PINOCCHIO: GARRONE E BENIGNI PRESENTANO IL FILM A ROMA

PINOCCHIO: GARRONE E BENIGNI PRESENTANO IL FILM A ROMA

L'attesa, nuova versione di Pinocchio di Matteo Garrone, con Roberto Benigni nel ruolo di Geppetto, è stata presentata in conferenza stampa, alla presenza del regista e di molti degli interpreti: tra questi, Federico Ielapi, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherini e Gigi Proietti.

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Tra i film di Natale di quest’anno, il Pinocchio di Matteo Garrone era sicuramente tra i più attesi, e insieme quello che aveva suscitato il maggior carico di (giustificata) curiosità. Curiosità legata a un regista tra i più rappresentativi del nostro cinema attuale, che si approccia al romanzo di Collodi dopo aver affrontato le atmosfere plumbee di Dogman; un regista tanto eclettico quanto capace di giocare coi generi informandoli, volta per volta, della sua personalità. Una curiosità legata anche, e soprattutto, alla capacità di rilettura di una storia tra le più note al mondo, ormai assurta ad archetipo e capace di attraversare i confini del suo stesso contesto storico/geografico (l’Italia di fine ‘800). L’attesa era anche per un Roberto Benigni che, dopo aver consegnato al cinema il “suo” (discusso) Pinocchio nel 2002, torna ora nei panni di un inedito Geppetto. Il padre per eccellenza, come lui stesso l’ha definito.

L’anteprima stampa di questo nuovo Pinocchio, atteso nelle sale per il 19 dicembre prossimo, è stata accompagnata da un incontro che ha visto la presenza dello stesso Garrone, di Benigni, del piccolo protagonista Federico Ielapi, di Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini (interpreti rispettivamente del Gatto e della Volpe), di un Gigi Proietti che nel film dà il volto a Mangiafuoco, e delle due “Fate” Marine Vacth e Alida Baldari Calabria, interpreti del personaggio rispettivamente in versione adulta e bambina.

Garrone, lei ha detto che adattare Pinocchio era un sogno che coltivava da anni. Sembra ci abbia investito tanto. Ne valeva la pena?
Matteo Garrone: Questo lo chiederemo al pubblico. Noi non vediamo l’ora che arrivi il 19 dicembre. Io ho iniziato a disegnare Pinocchio da quando avevo sei anni, è un personaggio che mi accompagna fin da allora. Era difficile resistergli come regista. Gli attori, in questo caso, mi hanno aiutato a fare un film che avesse anche la sua leggerezza e ironia.

Nel suo cinema sembra esserci, ultimamente, una certa fascinazione per le favole. Esteticamente il film è simile a Il racconto dei racconti, c’è un legame con la fiaba e la magia…
Matteo Garrone: Con quel film avevo iniziato a esplorare il territorio magico, ma questo film è una storia a sé. Ogni fotogramma mi appartiene, ma lo scopo era quello di fare un film per tutti, dal carattere veramente universale; dovevamo fare come aveva fatto Collodi nel suo libro, che era un testo popolare rivolto a tutti, a prescindere dalle classi sociali o dall’età. Pinocchio è un classico vivo nell’immaginario collettivo, ma il film doveva riuscire anche sorprendere e incantare di nuovo. Aspettiamo con ansia la risposta del pubblico.

Benigni, questa è la seconda volta che si approccia a Pinocchio. Per lei questa storia è speciale? Quanto l’ha sorpresa il film?
Roberto Benigni: Ora non ricordo bene quale fosse l’ultimo Pinocchio uscito al cinema… ma questo di Garrone è sicuramente il migliore di tutti! Pinocchio è universale, appartiene a tutti, non abbiamo dovuto attualizzarlo: è già davanti a noi. È qualcosa che va oltre la fiaba. Quello di Pinocchio, poi, è il padre più famoso del mondo insieme a San Giuseppe. È quasi evangelico. Garrone è un pittore e le sue immagini sono bellissime, ma le immagini da sole sarebbero noiose; qui ci sono immagini straordinarie, ma anche la capacità di raccontare. Il percorso dall’interpretazione di Pinocchio a quella di Geppetto, poi, è qualcosa che ricorderò.

I due interpreti del Gatto e della Volpe, che fanno l’uno il controcanto dell’altro, come si sono concertati?
Rocco Papaleo: Beh, l’idea di ritrovare massimo a fare coppia era molto emozionante per me. Era una bella idea quella di essere il suo controcanto; da parte mia, ho provato ad armonizzare la voce con la sua, essendo anche musicista.

C’è un lavoro notevole sul trucco. In che modo questo si è armonizzato col resto del film?
Matteo Garrone: Il povero Federico è stato sottoposto a quattro ore di trucco al giorno per ben tre mesi. È stato bravissimo a sopportarlo, non sarebbe stato facile per nessuno. C’è stato poi anche il lavoro di concept e realizzazione, curato da Pietro Scola. Il truccatore, Mark, potrà comunque dirvi di più su questo aspetto.
Mark Coulier: Il viaggio è stato impegnativo, il lavoro era difficile per due ragioni: intanto dovevo essere fedele a una storia amata ovunque, e poi dovevo sottoporre un bambino, tutti i giorni, a tutte quelle ore di trucco. Una cosa non facile. Lui è una vera superstar. Insieme a Pietro abbiamo collaborato, cercando di raffinare e rendere i personaggi vicini a ciò che ci aveva chiesto Garrone. Non era facile far sembrare il silicone legno, evitando di far trasfigurare completamente il volto di Federico e la sua espressività. Questo valeva anche per gli altri burattini.

