IL MIO VICINO ADOLF

IL MIO VICINO ADOLF

Dal 3 novembre in sala Il mio vicino Adolf, commedia drammatica con Udo Kier e David Hayman che racconta di un reduce dei lager che nell’America Latina degli anni ’60 crede che il suo vicino sia… beh, avete capito. Tra dolore enorme e un pizzico di umorismo, il film fatica a sostenere il peso della sua ingombrante premessa.

Com'è piccolo il mondo

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Di Adolf in giro non è che ce ne siano chissà quanti. Non è il caso di sforzarsi troppo a decifrare i segreti di Il mio vicino Adolf, la commedia drammatica, equilibrio complicato tra opposti che si guardano in cagnesco, diretta da Leon Prudovsky e nelle sale italiane dal 3 novembre 2022 per una distribuzione I Wonder Pictures. Protagonisti David Hayman, Udo Kier, Olivia Silhavy. Una coproduzione polacca-israeliana-colombiana, la materia è tutt’altro che semplice, si parla di paura, trauma e guarigione ma con un sussulto di originalità, costruendo un ambizioso castello di carte intorno a una premessa esorbitante. Maneggiare con cura è più di un’avvertenza. Il mantra, per una storia che corteggia l’orlo dell’abisso, è sempre e comunque equilibrio. Le spinte arrivano da tante direzioni e la ricerca di una quadra è un esercizio di empatia e pazienza. Per un autore che sceglie di parlare di Olocausto, di sopravvissuti e conseguenze, anche “da lontano”, si impone prima di tutto come obbligo morale. E soltanto poi come conditio sine qua non artistica ed espressiva.

Si è fatto del complottismo anche sulla morte di Hitler

Il mio vicino Adolf, David Hayman in una scena
Il mio vicino Adolf, David Hayman in una scena del film

Complottisti di tutto il mondo, unitevi. Nel repertorio delle strampalate ipotesi (fanta) storiche su Novecento e dintorni, in generale, sulla Seconda Guerra Mondiale, più nello specifico, questa conserva un potenziale di irrealtà e inquietudine insostenibile. Il mio vicino Adolf se ne serve alla lontana, presume sì un certo spessore storico da parte dello spettatore ma poi va per la sua strada, che le preoccupazioni sono altre. Un ripassino veloce. Adolf Hitler muore suicida a Berlino, nel suo bunker, nella primavera del 1945, per sfuggire alla vendetta Alleata. Parlare di ricostruzione alternativa, in questo caso, è lanciare il sasso e tirare via la mano. La deriva complottista non si limita a mettere in discussione la versione ufficiale, piuttosto la smonta. Immaginando un Führer scampato all’eccidio, che manda un sosia a morire al posto suo e si nasconde, lontano dal centro delle cose. Al riparo dalla giustizia, dalla vendetta, dalla coscienza.

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L’approdo di questa fantasia al contrario è quasi sempre il Sud America, che sul serio ha rappresentato un porto sicuro per tanti, troppi, transfughi dell’orrore. Il fantasma del tiranno scuote le coscienze e popola gli incubi del mondo libero ben oltre la conclusione delle ostilità, l’eterno ritorno del Male acquattato nell’ombra e mai totalmente liquidato. In realtà Hitler muore davvero a Berlino ma una certa opacità dei sovietici relativamente al trattamento del cadavere, è l’Armata Rossa che entra per prima in città, autorizzò all’epoca qualche sospetto. Più di un dubbio ce l’ha Malek Polsky.

Sopravvissuto al lager sospetta che il vicino di casa sia Hitler in incognito

Il mio vicino Adolf, Udo Kier in una scena
Il mio vicino Adolf, Udo Kier in una scena del film

Malek Polski (David Hayman) negli anni Trenta era un bravo scacchista in Europa Orientale. Ora, il presente per Il mio vicino Adolf è il 1960, è un misantropo che vive in una casa scalcinata da qualche parte in America Latina e consuma il suo dolore al riparo da occhi indiscreti. Spento, trasandato, ha cura soltanto di un bel cespuglio di rose nere, il ricordo della moglie che non c’è più, inghiottita dal mostro come tutta la famiglia. Poi entra in scena lui.

