RAPITO

RAPITO

Marco Bellocchio in concorso al Festival di Cannes 2023 con Rapito, la storia vera di un bambino ebreo strappato alla sua famiglia per essere condotto a Roma a ricevere un’educazione cattolica. Con Barbara Ronchi, Fausto Russo Alesi, Paolo Pierobon, Fabrizio Gifuni e il piccolo Enea Sala. Dal 25 maggio al cinema.

Lessico familiare per una storia tra due città

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Per un po’ era sembrato dovesse occuparsene Steven Spielberg. E invece Rapito l’ha girato Marco Bellocchio. E com’è bravo, Marco Bellocchio, a parlarci di famiglie spezzate intrecciando il pubblico e il privato, giocando sul crinale sottilissimo tra Storia e deformazione drammatica – di fatti realmente accaduti s’intende – senza perdere un grammo della necessità, dell’urgenza, della problematicità (che brutta parola) di una materia densissima e da maneggiare con cura. Rapito, spettacolarità con un’anima, arriva nelle sale italiane il 25 maggio 2023, due giorni dopo il passaggio in concorso al Festival di Cannes, libero adattamento de Il caso Mortara di Daniele Scalise. Sceneggiato da Marco Bellocchio e Susanna Nicchiarelli, con Barbara Ronchi, Fausto Russo Alesi, Paolo Pierobon, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Paolo Calabresi e il piccolo Enea Sala. Come usa in questi casi, ispirato a fatti realmente accaduti.

Il dogma del Papa e la parte giusta

Rapito, Paolo Pierobon in un momento del film
Rapito, Paolo Pierobon in un momento del film di Marco Bellocchio

Cos’è un dogma, chiede Papa Pio IX (Paolo Pierobon) al giovane Edgardo Mortara (Enea Sala), che è già un figlio obbediente di mamma Chiesa anche se la sua famiglia, quella vera, a cui è stato strappato nel più inverosimile dei modi e con un gran polverone, lo aspetta con il cuore spezzato a Bologna? Edgardo, bambino obbediente che a Roma si è ambientato subito – la pelle dei ragazzi sopporta i colpi del destino meglio degli adulti – risponde puntuale e più o meno in questi termini: un dogma è una verità di fede che va accettata senza discussioni, perché è Dio in persona che ce la manda. Marco Bellocchio concepisce Rapito come una fiaba al contrario che gioca con le aspettative del pubblico circa il tipo di lezione edificante che un cinema rigoroso e stratificato deve trasmettere al suo pubblico. Non c’è niente di edificante, di consolatorio, di rassicurante, qui. Nulla, se non la vitalità di un regista che ha capito molto bene, non solo che bisogna stare sempre dalla parte giusta, ma anche quale sia, questa parte giusta. Radicalmente opposta ai dogmi, le superstizioni, la stupidità. Ecco, Rapito è anche un film sulla stupidità.

Il rapimento di Edgardo Mortara

Rapito, Enea Sala in una sequenza del film
Rapito, Enea Sala in una sequenza del film di Marco Bellocchio

Si dirà che Rapito è un film sul potere, sull’identità, sul trauma di una famiglia lacerata, ed è tutto vero e tutto giusto. Soprattutto, un film su e contro la stupidità, l’ignoranza, la barbarie; una goccia di veleno iniettata nell’orecchio che resetta l’intelligenza collettiva, sostituendo la lucidità, il buon senso e l’equilibrio con la follia, la sregolatezza e una sorta di ottusa coerenza. Bisogna procedere per gradi. Edgardo Mortara nasce a Bologna nel 1851, che la città fa ancora parte dello Stato Pontificio. Sono i tempi del Papa Re, Italia è una parola per cospiratori o tutt’al più una vaga indicazione geografica. Edgardo è ebreo. Una serva di casa Mortara, Anna Morisi, credendolo in punto di morte, lo battezza per risparmiargli il limbo e salvargli l’anima. Basta questo. Sette anni più tardi, il 24 giugno 1858, la gendarmeria pontificia bussa alla porta di casa Mortara per informare papà Momolo (Fausto Russo Alesi) e mamma Marianna (Barbara Ronchi) che Edgardo se ne va.

È il diritto canonico che lo prevede. Edgardo è battezzato, quindi deve ricevere un’educazione cristiana e cattolica, con buona pace della famiglia. A gestire la pratica è l’inquisitore di Bologna, monsignor Celetti (Fabrizio Gifuni). Edgardo strappato alla famiglia e condotto a Roma, alla corte del regnante di Papa Pio IX. Sordo, alle richieste della comunità internazionale. Trincerato nella solennità di un pontificale “non possumus” (latino per non possiamo) quando tutti, ma proprio tutti, dalla famiglia alla comunità ebraica romana (portavoce Paolo Calabresi), persino Napoleone III, l’alleato più fedele, gli chiedono di fare un passo indietro. Pio IX – mentre passano gli anni e il bambino si fa un ragazzo (Leonardo Maltese) – Edgardo non ci pensa proprio a lasciarlo andare, perché la sua idea di giustizia e la fonte del suo potere non sono roba per uomini. È Dio che comanda il Papa e a Dio il Papa risponde. Il ragazzo resta dov’è. Il tempo corre, tramonta il potere temporale e fa capolino l’Italia unita. Non cambia niente. La famiglia preme, la Chiesa tace, Edgardo cede.

