LA CACCIA

LA CACCIA

Secondo lavoro da regista per Marco Bocci, già presentato in anteprima al Riviera International Film Festival, La caccia è un dramma familiare tinto di noir, che usa la struttura del thriller per riflettere sul passato, sui fantasmi personali e sui traumi che ritornano. Qualche sbavatura narrativa si avverte, nella struttura divisa tra passato e presente, ma l’avvolgente atmosfera del racconto riesce a non farla pesare troppo.

Pericolosa partita

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Resta nei territori del dramma ammantato di noir, Marco Bocci, per quello che è il suo secondo lavoro da regista a quattro anni dal precedente A Tor Bella Monaca non piove mai. La fonte, stavolta, non è un romanzo dello stesso attore/regista, ma un soggetto da lui elaborato appositamente per lo schermo, insieme ad Alessandro Pondi e Alessandro Nicolò. Non ha natura autobiografica come il precedente film di Bocci, questo La caccia, ma ugualmente ha alla sua base la tensione di un rapporto familiare irrisolto: in questo caso, si tratta di quello tra quattro fratelli (coi volti di Laura Chiatti, Filippo Nigro, Paolo Pierobon e Pietro Sermonti) che si trovano forzatamente riuniti dopo la morte del padre, genitore autoritario e castrante che ha condizionato gran parte delle loro esistenze. Ci sono da sistemare le questioni relative all’eredità, ma c’è anche da fare i conti con un trauma non elaborato del passato, legato proprio al genitore e alla sua passione – che ai quattro tentò di imporre, più che di trasmettere – per la caccia. Un ricordo che finirà per deflagrare col ritorno nella vecchia magione di famiglia.

Un ingombrante fantasma

La caccia, Paolo Pierobon in una sequenza del film
La caccia, Paolo Pierobon in una sequenza del film di Marco Bocci

L’ambientazione proletaria del precedente film di Bocci si sposta in un setting borghese che tuttavia non ne cambia il senso, né il risultato ultimo: è una vicenda tinta di nero, quella de La caccia, una fiaba malata e contaminata dal reale, come quella che la voce narrante declama come un impossibile controcampo alle vicende che vediamo rappresentate. I quattro protagonisti, interpretati con buon piglio e diversificazione dai quattro interpreti principali, sono uomini irrisolti preda di volta in volta di nevrosi, di piccole e grandi bugie dette a se stessi e alle persone che stanno loro intorno, e soprattutto di pressioni cui non riescono a far fronte: quella di una maternità impossibile per il personaggio di Silvia – una maternità ricercata clandestinamente attraverso il metodo della gestazione per altre; quella dell’aspirazione all’ampliamento del business di vendita auto per Luca, che finisce così per precipitare nel circuito dello strozzinaggio; quello di un tenore di vita più alto per Giorgio – preda dei capricci di una moglie volubile e attratta da un impossibile lusso, e di una figlia adolescente modellata a sua immagine dalla donna; e infine quella delle aspirazioni artistiche della compagna di Mattia, pittore a sua volta alle prese con la difficile convivenza con un’aspirante cantante di scarso talento. Tensioni che il confronto familiare non riuscirà a comporre, ma finirà al contrario per esasperare, convogliate nel rancore mai sparito per un genitore che, pur nella morte, continua (un po’ beffardamente) a guidare l’esistenza dei quattro.

La fiaba del reale

La caccia, Laura Chiatti in un'immagine del film
La caccia, Laura Chiatti in un’immagine del film di Marco Bocci

Forte della sua esperienza di attore “di genere” (recentemente l’abbiamo visto in Calibro 9 e in Bastardi a mano armata), Marco Bocci dà al suo film un’efficace struttura da thriller, con una narrazione costantemente sospesa tra passato e presente, a svelare lentamente il contesto della storia; una narrazione introdotta da un flashback – quello del trauma che sostanzia l’intera trama, poi riproposto a più riprese nel corso del film – che rende da subito manifesta l’atmosfera plumbea che si respirerà lungo tutta l’opera. Il clima affabulatorio introdotto dalla voce narrante si rivela una scelta vincente (tanto più in un periodo in cui questo espediente viene usato, spesso, senza una reale necessità), nel segno del contrasto e della collisione tra i diversi registri narrativi; come se si stesse assistendo a una fiaba dark privata dell’elemento fantastico, ma in fondo animata sempre dagli stessi meccanismi. Una scelta che giustifica il clima deragliante e sottilmente paranoico che si respira per gran parte del film, con digressioni oniriche e quasi da horror, ma che soprattutto si integra bene con la presenza – ovviamente fuori campo nel presente, ma comunque più che mai concreta – di un padre-padrone che assume quasi i tratti di un babau. La metafora della caccia, in questo senso – antico rito di iniziazione proprio di molte società tribali – esprime efficacemente il senso di un’infanzia precocemente indirizzata verso una precisa via, nel segno di una competizione che diventa già in nuce disponibilità all’eliminazione dell’altro. Magari con un colpo sparato in modo, forse, non del tutto (in)volontario.

Vittime e carnefici

La caccia, Filippo Nigro, Pietro Sermonti, Paolo Pierobon e Laura Chiatti in una scena
La caccia, Filippo Nigro, Pietro Sermonti, Paolo Pierobon e Laura Chiatti in una scena del film

I motivi di interesse de La caccia sono molteplici, dalla scelta del registro narrativo del film – che ben amalgama il realismo con le accelerazioni da thriller e le digressioni oniriche – alla non banale riflessione su un contesto familiare tossico, che finisce per proiettare i suoi effetti sulla maturità dei quattro protagonisti, resi di volta in volta (tutti) vittime e carnefici. L’impostazione noir del racconto si avverte nella scelta di dare a ogni personaggio varie gradazioni di grigio – persino il defunto patriarca, in una delle scene-chiave narrate in flashback, appare inconsapevolmente meschino, più che crudele – riflesse in un’efficace fotografia dai toni desaturati. A depotenziare, in parte, l’impatto di questo interessante film di Marco Bocci c’è qualche limite di sceneggiatura, specie nella descrizione sopra le righe di alcuni personaggi di contorno (in primis la moglie del personaggio interpretato da Paolo Pierobon, inutilmente sopra le righe) e una certa fretta – puntellata da qualche macchinosità di troppo – nel giungere alla parte finale. Parte finale che comunque, nel suo carattere grottesco – quasi un paradossale dramma del ridicolo – coglie nel segno, portando alle estreme conseguenze le premesse della storia. La caccia si è chiusa, in quello che era forse, fin dall’inizio, l’unico modo possibile.

La caccia, la locandina del film
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Scheda

Titolo originale: La caccia
Regia: Marco Bocci
Paese/anno: Italia, Slovacchia / 2022
Durata: 100’
Genere: Drammatico
Cast: Paolo Pierobon, Pietro Sermonti, Filippo Nigro, Laura Chiatti, Salvatore Langella
Sceneggiatura: Marco Bocci, Alessandro Pondi
Fotografia: Federico Annicchiarico
Montaggio: Luigi Mearelli
Musiche: Emanuele Frusi
Produttore: Santo Versace, Gianluca Curti
Casa di Produzione: Rai Cinema, Arina, Minerva Pictures
Distribuzione: Medusa Distribuzione

Data di uscita: 11/05/2023

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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