Cosa potete dirci sulla collaborazione tra Garrone e Ceccherini alla sceneggiatura?
Matteo Garrone: È una collaborazione nata in modo quasi casuale mentre lavoravamo sul personaggio della Volpe: lo abbiamo sviluppato insieme, e poi ci è venuto quasi naturale rivedere anche le altre scene. La sceneggiatura iniziale era molto vicina alla storia così com’era stata scritta da Collodi, ma poi con Massimo ci siamo resi conto che si poteva restare ugualmente fedeli al testo cambiando delle piccole cose.

Per la prima volta, nel suo cinema, sembra di vedere citazioni e omaggi. L’atmosfera ricorda un po’ il cinema di Tim Burton…
Matteo Garrone: Io sono partito dalle origini, dalla storia di Collodi; da un punto di vista figurativo partirei semmai da Enrico Mazzanti, che è stato il primo disegnatore di Pinocchio. Anche il Pinocchio di Comencini, per certe atmosfere, mi ha influenzato. Certo, anche Burton è un regista che conosco bene e ammiro, ma se le influenze ci sono state, in questo caso, non sono state premeditate.

Benigni, Geppetto viene descritto spesso come una vittima degli eventi, ma qui emerge anche il suo mondo interiore. Come ci ha lavorato?
Roberto Benigni: Io ho seguito il sentiero di Matteo, che ha sempre l’orecchio teso a qualsiasi stimolo: lui fa cinema come con la penna a biro, scrivendolo mentre gira. Ho seguito le sue indicazioni e ho provato a fare il padre. Come ho detto, d’altronde, Gepperro è il padre per eccellenza.
Matteo Garrone: Il percorso lo abbiamo fatto insieme. Io in un primo momento gli ho portato un’immagine di come lo vedevo, un Geppetto segnato dalla povertà e dal tempo; poi gli ho chiesto di trasformarsi anche fisicamente. Spesso si associa il mio cinema a qualcosa di violento e cupo, mentre qui avete visto la sua altra faccia, con una parte più lieve e anche ironica.

Proietti, come ha lavorato sul suo Mangiafuoco?
Gigi Proietti: Il personaggio è nato da una telefonata di Matteo, che mi ha chiesto di fare Mangiafuoco: quella telefonata mi ha colpito come una mazzata in testa. Poi lui mi ha portato una mia fotografia in cui ero già Mangiafuoco, e allora sono rimasto incantato da questa ipotesi. Temevo fino all’ultimo che non me lo facesse fare più; anche se il mio ruolo è brevissimo, sono orgoglioso di esserci. Mangiafuoco potrebbe avere un suo film: è un uomo solo che vive coi suoi burattini, quando improvvisamente gli trovano un burattino senza fili.

Benigni, quanto si è affidato a Garrone per delineare un personaggio così umile?
Roberto Benigni: La parola che si ripete più spesso nel libro è “povertà”. Quella di Geppetto per me non è una povertà dignitosa, che è un concetto piccolo borghese; piuttosto è meravigliosa, perché ti fa sembrare la vita un miracolo. In questo, l’esempio è quello di Chaplin, che è un po’ il padre per tutti noi.

Voi siete due registi, che avete lavorato entrambi su Pinocchio, ognuno dal suo punto di vista. Cos’è che rende questo personaggio così universale?
Matteo Garrone: È una storia che si può leggere con mille chiavi di lettura diverse: per me è una grande storia d’amore tra padre e figlio, che racconta di come il figlio capisca l’importanza della redenzione e dell’amore. Certo, è anche la storia di un bambino che rifugge dall’ordine, che ricerca il divertimento e i piaceri, le tentazioni, e via dicendo; in questo senso è universale, qualsiasi bambino ci si può riconoscere. E poi è una storia ricca di immagini e personaggi, personaggi tipicamente italiani e al contempo universali. Sono orgoglioso di dirlo, questo è un film italiano che andava fatto in Italia, e con facce italiane.
Roberto Benigni: Qui non si parla solo di classico, secondo me, qui va oltre la classicità. Pinocchio è come il mare, è tutto intorno a noi, ci tuffiamo dentro e ci avvolge. È una specie di libro iniziatico, ci sono dentro una serie di simbologie che sono universali.

Quanto tempo ci ha messo per accettare di farlo?
Roberto Benigni: Pochissimo. Praticamente prima che me lo proponesse, avevo già detto di sì. È un personaggio che, se ti capita, devi accettarlo e basta.

Garrone, nei suoi film il paesaggio è esso stesso un personaggio. Di solito è cupo, dark, ma qui, suddiviso com’è tra la Toscana e l’Umbria, non lo è più molto…
Matteo Garrone: Io cercavo dei luoghi che si accompagnassero a certo tipo di pittura, non era facile trovare luoghi antichi che fossero rimasti integri, come lo erano a fine ‘800. I luoghi sono importanti per raccontare l’anima dei personaggi: in questo caso, non era importante girare solo in Toscana, ma piuttosto trovare un paesaggio che fosse rimasto davvero incontaminato.

Federico, cosa puoi dirci delle tue emozioni sul set?
Federico Ielapi:
Ce ne sono state tante, di emozioni, il film mi ha fatto rivivere il sogno di Pinocchio, con cui sono cresciuto finora. Non so come descriverle.

Ma ha mai pensato a scappare via?
Federico Ielapi: No, perché sapevo che dopo mi pagavano! E poi, lavorare con Benigni, un premio Oscar, non è mica una cosetta così.

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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