Si chiama Herman Herzog (Udo Kier) e di lui si occupa l’autoritaria Frau Kaltenbrunner (Olivia Sihlavy). È madrelingua tedesco, che nell’America del Sud di allora, agli occhi di un Mossad qualsiasi, equivaleva ad andarsene in giro con un’insegna luminosa. Malek sulle prime non pensa a quella cosa lì. È solo indispettito dall’arroganza di uno scocciatore piombato nella sua vita senza chiedere il permesso. Solo che un giorno gli capita di guardarlo negli occhi, il vicino, e tanto gli basta per convincersi che quelli lì siano proprio i suoi occhi. Cerca sponde nella diplomazia israeliana, che però di denunce di questo genere ne riceve trenta all’anno e non gli crede. Malek decide di muoversi in autonomia. Fa ricerche e si pianta metaforicamente sull’uscio dell’uomo, nella speranza di coglierlo in fallo. Una somiglianza, niente di che. Due somiglianze, un caso. Tre somiglianze, Adolf Hitler?

Di somiglianze impreviste e di una commedia drammatica che non riesce a sostenere il peso della sua premessa

Il mio vicino Adolf, David Hayman e Udo Kier in una sequenza
Il mio vicino Adolf, David Hayman e Udo Kier in una sequenza del film

Il buon Malek ha più di un motivo per incarcare le sopracciglia. Herzog è un campionario ambulante di peculiarità hitleriane: mancino come lui (solidarietà ai mancini), per lo più astemio, ama gli animali e non sa contenere i suoi attacchi di collera. Peggio ancora, è pittore di paesaggi con un gusto particolare per la rovina, lo sfondo desolato, il sapore di morte. Questo è quanto. La ragione suggerisce altrimenti, ma tutti gli indizi sembrano portare in una certa, pericolosa, inconcepibile direzione. Ma non è questo, in fondo, l’importante. Non che l’uomo della porta accanto sia Adolf Hitler. Ciò che conta è altro, ed è abbastanza sorprendente che Il mio vicino Adolf sappia porre la giusta domanda ma non sappia poi come comportarsi con la risposta. La risposta è a sua volta una domanda, l’ennesima. Va bene, magari è davvero lui, ma poi?

Come esempio di cinema su e intorno all’Olocausto (e alla barbarie nazista) che sceglie per sé l’insolita angolazione umoristica, una commedia evidentemente immersa in un bagno doloroso che ne altera l’originale purezza, anche Il mio vicino Adolf deve combattere la battaglia per l’equilibrio. L’armonia difficile tra umori e atmosfere, aderenza ai fatti e deformazioni necessarie. Il film trova la sua vibrazione, una solida impronta umoristica su un fondo di dolore vero, inesprimibile. In bilico sul cornicione, in basso il vuoto e la banalizzazione.

Ci riesce, a raccontare la psiche distorta dall’orrore di un reduce prigioniero del trauma, che ha perso tutto e deve imparare e vivere di nuovo, riconoscendo negli occhi dell’altro l’ombra del male ma anche la comune tragedia della condizione umana. Lo fa svaligiando il repertorio dell’umorismo del buon vicinato e puntando all’incontro/scontro di personalità. David Hayman e Udo Kier, strana coppia separata da uno steccato ben più che simbolico, giocano al gatto e al topo. Amici e nemici e questo è un po’ il punto. Il mio vicino Adolf racconta l’identità dell’uomo come materia malleabile e fluttuante, esorta alla ripartenza, trova il coraggio di ridere sul fondo di quello che probabilmente è il più grande dramma della storia umana. Non è il caso di perdersi in spoiler assassini, la verità la scoprirete in sala. Il problema è che l’enormità della premessa finisce per mangiarsi tutto. Hitler è troppo brutto, troppo mostro, troppo reale, semplicemente troppo. E la storia fatica a ragionare di vendetta, perdono e riscatto nel momento in cui sceglie per sé un riferimento così ingombrante. Sulle spalle del film si posa un’ambizione insostenibile.

Il mio vicino Adolf, la locandina italiana
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Scheda

Titolo originale: My Neighbor Adolf
Regia: Leon Prudovsky
Paese/anno: Israele, Polonia, Colombia / 2022
Durata: 96’
Genere: Commedia, Drammatico
Cast: Udo Kier, David Hayman, Danharry Colorado, Jaime Correa, Jan Szugajew, Kineret Peled, Olivia Silhavy
Sceneggiatura: Leon Prudovsky, Dmitry Malinsky
Fotografia: Radek Ladczuk
Montaggio: Hervé Schneid
Produttore: Diego Conejero, Julio César Gaviria, Stanislaw Dziedzic, Klaudia Smieja, Estee Yacov-Mecklberg, Haim Mecklberg, Juan Pablo Lasserre, Julieta Biasotti
Casa di Produzione: 2-Team Productions, Film Produkcja
Distribuzione: I Wonder Pictures

Data di uscita: 03/11/2022

Trailer

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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