QUEL MALEDETTO FILM SU VIRZÌ

QUEL MALEDETTO FILM SU VIRZÌ

Stefano Petti, insieme ai sodali Alessio Accardo e Gabriele Acerbo, realizza con Quel maledetto film su Virzì un (non) documentario sghembo, vitale e per certi versi irresistibile: un lavoro che diverte e si diverte assemblando di tutto e di più sull’oggetto della ricerca/ossessione dei tre amici, con spirito sanamente anarchico e ottima consapevolezza. Nella sezione Storia del Cinema della 18a Festa del Cinema di Roma, poi su Sky e NOW dal 1 novembre.

Stalking Virzì

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Tra gli oggetti cinematografici più curiosi e divertenti visti in questa 18a edizione della Festa del Cinema di Roma c’è senz’altro questo Quel maledetto film su Virzì, sghembo e atipico documentario sul regista di Ferie d’agosto e Siccità presentato nella sezione Storia del Cinema. Il film, diretto da Stefano Petti e realizzato da quest’ultimo insieme ai sodali Alessio Accardo e Gabriele Acerbo (gli ultimi due già autori, nel 2010, del libro biografico My Name is Virzì – L’avventurosa storia di un regista di Livorno) sembra fin dal titolo voler rifuggire dall’idea classica di documentario, guardando piuttosto ad altri lidi, e a un rapporto più diretto ed esplicitamente affettivo con l’oggetto da rappresentare: è davvero “maledetto”, il lavoro realizzato dai tre amici e documentaristi, perché basato su una mole impressionante di materiale raccolto lungo dieci anni di frequentazioni di set, di interviste più o meno casuali e/o “rubate”, aneddoti carpiti da amici, familiari e collaboratori del regista, immagini di repertorio, di cui alcune inedite, altre originariamente destinate a diversi scopi. Il collage che ne viene fuori, come i tre sembrano a più riprese (neanche tanto velatamente) suggerire, non può che essere consapevolmente disuguale, eppure animato da quello spirito punk e anarchicamente vitale che – come viene fuori con chiarezza dallo stesso ritratto del regista livornese – informa lui stesso e il suo modo di rapportarsi al suo lavoro.

Un (non) ritratto onnicomprensivo. Per ora.

Quel maledetto film su Virzì: un'immagine del regista Paolo Virzì
Quel maledetto film su Virzì: un’immagine del regista Paolo Virzì

Incorniciato da un’introduzione e una “postfazione” di Gianni Canova (la cui presenza è essa stessa, in fondo, una provocazione: un accademico per presentare un lavoro per sua natura libero e non-strutturato) Quel maledetto film su Virzì sembra nascere da un’idea avuta dai tre intorno al 2013, epoca delle loro prime incursioni – in gran parte inserite nel montato finale – sul set di Il capitale umano. Tuttavia, basta la visione dei primi minuti di film per rendersi conto che l’idea – magari in forma non del tutto compiuta – covava probabilmente nella mente dei tre amici già da molto tempo prima, visti i tanti incroci che il trio ha avuto (perlopiù separatamente) col regista livornese e coi vari personaggi che intorno a lui hanno gravitato. Prima ancora dei classici Ferie d’agosto e Ovosodo (al film del 1997, e ad alcune sue memorabili sequenze, viene dedicata in particolare un’ampia parentesi) il film va persino a evocare il misconosciuto (e, a quanto viene raccontato, praticamente rinnegato) lavoro d’esordio, l’indipendente Paso Doble: ma il materiale pre-2013 presente nel film è ampio, al punto da dare l’impressione di voler davvero offrire un ritratto il più possibile onnicomprensivo del personaggio; un proposito che, come più volte viene ironicamente ricordato nel film, di solito viene riservato agli artisti non più in vita, non certo a quelli ancora in piena attività.

