LOVE LIFE

di Kôji Fukada

Dramma minimale ma permeato da uno sguardo empatico, Love Life è il nuovo lavoro di Koji Fukuda, regista nipponico che proprio con questo film approda al concorso della Mostra del Cinema di Venezia. Una visione lucida e ricca di sostanza.
Le stanze del figlio
Nella penuria di visioni provenienti dall’Asia di questa 79a edizione della Mostra del Cinema di Venezia – situazione paradossale per un insieme di cinematografie che, fino a solo pochi anni fa, rappresentavano una parte importante della selezione – spicca questo Love Life, nuovo lavoro, presentato in concorso, del cineasta giapponese Koji Fukada. Un regista, Fukada, che si era già messo in luce nel circuito festivaliero internazionale col suo Harmonium, Premio della Giuria della sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2016; ora, il regista approda nel concorso della manifestazione veneziana con un dramma minimalista e rigoroso, che esplora i temi del lutto e della solitudine nella vicenda di una famiglia appartenente alla media borghesia nipponica. Un film, quello di Fukada, che sembra guardare al cinema di Hirokazu Kore-eda e a una versione meno rarefatta di quello di Kiyoshi Kurosawa (suo mentore dichiarato) nella vicenda emblematica di una famiglia, e della reazione dei suoi membri a una scomparsa improvvisa quanto lacerante.
Una scomparsa e un ritorno

Al centro della vicenda ci sono Taeko e Jiro, coppia sposata che vive una vita apparentemente felice col piccolo Keita, figlio della donna avuto da un precedente matrimonio. Durante la festa di compleanno del padre di Taeko, che non ha mai approvato il matrimonio con Jiro, la tragedia coglie la famiglia in modo inaspettato: Keita resta infatti ucciso in un tragico quanto banale incidente domestico. Poco dopo, durante i funerali, il padre biologico del bambino, Park, riappare all’improvviso: l’uomo di origini coreane, che aveva abbandonato i due subito dopo la nascita di Keita, è sordomuto e ridotto in povertà. Nonostante il risentimento che prova per lui, e l’ostilità di Jiro, Taeko decide così di aiutarlo offrendogli l’appartamento dei suoi genitori; nel frattempo, il lutto sembra aver scavato un solco sempre più profondo nella vita della coppia, con Taeko sempre più vicina a Park – unico legame vivente con suo figlio – e Jiro che si riavvicina alla donna che stava per sposare prima di conoscere sua moglie.
Reimparare un linguaggio

Tutta la prima frazione di Love Life delinea in modo efficace il contesto in cui la storia avrà luogo; quello di una famiglia borghese apparentemente felice, che nel rituale di una festa di compleanno – corrispondente con la celebrazione delle vittorie del bambino nel più semplice dei giochi da tavolo – mette in mostra tutte le tensioni che la percorrono, e i nodi irrisolti che si agitano sotto la sua superficie. L’evento festoso, su cui converge una serie di personaggi – compresa l’ancora misteriosa ex compagna di Jiro – genera nello spettatore un misto di ansia e aspettative; il tono è già aspro, a tratti grottesco, quasi anticipatore di una tragedia che comunque, quando arriva, colpisce duro. Successivamente, il film di Koji Fukada cambia faccia, trasformandosi in un rarefatto melodramma in cui i silenzi contano quasi più dei dialoghi; un melodramma in cui la disabilità sensoriale di Park – il personaggio più discutibile, ma anche a suo modo più autentico – quasi costringe i due coniugi a imparare di nuovo un linguaggio diretto, letterale quanto privo dei silenzi carichi di non detti che hanno accompagnato gran parte della loro relazione.
Uno sguardo empatico

Lo sguardo del regista è ricco di pietas per tutti i personaggi coinvolti, anche per il “codardo” Park (e persino per i meschini genitori di Jiro); ma soprattutto sembra comunicare la necessità di vivere il lutto in modo personale, in una solitudine che può comportare imprevedibili deviazioni (il temporaneo riavvicinamento dell’uomo alla sua vecchia fiamma) o la ricerca di surrogati per rendere l’abisso della perdita più fronteggiabile. Il lutto stesso è trattato in modo apprezzabilmente privo di enfasi, nella quieta descrizione di una quotidianità violentata, di ambienti trasfigurati – la casa presa in prestito dai genitori, coi segni della presenza del bambino ancora presenti ovunque – e di simboliche prove che non possono essere superate da soli (il bagno nella vasca “colpevole” della morte di Keita). Si poteva forse scavare ancora più a fondo, magari dedicando qualche sequenza in più alla riconciliazione tra Jiro e la sua ex compagna, o all’esplorazione del senso di colpa (tema che accomuna molti dei personaggi – non solo i due genitori – e che resta tuttavia embrionale). Resta comunque, quello di Love Life, uno sguardo empatico e ricco di sostanza , a rendere un dramma “piccolo” nelle dimensioni quanto lucido e partecipato.

Scheda
Titolo originale: Love Life
Regia: Kôji Fukada
Paese/anno: Francia, Giappone / 2022
Durata: 123’
Genere: Drammatico
Cast: Hirona Yamazaki, Atom Sunada, Fumino Kimura, Kento Nagayama, Marika Yamakawa, Misuzu Kanno, Tetta Shimada, Tomorowo Taguchi
Sceneggiatura: Kôji Fukada
Fotografia: Hideo Yamamoto
Montaggio: Sylvie Lager
Musiche: Olivier Goinard
Produttore: Yoshito Oyama, Yasuhiko Hattori, Antoine Jouve, Masa Sawada
Casa di Produzione: Chipangu, Comme des Cinémas, Nagoya Broadcasting Network (Nagoya TV)
Distribuzione: Teodora Film
Data di uscita: 09/09/2022