GLI ANNI BELLI, IL RACCONTO LIEVE DI UNA RAGAZZA E DI UN PAESE NEL PIENO DI UNA CRISI ADOLESCENZIALE

GLI ANNI BELLI, IL RACCONTO LIEVE DI UNA RAGAZZA E DI UN PAESE NEL PIENO DI UNA CRISI ADOLESCENZIALE

Dal 7 febbraio arriva al cinema l’esordio sul grande schermo di Lorenzo D’Amico de Caralho, un film in cui crescita personale, politica e sociale attraversano l’individuo e un paese intero. In questo modo, con il linguaggio della commedia, viene raccontato il 1994, anno in cui Berlusconi entrò sulla scena politica con l’effetto di una tromba d’aria. A raccontare le origini e lo sviluppo di questo progetto, il regista, la sceneggiatrice Anne Riitta Ciccone e il cast, composto da Maria Grazia Cucinotta, Ninni Bruschetta, la giovane Romana Maggiora Vergano e Stefano Viali.

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Nel 1994 al cinema arrivavano film come Forrest Gump, Pulp Fiction e Intervista col vampiro. Tra la musica che ci accompagnava e che si ascoltava ancora con un walkman, anche se di ultima generazione, c’era Always di Bon Jovi e Live Forever degli Oasis. I social non erano ancora entrati nelle nostre vite che non venivano fotografate e ossessivamente documentate per il piacere e, soprattutto, il dispiacere dei nostri “amici” virtuali. In compenso, però, nel 1994 l’Italia era entrata nell’era del berlusconismo. E, vista in quest’ottica, Facebook, Twitter e Instagram non sembrano poi essere così male. Facile umorismo a parte, tutti questi elementi sono stati presi e convogliati in Gli anni belli, film d’esordio di Lorenzo D’Amico de Caralho. Sceneggiata insieme alla moglie Anne Riitta Ciccone, la storia si svolge interamente all’interno di un campeggio che, per due settimane, si trasforma in un microcosmo dove vengono mostrate le stesse caratteristiche sociali e culturali del mondo esterno.

A guardare con occhi nuovi e polemici l’universo degli adulti e il panorama politico sempre più confuso e privo di valori è Elena, adolescente e militante per un mondo più giusto e paritario. Ad animarla è una forza caparbia che la spinge a voler cambiare la situazione sociale anche attraverso piccole battaglie rivoluzionarie, sperando di farsi vedere finalmente cresciuta, soprattutto agli occhi di un padre troppo protettivo e polemico. In questo modo, dunque, il film viaggia su due piani paralleli che riescono a fondere il racconto personale con quello di un paese intero, entrambi sconvolti da una tromba d’aria che lascia dietro di se molto da ricostruire. A raccontare questo piccolo ma originale film, realizzato in modo quasi miracoloso durante il periodo più intenso della pandemia, sono il regista e il cast composto da Maria Grazia Cucinotta, Ninni Bruschetta, la giovane Romana Maggiora Vergano e Stefano Viali. La pellicola sarà al cinema dal 7 febbraio.

Gli anni belli recensione

Dopo una lunga esperienza nella regia teatrale hai deciso di passare al cinema con un soggetto di Anne Riitta. Potete raccontarci com’è nata la sceneggiatura e il modo in cui avete lavorato a quattro mani
Lorenzo D’Amico de Caralho:
Tutto ha avuto uno sviluppo molto semplice. Anne e io, oltre a vivere insieme, abbiamo già collaborato alla realizzazione di sceneggiature, soprattutto per il teatro. Per questo motivo, dunque, quando ho iniziato a pensare a ricercare un soggetto che potesse essere adatto per un mio esordio al cinema, lei mi ha proposto un soggetto scritto alcuni anni fa e poi messo nel cassetto in attesa di un’occasione. Inizialmente la storia era improntata molto sul tema sentimentale, interpretato dalla giovane protagonista Elena. Lei è un’adolescente che vuole essere riconosciuta come adulta dal mondo che la circonda. Questo elemento, però, è stato leggermente attenuato aggiungendo un elemento politico, che si rifà al mio passato giovanile.
Anne Riitta Ciccone: Avevo scritto questo soggetto molti anni fa e poi me ne ero disinteressata. In effetti non ho più realizzato una commedia che, come genere, mi diverte meno, soprattutto per quanto riguarda la messa in scena e la direzione dei personaggi. Per Lorenzo, però, era una storia perfetta, visto che lui ha nel suo DNA proprio il registro stilistico della commedia all’italiana. Per arrivare, però, al film che avete visto, ci sono volute ben 102 stesure.

