COCAINORSO

COCAINORSO

Molto chiacchierato già da prima della sua uscita, programmaticamente bizzarro, Cocainorso è un gradevole esperimento di exploitation portata in serie a: da non prendere troppo sul serio – né nelle sue limitate provocazioni, né nel pur presente sottotesto ecologico – il film di Elizabeth Banks ha il solo limite di risultare un po’ discontinuo nel ritmo, oltre che gravato da una trama che si disperde inutilmente in troppi personaggi, rivoli e subplot.

La rivincita di Pablo Eskobear

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Arriva in Italia con un tempismo un po’ macabro, questo Cocainorso, già chiacchieratissima horror comedy diretta da Elizabeth Banks, ispirata (molto liberamente) a fatti reali. Quando parliamo di tempismo ci riferiamo, ovviamente, al caso dell’orsa JJ4 verificatosi nella nostra Val di Sole, con la morte del runner Andrea Papi e la conseguente ordinanza di abbattimento – al momento, per fortuna, sospesa – dell’animale. La coincidenza, ovviamente del tutto casuale (la data di distribuzione era stata decisa ben prima degli eventi della Val di Sole) non deve comunque trarre in inganno, pur nel suo carattere in un certo senso suggestivo: il film di Banks, qui alla sua quarta regia, non ha molto degli animal horror degli anni ‘70 e ‘80, configurandosi più come un’affettuosa parodia del genere – con punte di gore che comunque guardano, più in generale, a quel periodo – che come un suo tentativo di recupero tal quale. Lo stesso tema del confronto uomo/natura – sempiterno motivo del genere, che dalla letteratura successiva al melvilliano Moby Dick si è trasferito al cinema, con classici come Gli uccelli e Lo squalo – perde qui quasi tutto il suo carattere epico; ciò, ovviamente, per l’evidente natura grottesca dello spunto e per gli sviluppi volutamente sopra le righe della storia, al di là di una componente ecologista che comunque non va presa troppo sul serio.

L’orso con la “scimmia”

Cocainorso, Alden Ehrenreich, Aaron Holliday e l'orso in una sequenza
Cocainorso, Alden Ehrenreich, Aaron Holliday e l’orso in una sequenza del film

Il plot di Cocainorso, come si diceva, nasce da eventi realmente accaduti, o meglio da una premessa reale su cui è stata poi montata una vicenda di fantasia: nel 1985, uno spacciatore fece cadere da un aereo che sorvolava i boschi della Georgia un ingente carico di cocaina, che fu poi ingerito in parte da un enorme orso bruno. Nella realtà, l’orso morì poco dopo a causa dell’overdose, non provocando vittime o danni; ne nacque tuttavia la leggenda metropolitana del Cocaine Bear, che ha direttamente ispirato il soggetto del film. Qui viene immaginato l’attacco, da parte dell’orso eccitato dalla droga, di un variegato gruppo di personaggi, trovatisi più o meno casualmente sulla strada dell’animale: tra questi, due sventurati campeggiatori, due ragazzini avventuratisi di nascosto nei boschi, la madre di una di loro, una guardia forestale, un attivista per l’ambiente, un poliziotto, e infine lo spacciatore a cui era destinato il carico di cocaina, nei guai per il suo smarrimento, accompagnato da suo figlio e da un suo aiutante. Un eterogeneo gruppo di individui che si incontreranno e scontreranno sullo sfondo di una minaccia che si rivelerà guidata, più che dall’istinto di sopravvivenza, dalla dipendenza appena sviluppata dalla sostanza ingerita.

