IL SEGRETO DI UNA FAMIGLIA

IL SEGRETO DI UNA FAMIGLIA

Dramma elegante nella messa in scena, quanto poco centrato nelle tematiche, Il segreto di una famiglia conferma il talento di Pablo Trapero con la macchina da presa, ma non riesce a trovare il giusto equilibrio di tono, facendo sorgere a tratti il sospetto di un certo compiacimento.

Quiete apparente

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Dopo i consensi ottenuti per Il clan, Leone d’Argento a Venezia e penultimo tassello di una carriera che lo ha elevato al rango di nume tutelare del cinema argentino contemporaneo, Pablo Trapero era chiamato a una sorta di conferma. Una conferma che, col ritorno al Lido, e il maggior credito di pubblico e critica da spendere, doveva segnare in qualche modo un allargamento della platea per il cineasta argentino. Il segreto di una famiglia vede nel cast la presenza di nomi noti al pubblico internazionale come quelli di Bérénice Bejo ed Édgar Ramírez, ad affiancare quello ricorrente della musa del regista Martina Gusmán; e vede anche il ritorno delle tematiche predilette da Trapero, esploratore di una storia nazionale tragica e rimossa, interconnessa con vicende personali e familiari più che mai dolorose. Vicende che qui, nella fattispecie, coinvolgono Mia ed Eugenia, sorelle riunite nella lussuosa villa di famiglia dall’ictus subito dal padre. Le due sorelle, tanto fisicamente simili quanto distanti nei percorsi di vita, si trovano a confrontarsi col presente e il passato della famiglia, oltre che con l’ingombrante presenza di una madre persa nei ricordi e nei rimpianti.

Col lungo piano sequenza iniziale, a seguire il personaggio della Bejo mentre assiste suo padre, Trapero introduce lo spettatore nella villa che diverrà teatro e opprimente location principale della vicenda, luogo di ricordi e carcere senza sbarre per un’intera famiglia. Con una scelta del genere, tutt’altro che nuova per il suo cinema, il regista argentino conferma di non aver rinunciato all’eleganza stilistica, alla ricerca consapevole sull’estetica cinematografica, alla voglia di raccontare attraverso un uso accattivante e tutt’altro che “neutro” della macchina da presa. Quella de Il segreto di una famiglia (in originale semplicemente La quietud, dal nome della villa in cui la vicenda si svolge) è una regia avvolgente e funzionale, esaltata qui dalla location e dall’impostazione da dramma da camera che Trapero ha dato al film: i morbidi piani sequenza, le carrellate che seguono i personaggi tra le stanze e i corridoi della dimora, i rigogliosi e curati giardini, col sole abbacinante a creare un contrasto con la cupezza della casa nelle ore notturne, danno l’idea di un microcosmo autoreferenziale quanto falsamente rassicurante. Una quietud solo di facciata, insomma, ribadita dall’insegna che sovrasta il cancello della villa, in realtà incubatrice di segreti e drammi inenarrabili. Di orrori, persino.

Colpiscono e convincono, i primi minuti del film di Trapero, e non solo per un approccio alla messa in scena che si nutre della bellezza ariosa ma sottilmente angosciante della location principale, riuscendo quasi sempre a dribblare i rischi della maniera; la gradualità con cui la sceneggiatura introduce i contrasti tra le due protagoniste, e tra queste e i due genitori, sembra anzi instradare il film sul binario del realismo e delle nuances, in prospettiva del successivo sviluppo del dramma. Persino le generose dosi di erotismo, attraverso le quali il film decide da subito di giocare a carte scoperte – ed è un bene – sembrano mostrare una precisa rilevanza e funzione narrativa. L’accentuata, ricercata similitudine fisica tra le due protagoniste chiama lo spettatore a una simbolica operazione di detachment e scoperta, in una sorta di percorso all’indietro (nel tempo, come nella riappropriazione da parte di ogni personaggio di una precisa individualità, in un contesto presentato come omologante) che parallelamente rivela i fantasmi del passato familiare e il dolore dei percorsi personali. Percorsi destinati a collidere, nel momento dell’emersione consapevole del rimosso, nel modo più dirompente, per poi separarsi ulteriormente con l’urgenza di una dolorosa necessità.

Cosa non funziona, dunque, in un’opera dalle tante potenzialità come questo Il segreto di una famiglia? Principalmente, Trapero vuole mettere qui troppa carne al fuoco, orchestrando un intreccio di segreti e tradimenti che, proiettati nel presente della storia, appaiono fin troppo programmatici. Il sovrapporsi dei vari subplot, oltre a dare al tutto un inopinato mood soapoperistico, fa perdere al film sostanza e credibilità, diluendo la forza del soggetto originale in rivoli e derivazioni di scarsa rilevanza. Poco compatto nella scrittura, ma anche un po’ compiaciuto nel suo vorticoso balletto grottesco di situazioni sopra le righe, il film perde di vista a più riprese il cuore della vicenda, giocando con l’accumulo (superfluo) anziché con l’asciuttezza e la sottrazione. In tutto ciò, la figura che avrebbe dovuto guidare (pur indirettamente) il racconto, quel padre che, con la sua presenza/assenza, ha riunito suo malgrado la famiglia, resta sullo sfondo per gran parte del film, precisandosi quale carattere solo verso la fine. È, questo, anche il punto in cui la congiunzione tra dimensione privata e collettiva, tra il rimosso di una famiglia e quello tragico di un’intera comunità, si stabilisce davvero; ma succede tardi, e la componente sociale resta slegata dal resto, debole, poco incisiva nella sua pretesa di indagare la storia argentina recente. Una frammentazione narrativa, e un’ipertrofia tematica (voluta ma stucchevole), che impediscono di considerare del tutto riuscito il film di Trapero, togliendo sostanza alla sua tentata ricognizione storica e sociologica.

Scheda

Titolo originale: La quietud
Regia: Pablo Trapero
Paese/anno: Argentina / 2018
Durata: 117’
Genere: Drammatico
Cast: Bérénice Bejo, Édgar Ramírez, Alejandro Viola, Camila Biglieri, Felipe Ostrofsky, Graciela Borges, Isidoro Tolkachir, Joaquín Furriel, Martina Gusmán, Milagros Viado
Sceneggiatura: Pablo Trapero, Alberto Rojas Apel
Fotografia: Diego Dussuel
Montaggio: Alejandro Brodersohn, Pablo Trapero
Musiche: Papamusic
Produttore: Axel Kuschevatzky, Mélita Toscan du Plantier, Pablo Trapero
Casa di Produzione: Matanza Cine, Televisión Federal (Telefe)
Distribuzione: BiM Distribuzione

Data di uscita: 04/07/2019

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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