BELFAST

BELFAST

Kenneth Branagh torna alla regia per realizzare con Belfast un racconto intimo e personale, dove gli eventi storici macroscopici vengono ridimensionati per vestire le dimensioni ridotte di un microcosmo famigliare. Per questo motivo ogni scena è raccontata e filmata ad altezza bambino e uomo comune, perché è qui che le rivoluzioni, come le lotte sociali e politiche, lasciano i segni più indelebili. Presentato ad Alice nella Città, nella Festa del Cinema di Roma.

Un bambino d'Irlanda

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Buddy è un ragazzino irlandese come tanti nel 1969. Vive in un quartiere popolare di Belfast con il fratello maggiore e la madre. Il padre, invece, lavora in Inghilterra e torna a casa ogni due settimane. La sua quotidianità è fatta di piccoli fondamentali momenti come le gare di matematica a scuola, il suo amore per la bionda e delicata Catherine e le lunghe chiacchierate con il nonno. La strada del suo quartiere è il luogo della fantasia e della sicurezza. Qui può giocare indisturbato, fingendo di essere un cavaliere o un guerriero, mentre gli adulti lo controllano con apparente distrazione. In sostanza Belfast e quella strada sono la sua casa, il luogo cui appartiene, dove tutti comprendono il modo in cui parla e dove la sua famiglia è cresciuta da generazioni.

Un piccolo emisfero che si muove seguendo delle regole naturali e antiche quanto il mondo ma che vengono improvvisamente sovvertite dal conflitto religioso. In un pomeriggio come tanti, infatti, la strada di Buddy è invasa da un’improvvisa esplosione di violenza ai danni delle famiglie cristiane. Senza preavviso il mondo unito e solidale cui appartiene viene diviso tra protestanti e cattolici, sorvegliato dall’esercito e da ronde di cittadini disposti a proteggere i loro vicini al di sopra di qualsiasi discriminazione religiosa. Per la prima volta dunque, Buddy inizia a porsi delle domande su cosa divide un protestante come lui da un bambino cattolico. Ovviamente nulla, ma la naturalezza con cui i più piccoli interpretano il mondo non appartiene all’universo degli adulti.

Ritornare alle origini

Belfast (2021) recensione

Addentrarsi nella narrazione del passato seguendo le proprie impronte non è sempre un’impresa priva di dolore o insidie. Il più delle volte si rischia di essere facile preda della nostalgia, consegnando una sceneggiatura e, di conseguenza, un film che trasudi un eccessivo senso del romanticismo o una superficialità che tutto appiattisce. Due accuse che, osservando senza attenzione Belfast, potrebbero essere rivolte a Kenneth Branagh. Indubbiamente chi si aspetta di assistere a una ricostruzione storica e sociale dove la rabbia e le violenze della guerra religiosa nell’Irlanda del Nord conquistino nettamente il primo piano sullo schermo, è destinato a rimanere deluso. Ma, attenzione, non si tratta assolutamente di un intento fallito o mal eseguito. Le intenzioni di Branagh, infatti, sono assolutamente agli antipodi rispetto al commento politico. Il suo fine, piuttosto, è servirsi di un tema macroscopico per ridimensionarlo e porlo all’interno del microuniverso di una famiglia della working class.

Ascolta “Belfast e il grande ritorno di Dario Argento e Giuseppe Piccioni” su Spreaker.

Belfast, infatti, non è assolutamente un manifesto storico ma il racconto intimo di come elementi detonanti e d’impatto universale quali il razzismo e la violenza, possano incidere sugli umori e le sensazioni dei singoli. Per rendere la narrazione realistica e onesta, dunque, Branagh si riappropria del suo sguardo di bambino attraverso il quale interpreta e misura i mutamenti della comunità in cui vive. Ed è cosi che la strada si trasforma in un cosmo dove gli eventi lasciano la cronaca per diventare parte di una nuova e incomprensibile quotidianità. Ogni cosa è filmata e interpretata a misura di bambino e uomo comune perché, nonostante tutto, è qui che le rivoluzioni, come le lotte sociali e politiche, lasciano i segni più indelebili.

Lasciando Belfast

Belfast (2021) recensione

Indubbiamente Kenneth Branagh ha un naturale senso del melodramma e del romanticismo in stile shakespeariano. Inevitabile, dunque, che ne abbia istillato un po’ anche nel suo Belfast. Completamente realizzato in un bianco e nero sofisticato e arricchito dall’inconfondibile stile musicale di Van Morrison, il film non ricostruisce dettagliatamente Belfast ma ne riproduce l’essenza, i rumori, i canti e gli odori, oltre all’ineluttabile malinconia di fronte a un mondo che sta cambiando senza essere compreso fino in fondo. In questo senso, dunque, il cuore della narrazione risiede in un unico interrogativo: restare o andare verso un futuro diverso? Rimanere legati ai propri luoghi di origine o partire rischiando di dimenticare da dove si proviene? Per un irlandese, in quegli anni, sono dilemmi importanti che prevedono l’ipotesi di lasciare dietro di se genitori anziani e un mondo così intimamente noto da andare a definire anche la considerazione di se.

E in quest’ambito Branagh mette in scena il conflitto famigliare tra Caitríona Balfe, decisa a rimanere, e Jamie Dornan, ansioso di cogliere l’occasione giusta per abbandonare una realtà che minaccia la sua famiglia. Ma è vero che, allontanandosi dalla propria “strada”, un uomo rischia di perdere contatto con la sua identità? Secondo Branagh questo non può accadere. L’essere umano, infatti, è destinato a trasportare un bagaglio contenente l’essenza di ciò che è stato, dei luoghi che ha abitato e delle persone che lo hanno amato. Un irlandese, poi, riprende contatto con le proprie origini nei molti pub disseminati nel mondo. Ironia a parte, Branagh si lascia andare a un sentimentalismo onesto e non ha nessuna intenzione di scusarsi per questo. E perché dovrebbe, visto che porta sul grande schermo la sua storia, indubbiamente romanzata e arricchita da un’estetica particolarmente accurata, ma onestamente sua. Per questo, dunque, Belfast deve essere considerato e vissuto come un racconto emotivo, una lettera d’amore che arriva direttamente dal passato dedicata a chi è andato e a quelli che sono rimasti.

Belfast (2021) poster locandina

Scheda

Titolo originale: Belfast
Regia: Kenneth Branagh
Paese/anno: Regno Unito / 2021
Durata: 98’
Genere: Drammatico
Cast: Ciarán Hinds, Judi Dench, Colin Morgan, Jamie Dornan, Caitriona Balfe, Josie Walker, Jude Hill, Michael Maloney, Turlough Convery, Conor MacNeill, Gerard Horan, Gerard McCarthy, Lewis McAskie, Olive Tennant, Sid Sagar
Sceneggiatura: Kenneth Branagh
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio: Úna Ní Dhonghaíle
Musiche: Van Morrison
Produttore: Tamar Thomas, Laura Berwick, Celia Duval, Kenneth Branagh, Becca Kovacik
Casa di Produzione: TKBC
Distribuzione: Universal Pictures

Data di uscita: 24/02/2022

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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