THE PERFORMANCE

THE PERFORMANCE

Il film di Shira Piven ci porta al confine tra Arte e compromessi politici e umani, attraverso la storia di un ballerino ebreo di seconda generazione il cui talento viene scoperto e assoldato per esibirsi nientedimeno che di fronte a Adolf Hitler. Un limite per cui fermarsi a riflettere potrebbe far svanire la possibilità di esibirsi e mostrare la propria arte in pubblico, forse la cosa peggiore per un artista. The Performance è una bella storia raccontata con qualche inciampo nel linguaggio e nel tratteggio di alcuni personaggi, nella sezione Grand Public della 18a Edizione della Festa del Cinema di Roma.

Labili confini

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Esiste una netta separazione tra arte e politica, tra propaganda e intrattenimento? A un certo punto di The Performance, uno dei personaggi afferma di sì, sostenendo che l’arte ha il potere di “unificare”. Il quesito è quanto mai vivo se pensiamo ad esempio al recente ostracismo attuato nei confronti dell’arte russa o alla rinuncia di Zerocalcare al prossimo Lucca Comics. Con il film di Shira Piven andiamo un po’ più indietro nel tempo, esattamente al 1937. Il ballerino di tip tap Harold May (Jeremy Piven) si esibisce con successo in tournée in Europa con la sua compagnia composta da Carol (Maimie McCoy), il donnaiolo Benny (Adam Garcia) e il timido Paul (Isaac Gryn). Durante una di queste esibizioni il gruppo viene notato dal tedesco Fugler (Robert Carlyle, l’indimenticato Begbie di Trainspotting, sempre un piacere ritrovarlo) che gli propone, dietro cospicua offerta, di esibirsi al prestigioso Kick di Berlino. Quello che però la compagnia non sa è che dovrà esibirsi per il Führer. Harold porterà comunque avanti l’esibizione? Shira Piven, moglie di Adam McKay (premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale nel 2015 per La grande scommessa) adatta insieme a Josh Salzberg un racconto breve di Arthur Miller, trasportandoci piuttosto bene nell’età del jazz e di Ginger e Fred, un mondo su cui l’ombra della Guerra ancora non si è allungato del tutto.

Un problema di identità

The Performance, un'immagine del film di Shira Piven
The Performance, un’immagine del film di Shira Piven

La vicenda di The Performance pone prima di tutto un problema di tipo identitario che viene sottilmente svelato a poco a poco durante lo svolgersi della vicenda. Sia Harold che Fugler, infatti, non sanno due aspetti importanti l’uno dell’altro: il fatto che il primo è un ebreo di seconda generazione originario della Polonia e l’altro un ufficiale delle SS. L’origine del ballerino in particolare è un aspetto che viene inizialmente solo fatto intuire allo spettatore ma che poi inevitabilmente viene sempre più fuori con l’arrivo in Germania. È come se il protagonista e lo spettatore prendessero coscienza di quanto sia difficile essere ebreo (quando il personaggio conosce l’orchestra berlinese chiede con totale naturalezza a quest’ultima se conosce, ovviamente con scarso successo, Puttin’ On the Ritz di Irving Berlin) nella Germania di fine anni Trenta. La confessione finale delle proprie origini, nonostante il superamento delle visite mediche volte a rintracciare eventuali tratti fisici e somatici “inferiori”, assume così quasi i tratti di un atto liberatorio, come se fosse arrivato il momento di abbracciare una parte di sé prima negata. Del resto, Harold già a New York si esibisce ed è conosciuto con il cognome fittizio di May anziché Mankiovicz.

Con la cultura non si mangia

The Performance, un momento del film di Shira Piven
The Performance, un momento del film di Shira Piven

Di contro, Harold non si fa alcun problema nel nascondere invece la sua passione per il ballo nonostante la mancanza di approvazione dei genitori che sarebbero ben felici di vederlo lavorare con i tessuti nell’attività di famiglia. Un’identità, quella del protagonista, che quindi passa esclusivamente attraverso il canale dell’Arte. The Performance è un film che ne sottolinea fin da subito il potere catartico aprendosi con Harold che, solo nella sua stanza fatiscente di New York, danza in una sorte di trance avvolto dalla potenza del ballo e scandito dal rumore dei tacchi che sbattono sul pavimento. Un problema diffuso, quello dell’Arte, tanto in America quanto in Europa. I gestori dei locali balcanici, infatti, si dimostrano restii a pagare un congruo compenso alla compagnia per le loro esibizioni così come i colleghi americani, incapaci di prendersi la responsabilità anche del cattivo stato dei palcoscenici. A fare da mecenate è paradossalmente l’ambiguo Fugler che rimane estasiato dalla performance di Harold e della sua compagnia ed è disposto a pagarli lautamente, e a offrigli privilegi e onori una volta arrivati a Berlino. Perché “ai migliori spetta solo il meglio”. La beffa è quindi evidente: a riconoscere il grande valore artistico e le capacità di Harold e della sua compagnia è proprio la Germania nazista. Diventa dunque lecito chiedersi se la cosa più importante sia avere un pubblico a prescindere dalla sua tipologia.

Una performance di nome e di fatto

The Performance, una sequenza del film di Shira Piven
The Performance, una sequenza del film di Shira Piven

Jeremy Piven è al centro di tutta la pellicola con una performance (appunto) praticamente da infuocato ballerino professionista di tip tap. L’attore, fratello della regista, converge tutto il conflitto del suo personaggio nel viso, nel linguaggio del corpo e nel suo biondo ciuffo, grazie anche a una regia che mantiene l’azione sempre in movimento, seppur inframmezzata spesso e volentieri con filmati d’archivio. The Performance mostra in maniera inequivocabile il tormento di un uomo in bilico tra il pensare a sé stesso e le conseguenze delle scelte compiute che coinvolgono però inevitabilmente anche altre persone, come gli altri membri della compagnia che restano forse un po’ troppo abbozzati. Il risultato appare così nel suo complesso non propriamente fluido a livello di linguaggio e di narrazione, ma con al centro una vicenda cruda che ci lascia alzare dalla poltrona in sala con una domanda che riassume tutto: cosa faremmo noi se ci trovassimo nei panni di Harold?

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Locandina

The Performance, la locandina originale del film di Shira Piven

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Scheda

Titolo originale: The Performance
Regia: Shira Piven
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 112’
Genere: Drammatico
Cast: Jeremy Piven, Robert Carlyle, Adam Garcia, Alba Ramadani, Annette Lober, Daniel Finkelman, David Uzsák, Frantisek Beles, Isaac Gryn, Jared Grimes, Lara Wolf, Lukás Frlajs, Maimie McCoy, Malky Goldman, Maxi Blaha, Patrick McCartney, Steven Berkoff, Suzanne Shepherd, Tony Herbert, Utsava Kasera, Vansh Luthra, Veronika Strapková, Viktória Valúchová
Sceneggiatura: Shira Piven, Josh Salzberg
Fotografia: Lael Utnik
Montaggio: Oona Flaherty, Jessica Hernández, Michael Hofacre
Musiche: Lucas Lechowski
Produttore: Jeremy Piven, Malky Goldman, Jenny Shakeshaft, Chaya Amor, Alex Verba, Daniel Finkelman, Bill Dawes, Sety Guchi, Tony Herbert, Adam G. Simon
Casa di Produzione: Daniel Finkelman Films, Sparks Go, FrameFilm SK

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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