ANSELM
di Wim Wenders
Nello splendore di un 3D portentoso, assistito da risoluzione in 6K – così andrebbe sperimentato, se possibile - arriva nelle sale italiane Anselm, il documentario diretto da Wim Wenders e dedicato alla vita e all’arte del pittore e scultore tedesco Anselm Kiefer.
Ritratto dell’artista da bambino, adulto, vecchio
È la vita parallela di Wim Wenders, il documentario. Sicuro, lui negherebbe, perché l’etichetta presuppone una gerarchia (cinema di finzione, poi il documentario) odiosa e non è così che ragiona la mente di un artista. Forse è la chance per una creatività più sfrenata (a suo modo era così anche per Fellini) e meno oppressa dalle aspettative del pubblico e dall’impazienza della critica. Ultimamente, va detto, il documentario è stato il mezzo espressivo di riferimento di Wim Wenders. Anche perché, non bisogna nasconderselo, le cose con il cinema di finzione non è che siano andate granché bene. La tiepida accoglienza di tanti, troppi film è un impaccio per un regista poco dotato; per un maestro, è un’ipoteca al contrario sulla carriera. Poi è arrivato il 2023, la resurrezione creativa, il trionfo (anche di pubblico, anche da noi) di Perfect Days, da Cannes agli Oscar. Viene da lì, dalla Croisette, anche Anselm, il secondo Wenders del 2023, documentario in 3D e risoluzione 6K sulla vita e le opere del pittore e scultore tedesco Anselm Kiefer. Lucky Red, reduce dalla calorosissima accoglienza ricevuta da Perfect Days, lo porta in sala a partire dal 30 aprile 2024.
Il 3D, la profezia mancata
Il 3D è la profezia che non sa realizzarsi. Da settant’anni il cinema si trastulla, con la tecnologia e la chimera di rinnovamento formale, senza andare più in là della ciclica ed effimera esplosione di entusiasmo, di un paio di titoli di successo e del senso di occasione mancata da tenere vivo fino all’inevitabile ritorno di fiamma. Documentario, in 3D per altro, era Pina (2011); Wenders lo aveva girato per Pina Bausch, la leggendaria ballerina e coreografa tedesca morta nel mezzo della lavorazione. Si trattava, all’epoca – non era l’unico e provarci, c’era anche Martin Scorsese con Hugo Cabret (2012) – di nobilitare la tecnologia mettendone l’intrinseca spettacolarità al servizio di un tipo di storia più sofisticata, servendosi della sua popolarità per restituire una parvenza di appetibilità commerciale al cinema d’autore. Funzionò, se funzionò, per i singoli film, mai come movimento strutturato. A Wim Wenders questo non interessa più. Il suo 3D ha ragione di esistere ed è intonato alla storia che Anselm racconta.
Il senso di Wim Wenders per il documentario
Wim Wenders ha girato documentari per e su padri nobili e iconiche ispirazioni (Lampi sull’acqua – Nick’s Movie, 1980 e Tokyo-Ga, 1985), ha celebrato mezzi, sguardi e personalità altre (Pina, 2011 e Il sale della terra, 2012), ha approfittato dell’occasione per scambiare quattro chiacchiere con la contemporaneità (Papa Francesco – Un uomo di parola, 2018). Anselm è cinema documentario, umanista, trasversale; scavare l’arte e la vita di Anselm Kiefer è l’occasione per raccontare la Germania, il paese di entrambi, il regista e il pittore-scultore, che tanto ha influito sulla storia del Novecento e spesso per il verso sbagliato. In nessun modo si può parlare di un documentario convenzionale. Nessuna cronologia lineare; fatta eccezione per un paio di materiali di repertorio, l’approccio è fieramente antigiornalistico – zero interviste, niente talking heads – anche perché l’idea è di lasciare che sia la voce fuori campo dell’artista, meglio ancora, le opere, a parlare, a fare il lavoro sporco. Evocando le influenze illustri, coltivate al limite dell’ossessione, il filosofo tedesco Martin Heidegger e il poeta rumeno naturalizzato francese scampato all’Olocausto Paul Celan. Precisando i riferimenti indispensabili, la mitologia nordica e il repertorio storico-popolare tedesco. Alludendo, infine, alla valenza polemica della sua arte: la leggendaria serie fotografica “Besetzungen” (Occupazioni) lo ritrae mentre effettua il saluto nazista con indosso la divisa della Wermacht di suo padre, per scuotere, questa era l’idea, l’intorpidita coscienza morale della Germania post-bellica incapace di ragionare sulle sue colpe. Delle polemiche, più forti in patria e meno all’estero, dove del gesto si sottolineò soprattutto la valenza radicale e il monito alle coscienze, si racconta il giusto. Il focus è sul rapporto tra arte, tempo e memoria: capire come il tempo, individuale e collettivo, forgia la personalità dell’uomo e dell’artista.
Una tridimensionalità necessaria
C’è spazio per quel tanto di ricostruzione scenica, di artificio e finzione, che serve come il pane a un documentario in aperta rotta di collisione con le convenzioni. Il passato di Anselm Kiefer ritorna, costantemente, nelle scene e gli episodi dell’infanzia e l’età adulta, ricostruiti alludendo sottilmente all’influenza che il passato dell’uomo ha esercitato sul presente, l’eterno presente, dell’artista. Il bambino è interpretato da Anton Wenders, il nipote del regista. L’adulto, da Daniel Kiefer, il figlio dell’artista, e basta questo a mettere in discussione il confine tra verità e artificio in maniera vitale e interessante. Il 3D virato in 6K di Anselm è un cinema dalla spettacolarità portentosa, luminoso e leggero. La macchina da presa si muove con una fluidità e una disinvoltura impensabile dieci anni fa. Il 3D regala profondità al pensiero dell’artista, spessore alla ricostruzione biografica, carnalità all’opera, che si offre allo spettatore nella sua forza plastica e sofferta. Anselm è, contemporaneamente, lo scavo nell’esistenza e nel pensiero di un artista e una riflessione sulle possibilità (narrative, didattiche, espressive) del cinema alle prese con la vita, l’arte e la Storia. Racconta Anselm Kiefer, e insieme allude ai fantasmi che agitano l’arte e il cinema di Wim Wenders. L’uomo, ogni uomo, è la somma di pensieri, parole, immagini, memoria, tempo, Storia, paese. La tridimensionalità, qui, è la forma del racconto, l’elementare dimensione della vita e il riflesso della personalità e della visione dell’artista, modellata sull’intreccio di influenze e memoria. Anselm racconta l’opera, il gesto dell’autore, la vita dell’uomo, e la confusione organizzata del dietro le quinte.
Locandina
Gallery
Scheda
Titolo originale: Anselm – Das Rauschen der Zeit
Regia: Wim Wenders
Paese/anno: Germania / 2023
Durata: 93’
Genere: Documentario
Cast: Anselm Kiefer, Anton Wenders, Daniel Kiefer, Ingeborg Bachmann, Joseph Beuys, Martin Heidegger, Paul Celan
Sceneggiatura: Wim Wenders
Fotografia: Franz Lustig
Montaggio: Maxine Goedicke
Musiche: Leonard Küßner
Produttore: Andreas Pense, Stephan Mallmann, Karsten Brünig
Casa di Produzione: Road Movies Filmproduktion
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 30/04/2024