LA DONNA IN NERO

LA DONNA IN NERO

La compagnia dello Stabile del Giallo porta in scena la pièce gotica di Stephen Mallatratt dal romanzo della Hill; una rilettura affascinante, metatestuale.

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In principio fu un romanzo di Susan Hill, datato 1983, scritto in un periodo non proprio propizio per il gotico di fattura più classica. E La donna in nero, di fatto, era davvero la più classica e “filologica” – nel suo rispetto delle regole del genere – delle storie gotiche; una vicenda debitrice nei temi a Henry James e Shirley Jackson, ambientata in una piccola località inglese sospesa nel tempo e nello spazio, funestata da una maledizione sepolta nel passato. Il successo del romanzo della Hill originò qualche anno dopo una fortunatissima pièce teatrale a firma Stephen Mallatratt, che esordì a Scarborough nel 1987, per poi spostarsi nel West End londinese due anni dopo, con una lunghissima serie di repliche. Ma il successo della storia creata da Susan Hill non si ferma certo qui: nel 1989 il regista Herbert Wise gira The Woman in Black, primo adattamento televisivo del romanzo, che riscuote un buon successo tra i telespettatori inglesi, nonostante l’insolita collocazione (la vigilia di Natale!); nel 2012, arriverà poi un ulteriore, omonimo adattamento – stavolta cinematografico – per la regia di James Watkins, con Daniel Radcliffe protagonista; adattamento che genererà a sua volta un sequel, intitolato L’angelo della morte e datato 2014. Arriviamo a tempi vicini a quelli di oggi: nel 2017, il West End celebra i 30 anni di repliche de La donna in nero, con un cast interamente rinnovato; lo spettacolo creato da Mallatratt a questo punto è pronto per varcare i confini del Regno Unito. E ad approdare, nella fattispecie, a Roma, con la regia di Raffaele Castria e la produzione del Teatro Stabile del Giallo.

La compagnia dello Stabile del Giallo – tornata in attività a novembre dopo due anni di forzato stop, ospitata dal nuovo Teatro Ciak – sceglie per lo spettacolo una scenografia abbastanza essenziale: un paio di cassapanche, una porta, due sedie, una tenda semitrasparente posta davanti a una stanza nascosta. La peculiarità della lettura di Mallatratt del romanzo di Susan Hill è il suo carattere metatestuale: ciò a cui assistiamo è una rappresentazione nella rappresentazione, o più precisamente uno spettacolo che parla di sé stesso, esplicitando ogni volta il suo carattere fittizio. L’anziano protagonista Arthur Kipps, interpretato da Giuseppe Pambieri, assume un giovane coach di recitazione che possa aiutarlo a liberarsi di una oscura vicenda del suo passato; la modalità sarà proprio quella della recitazione, della (ri)messa in scena dei fatti, della catarsi ricercata rivivendo il più fedelmente possibile gli eventi. I due si ritrovano in un antico teatro vittoriano, dove, davanti a un pubblico immaginario, dovranno rimettere in scena la vicenda del giovane avvocato Arthur Kipps: quest’ultimo sarà impersonato dal giovane insegnante, mentre il vero Kipps interpreterà di volta in volta gli altri personaggi della vicenda. Così, seguiamo l’incarico dell’avvocato presso la dimora vittoriana di un’anziana signora defunta, che ha lasciato dietro di sé un mucchio di carte da mettere in ordine; il suo arrivo sul posto, in un’isola nebbiosa, che, quando la marea sale, viene totalmente tagliata fuori dal paese circostante; il funerale della donna e il primo incontro del protagonista con una misteriosa figura femminile velata di nero; e poi nuove visioni, rumori e pianti notturni, e l’uomo che viene a conoscenza di una terribile tragedia del passato, che ha proteso la sua macabra ombra fino al giorno d’oggi.

Sono varie, le modalità possibili per portare a teatro una materia complessa come quella del gotico; materia che prevede, per sua natura, un certo impatto visivo e sensoriale, oltre a una buona capacità di affabulazione. La donna in nero si colloca, almeno a livello visivo, da qualche parte tra l’estremo della totale astrazione e quello del tentativo di riproduzione naturalistica di eventi e personaggi: la scenografia è scarna e soggetta a un continuo riutilizzo nelle diverse location della storia; ma il grosso del lavoro è svolto dalle luci, dal sapiente uso dei chiaroscuri e del fumo, dagli effetti sonori. Artifici spettacolari, questi ultimi, che i due attori/personaggi non smettono di lodare, quando ognuno di loro riprende il suo ruolo nella storyline del presente: gli intermezzi spezzano (volutamente) il ritmo e la tensione del racconto, rappresentando sia uno smascheramento del suo carattere artificioso, sia un elogio della sua potenza evocativa. Il vecchio Kipps, nel momento in cui si lascia trasportare dall’alchimia della scena, diviene visibilmente più sicuro di sé, meno “teatrale”, più capace di vivere la rappresentazione anziché limitarsi meramente a riprodurla. Un risultato ottenuto grazie alla modulazione della recitazione da parte dell’esperto Pambieri, che raggiunge un’ottima resa nel difficile compito di impersonare un attore che recita, oltre che una buona intesa con l’altro attore protagonista, Nicola Paduano. Lo spettacolo “gioca” con lo spettatore – in particolare nel primo dei due atti di cui si compone – agganciandone continuamente la curiosità, per poi svelargli la natura fittizia del tutto; ma non lo fa per smontare criticamente l’artificio teatrale, quanto piuttosto per sottolineare (e ciò diventerà palese e dichiarato nel finale) che anche la finzione del teatro è una cosa (molto) seria. A volte, di una serietà capace di far paura.

Impreziosito da un look efficace e d’effetto, specie nella mise della figura che gli dà il titolo, La donna in nero avvince lo spettatore giocando coi suoi nervi e con le sue aspettative, lo “prepara” nella sua prima parte – anche con le continue digressioni metanarrative – per poi colpirlo in modo più deciso nella seconda. Il crescendo funziona narrativamente piuttosto bene, mentre alcune immagini – specie quelle in cui la natura astratta della scenografia si sovrappone bene al carattere onirico e fantastico delle visioni rappresentate – restano ben impresse nella mente. Spiace un po’ l’uso quasi totalmente nullo dello spazio riservato alla platea; questo è vero specie laddove la prima parte dello spettacolo (e in particolare la prima apparizione dello spettro) avevano fatto ben sperare per un uso più “globale” e integrato dello spazio scenico. In fondo, un filone come l’horror ha da sempre tra le sue componenti un certo grado di coinvolgimento “fisico” del fruitore, a prescindere dal medium utilizzato; e il teatro, per sua natura, si presta particolarmente bene a tal uso. Resta comunque, quello di Castria e della sua compagnia, un lavoro di buona fattura, adattamento intelligente d’impatto di una vicenda che da oltre un trentennio – e nei vari canali attraverso cui è stata raccontata – non cessa di esercitare il suo oscuro fascino.

Scheda

Scritto da: Stephen Mallatratt, Susan Hill
Regia: Raffaele Castria
Durata: 90’
Genere: Horror
Cast: Giuseppe Pambieri, Nicola Paduano
Compagnia: Teatro Stabile del Giallo

Date: 25/04/2019 – 12/05/2019

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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