“Meta” all’ennesima potenza

Quel maledetto film su Virzì: un'immagine del documentario
Quel maledetto film su Virzì: un’immagine del documentario

Quel maledetto film su Virzì, in effetti, si allontana dichiaratamente dalla struttura del documentario classico anche per un altro motivo: il film del trio Petti-Acardo-Acerbo (coadiuvati in sceneggiatura da Enrico Pacciani, che ha prodotto l’operazione) sceglie da subito la strada del metacinema e della riflessione consapevole sulle difficoltà stesse della realizzazione, sulla sua natura e sull’idea che la muove: le interviste, le sequenze di repertorio e gli spezzoni dai set sono intervallate dalle immagini dei tre ripresi frontalmente in sala montaggio, perlopiù durante quel biennio 2020-2021 in cui gran parte del cinema (e dell’Italia tutta) era ferma a causa della pandemia. Questo filo conduttore, sorta di “dietro le quinte” che è in realtà un “davanti”, vista la sua natura dichiaratamente scoperta, mostra il processo creativo, i battibecchi, gli scazzi e gli scontri che alla fine hanno dato origine al prodotto finito: anche qui, è difficile capire quanto ci sia di autentico, quanto di fittizio, e quanto di magari ricostruito (e magari abbellito/abbruttito) sulla base di interazioni reali. In un passaggio, i tre parlano addirittura esplicitamente dell’idea di metacinema, dopo che, a margine di un’intervista sul set, abbiamo visto entrare in campo la troupe stessa; uno di loro dice senza mezzi termini che “è una pessima idea, il metacinema è morto”, aprendo così un ulteriore livello meta. Se ne potrebbero aprire teoricamente infiniti, di livelli, visto che lo scopo sembra essere proprio quello di giocare col linguaggio del documentario e mescolare sempre più i piani di realtà/ricostruzione.

Il set sul set

Quel maledetto film su Virzì: una foto del documentario
Quel maledetto film su Virzì: una foto del documentario

Pur rifiutando la struttura classica del documentario biografico, quello che alterna narrazione e interviste frontali, Quel maledetto film su Virzì di interventi di persone che circondano e/o hanno circondato il regista ne conta tanti: tra coloro che, come riportato dai credits hanno partecipato al film in modo “più o meno volontario”, si annoverano Micaela Ramazzotti, Bobo Rondelli, Valerio Mastandrea, Carlo Virzì, Francesca Archibugi, Corrado Fortuna, Matilde Gioli, Massimo Ghini e Mario Sesti. La ferrea determinazione dei tre nel perseguire il loro progetto – determinazione che, come dichiarato nello stesso film, sfiora l’ossessione e lo stalking – trova l’esasperazione un po’ rassegnata di un Valerio Mastandrea (che forse, come dichiara a un certo punto Alessio Accardo, è restio a farsi intervistare perché ha scoperto la fede laziale del giornalista) nonché quella divertita ma anche curiosa dello stesso regista, che sembra a più riprese chiedersi, col suo sorriso aperto e tuttavia un po’ perplesso, dove i tre, alla fine, andranno a parare. Probabilmente, né lui né loro si sarebbero mai immaginati l’epilogo (?) di tutta questa stramba e stimolante esperienza: ovvero quello di finire cooptati loro stessi (leggasi: ripresi come comparse) nell’ultimo film del regista, Siccità. Documentaristi che, mentre lavorano, si ritrovano nel tessuto narrativo di un’opera di fiction: altro che metacinema, qui siamo ben oltre. Probabilmente, l’unico “finale” possibile per un lavoro come questo. O forse, come mostra l’ultimissima sequenza, non proprio…

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Scheda

Titolo originale: Quel maledetto film su Virzì
Regia: Stefano Petti
Paese/anno: Italia / 2023
Durata: 76’
Genere: Documentario
Cast: Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Massimo Ghini, Matilde Gioli, Corrado Fortuna, Paola Casella, Alessio Accardo, Bobo Rondelli, Carlo Virzì, Francesca Archibugi, Furio Scarpelli, Gabriele Acerbo, Giuliano Montaldo, Mario Sesti, Paolo Virzì, Pedro Armocida, Stefano Petti
Sceneggiatura: Alessio Accardo, Gabriele Acerbo, Enrico Pacciani, Stefano Petti
Fotografia: Eugenio Persico
Montaggio: Eugenio Persico
Produttore: Enrico Pacciani
Casa di Produzione: Alkermes
Distribuzione: Sky / NOW

Data di uscita: 01/11/2023

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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