L’UOMO CHE FECE SPARIRE L’INFINITO

L’UOMO CHE FECE SPARIRE L’INFINITO

Sul palco del Teatro Vascello di Roma, tra il 4 e il 5 maggio, va in scena la pièce di Valentina Fratini L'uomo che fece sparire l'infinito: l’incontro fantastico, divertente e suggestivo insieme, tra un giovane con la Sindrome di Asperger e un premio Nobel per la fisica.

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Una festa di compleanno, in una grande città americana. Un giovane uomo si apparta, stanco, per niente propenso a festeggiare. Sale sul terrazzo, si affaccia alla balaustra, saggia l’altezza: è sufficiente. Un messaggio sul cellulare, per spiegare le ragioni dell’imminente gesto. Un ultimo pensiero per la donna amata, e uno al veleno per “tutti quelli che mi hanno voluto bene”. Mentre sta per saltare, però, una seconda figura fa irruzione sul posto: è un suo coetaneo, anche lui proveniente dalla festa. Lo sconosciuto, loquace e ciarliero, prima lo scambia per uno dei musicisti della banda, poi sembra fraintendere il motivo per cui lui è lassù. L’aspirante suicida è dapprima infastidito dalla presenza dell’intruso, ma poi, via via, ne viene sempre più incuriosito. Poi, la shockante rivelazione: lo sconosciuto davanti al giovane Jimmy è Richard Feynman, premio Nobel per la fisica, morto decenni prima. Dev’essere un sogno, o qualcosa del genere. Comunque, qualcosa per cui valga la pena far aspettare la morte ancora un po’.

Già replicata più volte nel corso dell’ultimo anno, forte di un buon battage pubblicitario e di un efficace passaparola tra gli spettatori capitolini, la pièce L’uomo che fece sparire l’infinito è approdata ieri (4 maggio) sul palco della Sala Studio del Teatro Vascello. Lo spettacolo, scritto da Valentina Fratini e prodotto dalla Onlus Spazio Asperger, sarà replicato ancora nella giornata di oggi, che ha già fatto registrare il sold-out. Un risultato che premia un prodotto coerente, essenziale nella messa in scena ma serrato e ben congegnato nei dialoghi e nel ritmo, e soprattutto pregnante nei temi che propone. Lo spettacolo diretto da Claudio Zarlocchi, da lui interpretato insieme a Giuseppe Abramo, può genericamente riferirsi al filone del realismo magico, con l’incontro tra un giovane stanco della vita e un “fantasma” – in realtà suo alter ego – che analizza, smonta e persino irride (sempre bonariamente) la sua decisione di farla finita. Dal contatto di Jimmy con la figura di Feynman, parte una ricognizione a ritroso nel tempo sulla vita e la carriera del fisico, figura eccentrica e unica, capace di unire una vivace intelligenza a un insolito eclettismo, oltre che a un’ironia assolutamente anticonvenzionale.

Così, nei flashback che illustrano i racconti del fisico, Zarlocchi smette i panni del protagonista per vestire di volta in volta quelli dei personaggi con cui Feynman venne a contatto: da suo padre, che gli trasmise per primo la curiosità per la fisica, al primo cliente che si rivolse all’adolescente Feynman, che si era fatto un nome per la sua capacità di riparare radio e oggetti elettrici; dai colleghi del MIT e da quelli del Progetto Manhattan, negli anni che videro il fisico far parte del team che mise a punto la bomba atomica, al proprietario di uno dei bar di Los Angeles che Feynman amava frequentare, e dove si esibiva come musicista. Un mosaico di storie e aneddoti che rivelano una personalità irruenta, vulcanica e inquieta, capace di vedere la scienza come continua fonte di spunto creativo (fu anche ritrattista, in particolare di nudi femminili) e persino lirico. Una costruzione semplice nella sua componente visiva, diremmo persino scarna: una scrivania con delle sedie, un paio di schedari, una pedana mobile a rappresentare la terrazza in cui si svolge il dialogo tra i due protagonisti; e poi, le luci che di volta in volta danno nuova vita agli ambienti, unite a un commento sonoro che sottolinea le atmosfere (giocose, tese o drammatiche) che si alternano nelle memorie del fisico.

Ma a fare il ritmo di L’uomo che fece sparire l’infinito sono soprattutto i dialoghi tra i due protagonisti, forti di un affiatamento costruito nel tempo, e di una buona capacità evocativa nelle storie che mettono in scena; una capacità tale da stimolare opportunamente la fantasia dello spettatore, trasformando di volta in volta l’essenziale scenografia nello spettacolo dei luoghi (variegati come le sue esperienze) della vita di Feynman. Un occhio “magico” che si nutre dell’immaginazione dell’autrice così come di quella, interna alla storia, dei due protagonisti: entrambi atipici nella percezione della realtà così come nel modo di approcciarsi ad essa, entrambi capaci di cambiare il (loro) mondo a loro modo, secondo le loro condizioni. Jimmy ha la Sindrome di Asperger, e forse anche Feynman ce l’aveva: sicuramente, il loro incontro rivela una sintonia – che si disinteressa della storia e delle limitazioni del tempo – che va ben oltre gli interessi comuni. E rivela anche al protagonista, con un ottimismo che – coerente con la personalità di Feynman – si tiene ben lontano dal buonismo, che l’atipicità, se opportunamente riconosciuta e nutrita, può essere un’importante fonte di valore aggiunto.

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Scheda

Scritto da: Valentina Fratini
Regia: Claudio Zarlocchi
Genere: Commedia
Cast: Claudio Zarlocchi, Giuseppe Abramo
Voci Registrate: Gianfranco Valenti

Date: 04/05/2019 – 05/05/2019

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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