200 METRI

200 METRI

200 metri, esordio nel lungometraggio del palestinese Ameen Nayfeh è un dramma teso e asciutto, che tratta il conflitto israelo-palestinese da un’ottica personale e familiare che si fa, gradualmente, politica. Un’ottica che trova nell’elemento simbolico del muro – che rende incolmabile una distanza fisicamente irrisoria – una metafora forte ed efficace.

Colmare le distanze

Pubblicità

Per il suo esordio nel lungometraggio datato 2020, già presentato nelle Giornate degli Autori della 77a Mostra del Cinema di Venezia, il regista palestinese Ameen Nayfeh sceglie di raccontare – buon ultimo, ma sicuramente non davvero ultimo – il conflitto che da decenni divide e insanguina la sua terra. Una scelta che questo 200 metri declina tuttavia in un’ottica innanzitutto privata e familiare, e solo secondariamente politica, puntando tutto sull’elemento fortemente simbolico della distanza descritta nel titolo. I 200 metri in questione sono infatti quelli che separano la casa di Mustafa (l’attore Ali Suliman, già visto ne Il paradiso probabilmente) da quella dove vivono sua moglie Salwa (Lama Zreik) e i suoi due figli; tra le due abitazioni, infatti, si frappone il muro che dal 2002 divide in due la Cisgiordania, tra il territorio palestinese e quello israeliano. Un giorno Mustafa, che possiede un visto temporaneo per lavorare al di là del muro, riceve la notizia che suo figlio è stato ricoverato in ospedale a seguito di un incidente; l’uomo si scopre tuttavia bloccato in territorio palestinese, a causa del mancato rinnovo del suo documento di identità. Mustafa si rivolge così a un contrabbandiere locale, che dovrà portarlo clandestinamente al di là del muro: i 200 metri si trasformano così in un viaggio lungo chilometri, in cui l’uomo farà la conoscenza di altri individui, costretti per varie ragioni a imbarcarsi nella stessa pericolosa avventura.

Così vicini, così lontani

200 metri, Ali Suliman in una sequenza
200 metri, Ali Suliman in una sequenza del film

L’ottica scelta dal regista per narrare la vicenda di 200 metri è quella di una famiglia innaturalmente divisa, separata tanto da una costruzione sociale – quella di un confine artificiale, arbitrariamente posto in una terra in realtà priva di barriere – quanto da una concreta, rappresentata fisicamente dal muro. Proprio questo appare a più riprese, nel film, nella sua estensione e nella sua simbolica inamovibilità, ma anche – ripreso da lontano – nella sua paradossale piccolezza, in un’altezza talmente ridotta da permettere di vedere (come un miraggio) ciò che non si può malgrado tutto raggiungere.

Ascolta “Crimes of the future, l’horror di David Cronenberg è una perla” su Spreaker.

Mustafa e i suoi figli comunicano a più riprese attraverso l’accensione e lo spegnimento delle luci, riunendo con lo sguardo – e col più elementare dei linguaggi non verbali – ciò che l’istituzione umana ha artificialmente separato. I loro scambi risentono di una distanza de facto che finisce per scavare – inevitabilmente – un solco anche negli equilibri familiari, unendo i silenzi e i rancori taciuti alla dolorosa impossibilità di condivisione fisica. Un’impossibilità di contatto (e di cura reciproca) che lascia l’uomo in balia dei suoi problemi di salute (un mal di schiena che tuttavia non gli impedisce di lavorare) e i figli con la dolorosa assenza di un padre; un’assenza che diviene drammatica – e urgente da compensare, anche a costo di perdere tutto – nel momento in cui uno dei due subisce un incidente.

