I FRATELLI DE FILIPPO

I FRATELLI DE FILIPPO

Sergio Rubini realizza con I fratelli De Filippo un film onesto e realista che, senza calcare la mano sulla rappresentazione fisica dei personaggi, punta a metterne in evidenza l’essenza e i conflitti. Il tutto riuscendo a gestire gli attori con senso della misura e una regia mai invasiva. Il risultato non è certo un film dalle innovative soluzioni narrative ma dal carattere personale e ben definito. Alla Festa del Cinema di Roma.

Come nasce la famiglia De Filippo

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Napoli è una scenografia naturale in cui si sommano suoni, odori e atmosfere. Al suo interno gli uomini si muovono in modo naturale, ognuno scegliendo la sua parte e mettendola in scena tutte le mattine attraverso le vie chiassose, colorate e intensamente vissute. In questa messa in scena naturale Eduardo, Titina e Peppino sono cresciuti, trovando un’identificazione forte, prima come persone e poi come artisti. La vicenda dei De Filippo, però, segue anche quella del teatro partenopeo. Figli naturali dell’attore e commediografo Eduardo Scarpetta, abitano le quinte fin da bambini vestendo i panni di comparse e comprimari fin dai primi anni. Un destino secondario cui, però, riescono a ribellarsi.

Scarpetta è un uomo egoista ed egocentrico che si fa chiamare zio dai tre ragazzi. Non riconosce loro nessuna appartenenza legale e, tanto meno, affettiva. Questa distanza emotiva, però, non fa altro che nutrire il desiderio, da parte di Eduardo, Titina e Peppino, di affrancarsi dal legame caritatevole con la compagnia Scarpetta e il fratellastro Vincenzo. Un sogno, questo, che si realizza a dicembre del 1931, quando i tre porteranno sul palcoscenico Natale in casa Cupiello dimostrando che, anche senza il suo nome, a Eduardo Scarpetta avevano “rubato” il talento.

Eduardo, Titina e Peppino; l’umanità dietro la maschera

I fratelli De Filippo recensione

Le vicende personali e famigliari dei tre fratelli De Filippo hanno un valore e una potenza drammaturgica naturale. Per questo motivo, riuscire a sbagliare la ricostruzione di un racconto su di loro è davvero un’impresa difficile, se non impossibile. Basta seguire la linea tracciata dai loro passi e dagli eventi che, fin dalla nascita, sembrano destinarli a una eccezionalità. Un approccio che Sergio Rubini, Carla Cavallucci e Angelo Pasquini hanno deciso di applicare durante la scrittura della sceneggiatura de I fratelli De Filippo. Senza scegliere soluzioni narrative iperboliche o innovative, hanno avuto il merito di mettersi sulle tracce di tre personaggi, fotografandoli nei loro anni giovanili, prima che il mondo li conoscesse come artisti raffinati.

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Tradotto in termini puramente cinematografici, quest’atteggiamento poco invasivo da parte degli autori ha permesso proprio a Eduardo, TItina e Peppino di guadagnare la scena, costruendo con lo spettatore un naturale legame di fiducia. In questo modo diventano loro stessi i narratori di una vicenda dagli inizi poco promettenti e dall’evoluzione eccezionale, guidando lo spettatore attraverso le ombre e le luci di un’umanità spesso piegata dal bisogno e sconfitta dalle proprie passioni ma che trova sulle assi del palcoscenico la giusta ribalta per affrancarsi. Nonostante gran parte della vicenda viva della dualità tra rappresentazione e realtà, i personaggi non perdono mai concretezza e naturalezza, nemmeno nel mettere in scena la farsa. Un risultato che, indubbiamente, si deve a Mario Autore, Domenico Pinelli e Anna Ferraioli Favel che non cedono mai alla tentazione di cavalcare la sterile riproduzione fisica, concentrandosi nel rendere ben più reali e tangibili i loro caratteri. I fratelli De Filippo, dunque, tornano a liberarsi della maschera del successo per tornare ad immergersi, ignoti tra gli ignoti, nella caotica scenografia di Napoli.

Ricostruire il mondo dei De Filippo

I fratelli De Filippo recensione

Il racconto di Sergio Rubini parte, in un certo senso, la dove termina quello di Qui rido io di Mario Martone. Si tratta, però, di un testimone che viene raccolto solo per quanto riguarda il soggetto della narrazione e che non deve far pensare a nessun tipo di legame tra le due rappresentazioni cinematografiche. Rubini, infatti, costruisce una creatura dal carattere del tutto personale e che gode di una regia senza orpelli, quasi invisibile, ma che ha saputo gestire con misura gli attori nella definizione di un mondo dalle caratteristiche ben precise.

Per garantire, dunque, l’ambientazione partenopea e teatrale senza ricorrere a forzature, sono stati coinvolti ne I fratelli De Filippo attori che realmente hanno respirato l’aria e le atmosfere del teatro di De Filippo, professionalmente o privatamente. Vincenzo Salemme, Marisa Laurito e Biagio Izzo, in particolare, hanno rinunciato alle loro forti connotazioni personali per mettersi al servizio di una ricostruzione umana più che ambientale. Perché Eduardo, Titina e Peppino siano reali, infatti, deve esserlo anche l’universo umano che li circonda. Fuori e dentro il teatro.

I fratelli De Filippo recensione

Scheda

Titolo originale: I fratelli De Filippo
Regia: Sergio Rubini
Paese/anno: Italia / 2021
Durata: 142’
Genere: Commedia, Drammatico, Biografico
Cast: Anna Ferraioli Ravel, Biagio Izzo, Giancarlo Giannini, Domenico Pinelli, Mario Autore
Sceneggiatura: Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi, Angelo Pasquini
Fotografia: Fabio Cianchetti
Montaggio: Giogiò Franchini
Musiche: Nicola Piovani
Produttore: Agostino Saccà, Maria Grazia Saccà
Casa di Produzione: RS Productions, Pepito Produzioni
Distribuzione: 01 Distribution

Data di uscita: 13/12/2021

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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