Benvenuta cattiveria

Cocainorso, Keri Russell cerca di sfuggire all'orso in una scena
Cocainorso, Keri Russell cerca di sfuggire all’orso in una scena del film di Elizabeth Banks

La dichiarata bizzarria del soggetto del film di Elizabeth Banks sembra avvicinarlo ai b-movie della Asylum (che da par suo ha già annunciato un clone a bassissimo costo, creando un interessante cortocircuito); un approccio che aggiunge al carattere naturalmente “ruspante” del popcorn movie una premessa grottesca ed esplicitamente provocatoria. Una provocazione che comprende altresì lo “strillo”, così volutamente retrò, in locandina (“Ispirato a fatti realmente accaduti), vecchio espediente di certo cinema-exploitation che il più delle volte si rivela poi, di fatto, poco più di un imbroglio. Ma la confezione di Cocainorso tradisce chiaramente il budget in realtà non proprio da b-movie con cui è stato realizzato (35 milioni di dollari) oltre al cast di richiamo – il film è tra quelli usciti postumi del compianto Ray Liotta – e a un rilevante uso del digitale. In questo senso, quello di Banks è uno dei tanti esperimenti di exploitation portata in serie a che l’industria hollywoodiana ci ha proposto negli ultimi anni; va tuttavia ricordato che qui, al di là della consueta furbizia nell’ambientazione (ancora gli anni ‘80, ben sottolineati da colonna sonora, oggetti di scena e acconciature) siamo di fronte a un prodotto che mantiene comunque un buon quantitativo di graficità gore, accompagnando almeno in parte la provocazione di base col necessario corollario di cattiveria. Cattiveria che ha fatto guadagnare al film il “Rating R” negli USA e un iniziale divieto ai minori di 18 anni (poi ridotto a 14) nel nostro paese.

Un gioiellino mancato?

Cocainorso, Ray Liotta in una scena
Cocainorso, Ray Liotta in una scena del film di Elizabeth Banks

Godibile nella sua programmat(ic)a bizzarria, con qualche punta di scorrettezza (il parodistico personaggio dell’attivista Peter, convinto che nessun orso potrebbe mai fare del male a un essere umano) poi subito mitigata dall’emergere del sottotesto ecologico, Cocainorso si lascia gustare come un effimero (ed efferato) divertissment, che dà il suo meglio quando ha il coraggio di premere con più convinzione sul pedale del gore e del cattivo gusto. Una componente, quest’ultima, che forse poteva essere ancor più presente, e che avrebbe potuto contribuire a dare al film quella continuità di ritmo e impatto grafico che invece sembra un po’ mancargli. Una continuità che è penalizzata anche dal gran numero di personaggi presenti, e dai mille rivoli e subplot in cui la trama finisce, inutilmente, per dividersi; vista la natura del film, e l’ovvia impossibilità di approfondire personaggi che appaiono spesso meramente esornativi, avrebbe avuto probabilmente più senso asciugare il racconto e renderlo più lineare: il ritmo, che così com’è risulta un po’ singhiozzante, ne avrebbe probabilmente giovato. Imperfezioni e limiti che comunque non impediscono al film di Elizabeth Banks di offrire un piacevole, benvenuto intrattenimento di genere, specie in un contesto sempre più plastificato come quello del mainstream hollywoodiano; pur con un retrogusto amaro per il gioiellino che, con qualche opportuna correzione, sarebbe potuto venirne fuori.

Cocainorso, la locandina del film
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Scheda

Titolo originale: Cocaine Bear
Regia: Elizabeth Banks
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 95’
Genere: Horror, Commedia, Thriller
Cast: Isiah Whitlock Jr., Alden Ehrenreich, Keri Russell, Margo Martindale, Matthew Rhys, Ray Liotta, Aaron Holliday, Ayoola Smart, Brooklynn Prince, Christian Convery, Jesse Tyler Ferguson, Conor Lambert, Hannah Hoekstra, J.B. Moore, Kahyun Kim, Kristofer Hivju, Leo Hanna, O'Shea Jackson Jr., Scott Seiss, Shane Connellan
Sceneggiatura: Jimmy Warden
Fotografia: John Guleserian
Montaggio: Joel Negron
Musiche: Mark Mothersbaugh
Produttore: Aditya Sood, Brian Duffield, Nancy Honeycutt, Phil Lord, Macdara Kelleher, Christopher Miller, John Keville, Elizabeth Banks, Max Handelman
Casa di Produzione: Brownstone Productions (II), Lord Miller, Universal Pictures
Distribuzione: Universal Pictures

Data di uscita: 20/04/2023

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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