“La retta è per chi ha fretta”

200 metri, Ali Suliman in un momento
200 metri, Ali Suliman in un momento del film

La componente politica di 200 metri, mai urlata ma piuttosto lasciata emergere tra le pieghe della storia – portata alla luce da un racconto che gradualmente amplia il suo sguardo, includendo una molteplicità di soggetti e punti di vista – si declina in modo simbolico, in un obiettivo fisicamente a portata di mano (l’altra casa) quanto in realtà fuori raggio. Ma d’altronde la retta, come cantava in altri tempi Giovanni Lindo Ferretti, è per chi ha fretta. Se da un lato la necessità di aggirare il muro, trasformando la distanza del titolo in un viaggio di chilometri, vuole rappresentare la follia della legge umana – e la sua paradossale violenza – dall’altro (e a un livello più profondo) la deviazione sta a simboleggiare la necessità di indagare e comprendere; quella che la linea retta, inevitabilmente, negherebbe, e che il protagonista è costretto suo malgrado ad abbracciare. Proprio nell’incontro coi suoi compagni di viaggio (tra cui si annoverano un ragazzo adolescente in cerca di lavoro al di là del muro, e una coppia composta da un palestinese emigrato e da una documentarista proveniente dalla Germania) il personaggio di Mustafa si apre alla comprensione delle molteplici ricadute del conflitto sulla vita sociale, anche su quella di chi ha storie personali molto lontane dalla sua. Una necessità di empatia che passa a più riprese per il confronto fisico (ivi compreso quello violento) in momenti di forte tensione, per un viaggio che inevitabilmente cambierà l’esistenza di tutti i suoi protagonisti. Ivi compresa quella di chi – come la giovane documentarista – era giunta sul luogo per capire e toccare con mano, senza forse esserne pienamente pronta.

L’arcobaleno oltre il muro

200 metri, un primo piano di Ali Suliman
200 metri, un primo piano del protagonista Ali Suliman

Teso e asciutto, in un racconto che muove dai territori del dramma familiare (e politico) a quelli di un cupo road movie, 200 metri ha il pregio di evitare le trappole del film a tesi, lasciando parlare i suoi personaggi, e facendo emergere il punto di vista del regista – che arriva comunque, alla fine, in modo piuttosto chiaro – dall’incontro tra le loro difficili quotidianità. Non si sbilancia a proporre soluzioni, il film di Ameen Nayfeh, che sembra suggerire tuttavia un abbattimento delle barriere personali – ivi comprese quelle meno visibili, magari costruite su una bugia detta “a fin di bene” – come precondizione per (iniziare a) buttare giù quelle più grandi, che separano terre e popoli. La metafora della retta contrapposta allo smottamento (necessario) arriva in modo semplice e diretto, così come il concetto di viaggio e di rischio – anche laddove si voglia arrivare a una meta apparentemente vicina – come precondizione per la comprensione. La conclusione sembra riportare la vicenda al punto di partenza – nella consapevolezza dell’impossibilità da parte di un singolo personaggio, o di un film, di cambiare la storia – ma con una sostanziale differenza visiva; la monocromaticità della luce si fa molteplicità di colori, a simboleggiare forse una diversa e più completa consapevolezza da parte del protagonista; e forse – auspicio non esplicito, ma ben avvertibile – una base per una rinnovata fiducia.

200 metri, la locandina italiana
Pubblicità

Scheda

Regia: Ameen Nayfeh
Paese/anno: Turchia, Italia, Svezia, Palestina / 2020
Durata: 96’
Genere: Drammatico
Cast: Ali Suliman, Alaa Abu Saa, Anna Unterberger, Diaa Harb, Faisal Abu Al-Heija, Gassan Abbas, Ghassan Ashkar, Lana Zreik, Mahmoud Abu Eita, Mohammad Abu Barjes, Motaz Malhees, Nabil Al Raee, Rebecca Esmeralda Telhami, Samia Bakri Qazmuz, Walaa Eltiti
Sceneggiatura: Ameen Nayfeh
Fotografia: Elin Kirschfink
Montaggio: Kamal El Mallakh
Musiche: Faraj Suleiman
Produttore: Francesco Melzi d’Eril, Julia Gebauer, May Odeh, Faycal Hassairi
Casa di Produzione: Way Feature Films, MeMo Films, Odeh Films, Adler Entertainment, Metafora Production, Film i Skåne
Distribuzione: I Wonder Pictures

Data di uscita: 25/08/2022

Trailer

Pubblicità
Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.