PRIGIONE 77
Diretto dallo specialista Alberto Rodríguez, Prigione 77 è un teso thriller carcerario, capace di unire l’impeto spettacolare del genere a una riflessione storica di ampio respiro, che coinvolge temi che vanno anche oltre la transizione che portò dal franchismo alla democrazia. Cinema popolare nel senso più ampio del termine, sia nei temi che nell’approccio.
Dietro le sbarre, la Storia
Spagna, 1976. L’esperienza del franchismo si è conclusa ufficialmente da poco, e il paese, nelle istituzioni come nelle classi dirigenti, ha avviato la difficile transizione verso la democrazia; una transizione che, tuttavia, sembra dover avere ancora inizio tra le mura delle carceri, in cui sono tuttora rinchiusi vecchi oppositori al regime insieme ai detenuti comuni. Tra questi ultimi c’è Manuel, che ha rubato dei soldi al suo datore di lavoro con la complicità del di lui figlio, che poi ha pensato bene di denunciarlo: il 31enne, spogliato dei suoi averi e finanche dei suoi abiti, si rende presto conto che l’amministrazione del carcere La Modelo di Barcellona è ancora sostanzialmente la stessa del regime, e che passeranno probabilmente anni prima che il suo processo possa anche solo iniziare. Poco incline a sopportare passivamente le angherie, Manuel si unisce così al Copel (Coordinadora de Presos en Lucha), un’organizzazione che rivendica i diritti dei detenuti e ha come scopo ultimo l’amnistia per tutti coloro che sono stati arrestati durante il franchismo. La saldatura tra prigionieri politici e detenuti comuni darà il via a una serie di rivolte che presto finiranno per estendersi anche agli altri istituti penitenziari del paese.
Impeto politico, approccio popolare
Cinema politico dall’anima europea, teso a riflettere su vicende storiche più recenti di quanto a molti non piaccia credere, questo Prigione 77 ha un taglio spettacolare che guarda anche al miglior cinema carcerario hollywoodiano (da Fuga da Alcatraz a Le ali della libertà, passando per la declinazione più impegnata del parkeriano Fuga di mezzanotte). Proprio nell’unione di queste due componenti, quella divulgativa – il film è ispirato a fatti storici reali – e quella più eminentemente popolare, il film di Alberto Rodríguez presenta la sua cifra stilistica più caratterizzamte; una cifra tradotta in una struttura da thriller che tiene costantemente in quadro i due protagonisti (il Manuel interpretato dalla star de La casa di carta Miguel Herran, e il suo compagno di cella Pino, il carismatico Javier Gutiérrez), mostrando il loro percorso di (ri)appropriazione della coscienza dei propri diritti, parallelamente a un’accurata descrizione storica e d’ambiente. In questo senso, la dimestichezza del regista col cinema più popolare (suo è il thriller La isla minima) e la sua capacità di tenere alta la tensione malgrado l’unità di luogo, favoriscono molto la partecipazione emotiva spettatoriale, anche al di là della cruda resa – che non risparmia dettagli grafici decisamente espliciti – di molte sequenze. In particolare, si rivela vincente la scelta del regista di girare nelle stesse location del vecchio carcere, chiuso nel 2017 e trasformato in un centro culturale, di cui viene ben sfruttata la circolarità (mutuata dal panopticon focaultiano) per trasmettere il senso di oppressione che doveva pervadere i suoi locali, e soprattutto chi vi era rinchiuso.
