IL MUTO DI GALLURA

IL MUTO DI GALLURA

Diretto da Matteo Fresi, Il muto di Gallura è una vicenda amara sullo sfondo di una Sardegna ancestrale e patriarcale: una faida familiare che si traduce in mattanza all’insegna dell’onore. Un’efficace riproposta di una vita fragile divenuta leggenda.

Un’opera regionale ma non provinciale

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La Sardegna, quella più ancestrale e profonda, entra nel film già nella prima scena e vi resta come una signora silenziosa fino all’ultima scena, facendo da cornice a una storia divenuta leggenda. La lingua sarda scandisce in dialoghi serrati e diretti, come solo la sapienza popolare sa fare, il ritmo di una storia di metà Ottocento che sa di antico, parlando allo spettatore di una terra dove l’onore della famiglia viene prima di ogni cosa. Ne Il muto di Gallura, nelle sale italiane dal 31 marzo, il regista Matteo Fresi ricostruisce con grande effetto la vicenda di un uomo realmente vissuto, Bastiano Tansu, un emarginato di allora in quanto muto che nella faida che si apre saprà “riscattarsi” per una mira micidiale che lo renderà “il diavolo” della Gallura.

Il valore dell’onore della famiglia

Il muto di Gallura, una scena corale del film di Matteo Fresi
Il muto di Gallura, una scena corale del film di Matteo Fresi

Un racconto d’altri tempi nel quale il legame familiare resta centrale e vince su tutto. Una vicenda nel quale uno sgarbo si paga con la vita, financo quella di bambini e donne in una lunga serie di vendette incrociate che porteranno al fine a contare 70 morti sul campo. La terra aspra di Gallura fa da teatro, punteggiata di greggi – vero tesoro familiare – e di pietre, ad agguati spietati, a nascondigli all’addiaccio. La vendetta solo nutre i personaggi e coinvolge in una lunga serie di ammazzamenti madri e figli.

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Solo, a contrastare anni di faida, il prete ben interpretato da Nicola Pannelli e l’ufficiale piemontese, di quel neo Stato italiano da poco unificato che non riesce a imporsi in una terra dove la legge la fanno le famiglie. Un film in costume, Il muto di Gallura, che riesce, nell’incalzare degli avvenimenti, a catturare lo spettatore che attonito sta a guardare e che non sa per quale famiglia parteggiare, tanto diviene incredibile la sequela di morti ammazzati. Gli spari dei fucili che ogni volta fanno centro segnano, uno dopo l’altro, una grande mattanza. E là dove il fucile non riesce spuntano lunghi coltelli affilati a sgozzare gole. Il fidanzamento iniziale si tramuta in faida.

Un efficace affresco sardo

Il muto di Gallura, Andrea Arcangeli e Syama Rayner in una scena del film di Matteo Fresi
Il muto di Gallura, Andrea Arcangeli e Syama Rayner in una scena del film di Matteo Fresi

Fresi, nel grande affresco sardo che dipinge offrendo scorci e panorami di un’isola senza tempo, riesce a delineare i caratteri dei personaggi in campo. Spietato Pietro Vasa, l’ex fidanzato, protetto dal cugino muto interpretato da Andrea Arcangeli. Ben rappresentato anche il personaggio del padre-suocero Antonio Mamia a capo della famiglia antagonista, reso dall’attore Giovanni Carroni. Si immola quasi da eroe nell’assurda società della Sardegna di allora un altro ben delineato personaggio, padre della ragazza della quale Bastiano si innamora, forse perché è l’unica che lo tratta da “normodotato”. Vani i tentativi delle donne del film di spezzare la catena della faida in una società marcatamente patriarcale che non lascia spazio a romanticismi, né perdoni. I toni del film volgono dai colori sgargianti dei costumi popolani tipici dell’isola al nero delle vedove e delle mamme che piangono mariti e figli fino a incupire una terra di luce.

Un film fuori dagli schemi

Il muto di Gallura, una scena collettiva del film di Matteo Fresi
Il muto di Gallura, una scena collettiva del film di Matteo Fresi

Il film è efficace e innovativo. Esce dagli schemi cinematografici; vive di una buona fotografia, della cura dei dettagli – splendidi i costumi curati da Paolo Baldini Dubfiles con la collaborazione di Alfredo Puglia e Filippo Buresta – e dei serrati dialoghi. I 103 minuti passano veloci e nelle orecchie, a pellicola conclusa, resta come un’eco il tonfo sordo delle fucilate udite e del finale. Ripensando ovviamente a quel “tratto da una storia vera”, che certifica che tutto questo è accaduto. “La tragicità di questa storia”, scrive Fresi nelle note di regia, “risuona e riverbera nel paesaggio in cui è ambientata: i lecci contorti, le sughere ombrose, il granito, il vento forte che scolpisce gli alberi in un inchino perenne, la macchia mediterranea che raramente lascia scoperto il suolo nascondendo ostacoli e trappole, il mare come confine e promessa di un altrove”. Il muto di Gallura, presentato da Fandango e Rai Cinema, potrebbe essere definita un’opera sperimentale. Un esperimento riuscito e che ben ripaga il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission e della Regione Autonoma della Sardegna. È regionale ma non provinciale, perché di storie di vendetta il mondo è pieno a tutte le latitudini. E uscendo, tale è lo sconcerto, che non si è certi che gli oltre 150 anni passati da quei tragici fatti bastino per cancellare, nella Sardegna amara, odii antichi.

Il muto di Gallura, la locandina del film di Mateo Fresi
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Scheda

Titolo originale: Il muto di Gallura
Regia: Matteo Fresi
Paese/anno: Italia / 2021
Durata: 103’
Genere: Drammatico
Cast: Andrea Arcangeli, Adele Armas, Giovanni Carroni, Marco Bullitta, Stefano Mereu, Syama Rayner
Sceneggiatura: Matteo Fresi, Carlo Orlando
Fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Valeria Sapienza
Produttore: Domenico Procacci
Casa di Produzione: Fandango
Distribuzione: Fandango

Data di uscita: 31/03/2022

Trailer

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Giornalista professionista, laureata in Scienze Politiche. Ha collaborato con Ansa e Il Tempo, passando poi alla collaborazione fissa con Il Messaggero. Ha scritto per L’Espresso, D La Repubblica delle Donne, Avvenimenti. Per le edizioni Media&Books ha pubblicato, con il luogotenente Francesco Leonardis, il libro Laureato in onestà (2017). Ha diretto il mensile ambientalista La Voce del Lago. Gestisce il sito www.ecolagodibracciano.it e dirige il mensile Gente di Bracciano. È presidente dal 1992 dell’Associazione Culturale Sabate - Museo Storico della Civiltà Contadina e della Cultura Popolare “Augusto Montori” a Anguillara e, dal 2017, del Comitato Difesa Bacino Lacuale Bracciano-Martignano.

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