un personaggio diviso tra la sua brillante carriera e la necessità di prendersi cura di sua figlia; il film lega la sparizione della ragazzina al senso di colpa montante dell’uomo per non aver potuto passare più tempo con lei, e nel progredire della trama avvicina in modo sempre più stretto i due elementi. Senza anticipare troppo, possiamo dire che gli sviluppi narrativi danno un peso sempre più forte al tema dell’infanzia trascurata o violata, rendendo quest’ultima il perno della trama e il cardine dell’elemento sovrannaturale. Si vuole riflettere, anche, su una modernità sempre più competitiva, in cui un nucleo solidale come la famiglia è messo sempre più ai margini, e in cui l’anello più debole – quello dei bambini – finisce per pagare lo scotto più grande ai momenti di crisi.

Malgrado le premesse, che sono quindi quelle di un prodotto di genere di un certo spessore, The Closet si rivela difettoso nel gestire la coerenza della sua componente sovrannaturale; dalla seconda parte in poi, infatti, la sceneggiatura sembra procedere a tentoni nei tentativi del protagonista e del suo giovane compagno di estrarre la bambina dalla dimensione in cui è stata trasportata, non interessandosi granché dell’elemento della coerenza interna. La rappresentazione iconografica dell’altra dimensione è chiaramente debitrice ad analoghe visualizzazioni dell’horror occidentale – si pensi di nuovo alla saga di Insidious – mentre, per l’attenzione alla centralità dell’elemento infantile per le manifestazioni del fantastico, viene in mente anche qualche esempio di ghost story europea più recente (un esempio è il The Orphanage di Juan Antonio Bayona).

Modelli, questi ultimi, di cui il film di Kim Kwang-bin non riesce tuttavia a replicare la riuscita, principalmente per una imperfetta costruzione narrativa e per alcune soluzioni – l’ultimo ingresso del protagonista nell’universo sovrannaturale – che sembrano frutto di improvvisazione più che di un attento lavoro di scrittura. Il film dosa abbastanza bene gli spaventi e gli effetti shock (i jumpscare sono generosi ma mai eccessivi) ma difetta di una struttura narrativa coesa, andando inoltre a presentare dialoghi – specie nelle interazioni tra il protagonista e il giovane Kyung-hoon – che gettano sovente una patina di grottesco (involontario) sull’intera operazione. Nell’ultima parte, quando la sceneggiatura arriva alla risoluzione della vicenda facendo una forzatura dopo l’altra, si finisce per perdere attenzione per ciò che succede sullo schermo, non riconoscendovi una costruzione narrativa coerente.

The Closet si rivela quindi, complessivamente, un horror capace di intrattenere discretamente bene, seguendo modelli noti, con alcune ambizioni “sociali” che tuttavia vengono sacrificate dalla macchina da brividi che il regista mette in piedi. Il problema principale del film di Kim Kwang-bin sta tuttavia in una sceneggiatura poco efficace, che dimentica troppo spesso l’elemento della coerenza per adeguarsi alle trovate visive che di cui il film è generosamente disseminato, specie nella sua seconda parte.

The Closet poster locandina

Scheda

Titolo originale: The Closet
Regia: Kim Kwang-bin
Paese/anno: Corea del Sud / 2020
Durata: 97’
Genere: Horror
Cast: Ha Jung-woo, Bin Shin Hyon, Kim Nam-gil, Kim Si-ah, Kim Soo-jin, Park Sung-woong, Yool Heo
Sceneggiatura: Kim Kwang-bin, Kwon Seong-hui
Fotografia: Choi Chan-min
Montaggio: Kim Sang-beom
Musiche: Jo Young-wook
Produttore: Kang Myung Chan, Kim Young-hoon, Son Sang-beom, Yoon Jong-bin, Ha Jung-woo, Jeong Won-chan, Kook Soo-ran
Casa di Produzione: Perfect Storm Film, Moonlight Film

Trailer

Pubblicità
Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.