Realismo e speranza
Con un approccio improntato al realismo, il regista riesce in Prigione 77 a far vivere la Storia (quella che avanza al di fuori delle mura carcerarie, tra slanci ideali e contraddizioni) nelle parabole di due singoli personaggi, chiusi in uno spazio circoscritto e opprimente come quello di La Modelo: l’uno, quello di Manuel, che trova nell’impegno una ragione di sopravvivenza, che possa controbilanciare la drammatica incertezza di una situazione che altrimenti, semplicemente, non avrebbe gli strumenti per reggere; l’altro, Pino, capace di rimettere in discussione gradualmente il suo stesso cinismo, rompendo un isolamento nell’isolamento che lui stesso si era costruito (con la tenda eretta intorno alla sua branda, e coi suoi romanzi di fantascienza) e ricominciando – sul modello del Morgan Freeman del già citato Le ali della libertà – a coltivare la speranza. Proprio il percorso di quest’ultimo personaggio, ben delineato e assolutamente realistico, nel positivo “contagio” che subisce dal compagno di cella più giovane, è tra gli elementi che restano più impressi del film, anche per la capacità della sceneggiatura di delinearne in modo non scontato l’evoluzione. Una componente di positività che controbilancia il clima generalmente plumbeo del film, l’estrema crudezza di molte sequenze, e soprattutto il carattere problematico di una zona franca (quella del carcere, e delle sue regole non scritte) che costringe anche l’individuo più idealista a scendere a compromessi spesso poco edificanti. L’ultimo confronto del protagonista col suo avvocato – di cui ovviamente non riveliamo il contenuto – è in questo senso emblematico dell’approccio amaramente realistico che muove l’intera storia.
Il rumore degli invisibili
Punteggiato di sequenze magistralmente dirette (la prima rivolta dei detenuti, la lunga sequenza conclusiva, che di nuovo cita i classici del genere) Prigione 77 è un esempio di cinema impegnato di sicura presa spettacolare, che al respiro storico affianca una capacità non usuale di scavare in psicologie complesse (non solo quelle dei due protagonisti: i comprimari sono ugualmente ben definiti) poste in una situazione estrema. Il film di Alberto Rodríguez rallenta solo un po’ nella sua ultima parte, dilungandosi forse in modo eccessivo in una digressione narrativa che poteva essere sfoltita; ma, nondimeno, non perde mai quella tensione – etica prima che narrativa – che lo caratterizza fin dall’inizio, informandone efficacemente tutta la trama. Il contrasto tra il fuori e il dentro – anche semplicemente nella forma di una luce al neon luminosa, che annuncia un cambiamento di cui dietro le sbarre può arrivare solo un’eco – è costantemente evocato, esplicitamente e non; così come viene esplicitamente richiamata (in modo chiaro e netto, ma mai con toni smaccatamente da pamphlet) l’ipocrisia di una politica che, a ogni cambio (apparentemente) radicale di regime, sceglie quasi sempre gli accomodamenti col vecchio, l’impunità per i responsabili meno in vista e la sacrificabilità degli “invisibili”. Ivi compresi quelli come Manuel e Pino, che la visibilità l’hanno conquistata facendo rumore, anche per tutti quelli che non hanno voluto, o potuto, fare altrimenti.
Scheda
Titolo originale: Modelo 77
Regia: Alberto Rodríguez
Paese/anno: Spagna / 2022
Durata: 126’
Genere: Drammatico, Thriller
Cast: Iñigo de la Iglesia, Julián Valcárcel, Nacho Marraco, Aimar Vega, Alfonso Lara, Carles Sanjaime, Catalina Sopelana, Fernando Tejero, Iñigo Aranburu, Javier Beltrán, Javier Gutiérrez, Javier Lago, Jesús Carroza, Miguel Herrán, Mikel Losada, Polo Camino, Roberto Garrido, Víctor Castilla, Xavi Mira, Xavi Sáez
Sceneggiatura: Rafael Cobos, Alberto Rodríguez
Fotografia: Alex Catalán
Montaggio: José M. G. Moyano
Musiche: Julio de la Rosa
Produttore: Alberto Félez, José Antonio Félez, Jaime Garcia Armengol, Gervasio Iglesias, Domingo Corral
Casa di Produzione: Movistar+, Atípica Films
Distribuzione: Movies Inspired
Data di uscita: 08/06/2023