UNA VITA IN FUGA

UNA VITA IN FUGA

Presentato al Festival di Cannes, questo Una vita in fuga, diretto e interpretato da Sean Penn accanto alla figlia Dylan Penn, racconta il drammatico rapporto d’amore con un genitore perennemente in fuga. Un rapporto destinato a forgiare e definire la sfera affettiva di qualsiasi donna.

Storia di un padre

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Pochi rapporti affettivi riescono a condizionare la crescita di una giovane donna come quello con il proprio padre. Primo legame sentimentale legato alla sfera dell’altro sesso, spesso cesella e definisce le scelte successive, soprattutto in relazione con gli altri uomini. Per non parlare, poi, delle difficoltà da sostenere quando un padre, per motivi diversi, nega la sua partecipazione alla crescita di una figlia o la mette nella condizione di rincorrerlo, alla ricerca di una perenne conquista destinata, il più delle volte, a fallire. Per tutti questi motivi, dunque, la materia padre/figlia è destinata a riscontrare spesso un buon successo in letteratura come sul grande schermo.

A giocare a favore di queste, storie, infatti, è soprattutto il potere d’immedesimazione ed empatia. Due caratteristiche che, insieme alla drammaticità della vicenda e al suo forte realismo, contribuiscono a creare anche l’anima e il cuore di questo Una vita in fuga, nuovo film diretto e interpretato da Sean Penn. A caricare questa esperienza di un significato aggiunto, poi, è la condivisione, per la prima volta, del set con la figlia Dylan Penn. Insieme, oltre a dimostrare quanto l’arte recitativa possa essere un talento acquisibile se non addirittura ereditabile, riescono a orchestrare un dialogo d’amore che, attraverso una spasmodica ricerca, intervallata da fughe e delusioni, arriva a una dolorosa presa di coscienza. L’amore, per quanto forte e ostinato, non può salvare chi non vuole essere aiutato. E questo vale anche per un padre.

Dalla realtà al grande schermo

Una vita in fuga, Sean Penn al volante in una scena del film
Una vita in fuga, Sean Penn al volante in una scena del film da lui diretto

Al centro di questa narrazione di sentimenti così ambivalenti e ciecamente ostinati c’è una storia vera, capace di rendere la vita sicuramente più imprevedibile di qualsiasi vicenda inventata. I protagonisti sono John Vogel e sua figlia Jennifer che, dopo la morte del padre, decide di scrivere un libro su quest’uomo così affascinante e sfuggente. Una personalità che, probabilmente, è riuscita a comprendere in tutta la nuda verità solamente nelle fasi finali del loro rapporto e che, comunque, non ha mai smesso di amare, nonostante fosse consapevole delle sue attività illegali. E di questo sentimento disperato si nutre anche Una vita in fuga, film che ne segue l’evoluzione attraverso gli occhi di una figlia ostinatamente convinta di poter avere indietro il padre delle sue fantasie. La sceneggiatura, dunque, segue un ciclo narrativo classico e fluido. La voce narrante ed emozionale è quella di Jennifer, ma gran parte della vicenda viene raccontata e interpretata attraverso il suo sguardo.

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Per questo motivo si passa da un’atmosfera dolcemente sognante dell’infanzia, dove sono presenti alcuni elementi di allarme mai compresi fino in fondo, alla testarda convinzione dell’adolescenza, sicura di poter salvare il salvabile con la forza della sua presenza. Così, passo dopo passo, Sean Penne e sua figlia Dylan si immergono in dialoghi caratterizzati dall’amore di entrambi e dalla debolezza di lui. Un confronto perenne volto a condurre la figlia verso una delusione rabbiosa cui fa seguito una muta rassegnazione. Ma, anche in questo caso, l’atmosfera costruita attraverso una regia tendenzialmente sporca, e che segue le variazioni luminose di un’America rurale, non rinnega mai il legame affettivo, anche se ormai privato della componente sognante. In questo modo, dunque, si ha una narrazione dolcemente melanconica e dolorosa in cui la drammaticità finale arriva in un crescendo ben gestito e mai sfruttato per raccogliere facili consensi.

Amare e sopravvivenza

Una vita in fuga, Dylan Penn in una poetica immagine del film
Una vita in fuga, Dylan Penn in una poetica immagine del film di Sean Penn

Che tipo di donna si diventa dopo aver trascorso gran parte della propria esistenza rincorrendo un padre sfuggente? Come si sopravvive a un rifiuto che non viene dal poco amore ma da una natura che non riesce a trovare nel legame per i propri figli la forza di migliorare o diventare diversi? Ma, soprattutto, com’è possibile essere assolutamente consapevoli dei limiti effettivi di un genitore e continuare ad amarlo proteggendo comunque se stessi? Questi sono alcuni degli interrogativi sollevati da questa intensa storia d’amore in cui l’autodistruzione è un pericolo sempre in agguato dietro l’angolo. Come spesso accade, però, il film non è certo destinato a dare delle risposte certe, quanto a mettere in scena un percorso emotivo cui partecipare in modo diretto, capendo molto di se stessi. Lo stesso che percorre Jennifer da quando corre spensierata in un campo di grano fino alla sua età adulta, disincantata e solida.

Certo, per arrivare a un risultato del genere ha dovuto affrontare un percorso intermedio di presa di coscienza e nuova considerazione del padre non priva di dolore. Per questo motivo, dunque, in questo caso il personaggio femminile, nonostante la sua giovane età, non solo condivide perfettamente la scena con una figura maschile di forte impatto, ma, spesso, diventa l’elemento dominante. Dylan Penn, infatti, nel suo confronto con il padre, scenico e reale, assume sempre più sicurezza ed autonomia dettando il passo e il ritmo di un confronto che, al termine di Una vita in fuga, viene consegnato esclusivamente nelle sue mani. Una sorta di rito di passaggio che, considerando il legame tra i due protagonisti, sembra avere un significato intimo e personale.

Una vita in fuga, la locandina italiana

Scheda

Titolo originale: Flag Day
Regia: Sean Penn
Paese/anno: Regno Unito, Stati Uniti, Canada / 2021
Durata: 107’
Genere: Drammatico, Thriller
Cast: Josh Brolin, Eddie Marsan, Miles Teller, Adam Hurtig, Dale Dickey, Gabriel Daniels, Megan Best, Sean Penn, Billy Smith, Katheryn Winnick, Regina King, Tom Anniko, Addison Tymec, Bailey Noble, Beckam Crawford, Cole Flynn, Dylan Penn, Hopper Penn, Jadyn Rylee, Mitchell McCormick, Norbert Leo Butz
Sceneggiatura: John-Henry Butterworth, Jez Butterworth
Fotografia: Daniel Moder
Montaggio: Michelle Tesoro, Valdís Óskarsdóttir
Musiche: Joseph Vitarelli
Produttore: Fernando Sulichin, Gillian Hormel, Richard Shearer, Michael Cho, Katheryn Winnick, Tim Lee, Jon Kilik, Sato Masuzawa, Dana Mulligan, John Ira Palmer, Mary Aloe, Matt Palmieri, William Horberg, Joseph Sacks
Casa di Produzione: Manitoba Film & Music, Olive Hill Media, Wonderful Films, Ingenious Media, Conqueror Productions
Distribuzione: Lucky Red

Data di uscita: 31/03/2022

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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