Meglio non saperne troppo, all’inizio

Rapito, Leonardo Maltese in una sequenza del film
Rapito, Leonardo Maltese in una sequenza del film di Marco Bellocchio

È meglio arrivare al film non sapendone troppo, del caso Mortara. Marco Bellocchio ce la mette tutta per disorientare a fin di bene il pubblico, che la prima parte scivola con la rigorosa aderenza di un dramma storico che vibra di tensione civile e potenza emotiva; si spera proprio che, in un modo o nell’altro, le cose si mettano per il verso giusto. All’inizio Rapito somiglia a questo genere di film: serio, rispettoso, speranzoso. E invece no. Non è il caso di anticipare con troppa precisione il destino di Edgardo, anche se di Storia si tratta e non ha senso nascondere la verità. Ciò che conta, è il tipo di lezione che Marco Bellocchio ha deciso di trarre dalla vicenda.

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Famiglie spezzate e identità compromesse

Rapito, Fausto Russo Alesi in un momento del film
Rapito, Fausto Russo Alesi in un momento del film di Marco Bellocchio

Di una fiaba al contrario, si è parlato. Il piccolo principe, strappato alla famiglia per le macchinazioni della perfida strega cattiva (Paolo Pierobon, intenso nella inflessibilità e fragilità del suo Papa). Ci pensano la fata buona (la mamma Barbara Ronchi, dignitosa e fierissima) e il papà (Fausto Russo Alesi, vulnerabile e molto umano) a seminare briciole che gli consentano di ritrovare la via di casa. E queste briciole sono le parole, il lessico familiare e intimo di un giovane sospeso tra due città. Parole ebraiche, preghiere ebraiche, oggetti; l’eredità di una vita e di una comunità di oppressi. Dalla cecità, dalla cattiveria, dall’ottusità. Rapito è il quarto film di Marco Bellocchio a essere passato per Cannes negli ultimi quattro anni. Prima c’erano stati Il traditore (2019), Marx può aspettare (2021) e per finire Esterno notte (2022).

Come Esterno notte, al centro di tutto c’è la cronaca di un rapimento che fa scalpore. Anche stavolta, Marco Bellocchio lavora su un doppio piano, pubblico e privato. La famiglia di Edgardo come particella di una comunità più grande, l’Italia lacerata da divisioni di fede, ideologie e pensiero. Una complessità, questa, plasticamente riprodotta nella babele di lingue che complica la comunicazione, il latino liturgico e l’ebraico dei riti privati, l’italiano e il dialetto. L’ottusità denunciata dal film non è di destra o di sinistra, non laica né tantomeno clericale. Rapito non è un film contro la Chiesa, pure colpevole, qui, di un crimine odioso contro la famiglia e la decenza. Piuttosto, un affresco malinconicamente impietoso sul trauma di un’identità individuale (e collettiva, in controluce) disgregata dalla cieca aderenza ai dettami di un Potere, di un’Istituzione, di un’Idea. Bisogna sempre diffidare di chi parla in maiuscole. Nessuno si premura di raccontarlo al povero Edgardo, che finisce il suo viaggio a metà strada, non più ebreo ma neanche del tutto cristiano. Sospeso tra due mondi, della complessità della vita non coglie la ricchezza, solo la confusione.

Rapito, la locandina del film

Scheda

Titolo originale: Rapito
Regia: Marco Bellocchio
Paese/anno: Francia, Italia, Germania / 2023
Durata: 125’
Genere: Drammatico, Storico
Cast: Paolo Calabresi, Barbara Ronchi, Paolo Pierobon, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Fausto Russo Alesi, Andrea Gherpelli, Bruno Cariello, Federica Fracassi, Filippo Marchi, Giustiniano Alpi, Corrado Invernizzi, Fabrizio Contri, Leonardo Maltese, Mattia Napoli, Alessandro Fiorucci, Alessandro Scafati, Aurora Camatti, Enea Sala, Giulia Quadrelli, James Basham, Leonardo Bianconi, Marco Golinucci, Michele De Paola, Renato Sarti, Samuele Teneggi
Sceneggiatura: Edoardo Albinati, Daniela Ceselli, Marco Bellocchio, Susanna Nicchiarelli
Fotografia: Francesco Di Giacomo
Montaggio: Stefano Mariotti, Francesca Calvelli
Musiche: Fabio Massimo Capogrosso
Produttore: Michael Weber, Viola Fügen, Paolo Del Brocco, Beppe Caschetto, Alexandra Henochsberg, Pierre-François Piet, Simone Gattoni, Olivier Père
Casa di Produzione: Canal+, The Match Factory, Film- und Medienstiftung NRW, IBC Movie, Kavac Film, Ad Vitam Production, Rai Cinema, Arte France Cinéma, Cine+
Distribuzione: 01 Distribution

Data di uscita: 25/05/2023

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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