Gli anni belli recensione

Trovare il volto giusto per interpretare Elena era fondamentale. Romana, come sei arrivata a questo primo ruolo da protagonista al cinema, anche se hai già una buona esperienza, soprattutto per la serie tv Immaturi e Christian, attualmente su Sky?
Romana Maggiora Vergano:
Onestamente non so nemmeno io cosa sia accaduto. O, meglio, la loro scelta mi ha colto completamente di sorpresa. All’uscita dal provino, infatti, io ero assolutamente convinta di non essere stata presa. Avevo già sostenuto dei casting per interpretare delle adolescenti ma il problema è sempre stato il mio aspetto. Pur avendo solo vent’anni, infatti, ho un’altezza e una fisicità che mi ha fatto sempre sembrare più grande e inadatta al ruolo. Questa volta, però, è stato un vantaggio. Nel film, infatti, Elena mente sulla sua età a un gruppo di ragazzi conosciuti nel campeggio, fingendo di avere 19 anni invece che 16. Perché questo fosse credibile, dunque, serviva una ragazza giovane ma non dall’aspetto dichiaratamente adolescenziale.

Maria Grazie Cucinotta interpreta una donna ancora giovane e piacente che, però, si trova a fare sempre da ago della bilancia tra una figlia adolescente e un marito che sembra aver dimenticato completamente la sua giovinezza. La sua crisi, dunque, non è come madre ma come donna. Come hai interpretato questo ruolo?
Maria Grazia Cucinotta: Il ruolo della madre di un’adolescente per me è stato molto semplice. Nella finzione cinematografica, infatti, mi sono trovata a ripetere spesso le stesse parole che dico a mia figlia. In questo senso, e non solo, dunque, possiamo dire che il film è molto attuale, soprattutto nel racconto della voglia di crescere e di scoprire il mondo anche con un pizzico d’incoscienza. Oltre a questo, però, la storia ci porta anche all’interno della vita degli adulti e della famiglia in un momento particolare. Mi riferisco a quando i figli crescono e cominciano a lasciare la casa. Di fronte a questo “abbandono” i genitori si ritrovano, dopo molto tempo, nuovamente in due e devono affrontare questa solitudine di coppia. Il confronto non è sempre facile, perché spesso ci si scopre più distanti e distratti. Per ritrovarsi oltre il tempo che passa, la stanchezza, il timore di non piacere più all’altro e lo sconforto di fronte alle prime rughe, dunque, serve lavoro e molta dedizione.

Gli anni belli recensione

Un altro personaggio importante di questo film è quello di un bizzarro direttore di campeggio con un perfetto slang berlusconiano e, ovviamente, l’ossessione per i clienti comunisti. Com’è stato costruito e, soprattutto, quanto è stato divertente interpretarlo?
Stefano Viali:
Non è la prima volta che lavoro con Lorenzo e Anne. Le nostre collaborazioni sono state sempre molto stimolanti e uniche nel loro genere. Anche questa volta, dunque, mi hanno spinto verso un nuovo territorio da esplorare non propriamente semplice. Il mio compito, infatti, era evitare assolutamente la parodia ma dare una precisa idea di quello che era lo stile berlusconiano, soprattutto dal punto di vista comunicativo. Il 1994, d’altronde, lo ricordiamo come un anno in cui ciò che sembrava improbabile e assurdo a molte persone è accaduto. È come se il nostro paese fosse stato investito da un’onda d’urto che ha spinto alcuni a credere con fervore nel futuro, ma che presentava anche molte incognite. Alla fine, quando i venti si sono calmati, ci siamo resi conto che tutto è accaduto perché ci eravamo un po’ persi lungo la strada. Questo vuol dire che il fervore politico non dovrebbe mai essere perduto:

In questo film il luogo, ossia il camping, diventa un elemento centrale. Qui, infatti, si ricrea un microcosmo chiuso dove replicare pregi e difetti della società e di un preciso periodo storico. Com’ è stato scelto quello giusto?
Lorenzo D’
Amico de Caralho: Effettivamente avevamo bisogno di trovare un luogo particolare, specifico. Volevo un campeggio di vecchia generazione e che, al posto dei bungalow, avesse ancora posto per roulotte e tende. Oltre a riprodurre un realismo cinematografico, però, questo luogo ha avuto un effetto particolare anche su tutta la squadra. Considerate che il camping non aveva televisione e connessione internet. Questo vuol dire che, fatta eccezione dei cellulari, eravamo completamente disconnessi dal mondo esterno per tre settimane. Dopo i primi venti minuti di sommesse lamentele, però, tutti eravamo in spiaggia a cantare con le chitarre davanti ai falò. In questa condizione di distacco, dunque, abbiamo cambiato immediatamente il nostro modo di comunicare, sollevando lo sguardo dal mondo virtuale dei nostri telefonini e stringendo relazioni con chi era introno a noi. Proprio come accadeva nel 1994.

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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