IP MAN 4: THE FINALE

IP MAN 4: THE FINALE

Al Far East Film Festival Ip Man 4: The Finale, quarto e ultimo capitolo della saga dedicata al leggendario insegnante di arti marziali, con protagonista Donnie Yen. Cinema d’azione e di riflessione che non sempre trova l’equilibrio, affrontando il tema del razzismo negli Stati Uniti finisce per acquisire un’insolita attualità. Bei combattimenti, un po' didascalico. C’è anche Bruce Lee.

Asia America, sola andata?

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Una precisazione dal Far East Film Festival. Per chi non ha mai sentito parlare di Wing Chun prima d’ora (come chi scrive fino a 24 ore fa circa) e vorrebbe saperne di più (idem), chiariamo che si tratta di un’arte marziale. Un particolare stile di kung fu. Tra i suoi Maestri, maiuscola come da accordi, annoveriamo Yip Man. Che tra una cosa e l’altra è stato (scusate se è poco) insegnante di Bruce Lee. Almeno negli elementi essenziali la vita di Yip è servita come modello per la controparte cinematografica. Che si chiama Ip Man, le movenze assassine e il quieto carisma son quelli di Donnie Yen, e qui torna per l’ultimo capitolo della fortunata saga iniziata nel 2008. A scanso di equivoci in effetti, il titolo del film in questione è Ip Man 4: The Finale. Regia di Wilson Yip.

La vita del maestro, per la verità, l’aveva raccontata anche Wong Kar-wai nel 2013 col suo The Grandmaster; mantenendo una certa aderenza con la verità storica del personaggio ma selezionando in maniera molto rigorosa gli episodi della vita di Yip da portare sullo schermo. Tradotto, niente Bruce Lee.

Il ciclo Ip Man, nella pretesa di reinventare la vita per renderla più aderente alle necessità del cinema d’azione, si concede il lusso di disegnare l’arco di una vita esemplare limitando il processo di selezione al minimo indispensabile. Ip Man 4: The Finale è la cronaca degli ultimi anni. La malattia del maestro, il viaggio in America (San Francisco).

Ufficialmente con la pretesa di salutare il famosissimo allievo, che si è messo in testa di portare il kung fu alle masse, riuscendoci anche. In verità ciò che preme a Ip, cui poco resta da vivere, è di sondare la realtà americana e verificare se sia il posto giusto per far crescere il figlio con cui mantiene un rapporto complicato. Dovrà vedersela 1) con le resistenze di un gruppo di compatrioti trasferiti in suolo americano, che per nulla al mondo vorrebbero ridisegnare la purezza dell’arte marziale nel rispetto della cultura del paese ospitante e 2) con un cattivissimo militare autoctono che strumentalizza l’opposizione karate/wing chun nell’ottica di una disputa razziale USA- Asia. Quindi gli Stati Uniti, paese razzista. Uhm…

C’è molta carne al fuoco. Nota di merito al film d’azione che si prende la briga, tra una coreografia e l’altra, di approfondire idee che istintivamente assoceremmo a un altro tipo di prodotto. E sono idee importanti. In che modo una cultura e ciò che gli appartiene devono comportarsi lontano da casa? È possibile l’armonica convivenza nello stesso spazio chiuso tra comunità umane differenti? La verità è che Ip Man 4: The Finale funziona meglio quando carica tutto il peso sulle spalle del protagonista. Nel privato di Ip, così come è affrontato dal film e come è restituito dalla pacata analisi introspettiva di Donnie Yen, sono già contenute tutte le domande e le risposte davvero importanti. Il suo punto di vista consiste nell’essere fedele a un ideale senza cedere il passo a fondamentalismi, lottare contro l’ingiustizia e restare aperto a un confronto con il mondo.

C’è molta carne al fuoco. Allo schematismo di una sceneggiatura che non riesce a liberarsi dalla rigidità del modello discussione-combattimento-discussione-combattimento aggiungiamo una certa tendenza a interpretare la realtà in maniera eccessivamente didascalica. Problema che si ripercuote sulla caratterizzazione di alcuni personaggi di contorno – e nel film di contorno ce n’è veramente tanto – che diplomaticamente definiamo bidimensionali ma che in tutta onestà rasentano il razzismo di ritorno. A fare le spese di quest’accumulo di soluzioni, idee e personaggi di Ip Man 4: The Finale è tra l’altro il povero Bruce Lee, la cui caratterizzazione non farà infuriare i parenti stretti come nel caso di Quentin Tarantino, ma che viene un po’ sacrificato dalla struttura del racconto. Quasi coprotagonista nella prima metà del film, assente non giustificato e trascurato (salvo una bella parentesi di combattimento) dalla metà in poi. Notevole, comunque, il mix fra brutalità e stilizzazione elegante delle scene di combattimento.

Ip Man 4: The Finale poster locandina

Scheda

Titolo originale: Yip Man 4
Regia: Wilson Yip
Paese/anno: Hong Kong, Cina / 2019
Durata: 107’
Genere: Drammatico, Azione
Cast: Donnie Yen, Scott Adkins, Kent Cheng, Wu Yue, Adrian Wheeler, Amin Jaafoura, Andrew Lane Cawthon, Chris Collins, Craig Canning, Danny Kwok-Kwan Chan, Darren Leung, Grace Englert, Hannah Templeton-Cox, Jim Liu, John F. Cruz, Mark Hugh-Williams, Ngo Ka-nin, Nico Amedeo, Nicola Stuart-Hill, Vanda Margraf, Vanness Wu
Sceneggiatura: Chan Tai-lee, Hiroshi Fukazawa, Leung Lai-Yin, Edmond Wong
Fotografia: Cheng Siu-Keung
Montaggio: Cheung Ka-Fai
Musiche: Kenji Kawai
Produttore: Pang Yuk-Lam, Donnie Yen

Trailer

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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