TO KILL A MONGOLIAN HORSE
In To kill a Mongolian Horse di Xiaoxuan Jiang, un approccio registico che fa di un ruvido realismo il proprio cavallo di battaglia si è rivelato la soluzione vincente per mettere in scena la storia non di uno, ma di tanti uomini che si trovano a un bivio importante della loro esistenza. All’81esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Giornate degli Autori.
La natura incontaminata e un turismo sempre più imperante, sempre più prepotente. Quante realtà rischiano, oggi, di diventare un vago ricordo a causa della globalizzazione? E, soprattutto, possono davvero attività e attrazioni turistiche mantenere viva la memoria di antiche tradizioni? La regista mongola Xiaoxuan Jiang ha provato a raccontare per immagini una delle tante realtà del genere nel suo secondo lungometraggio, To kill a Mongolian Horse, presentato in anteprima in concorso alle Giornate degli Autori, in occasione dell’81a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Scelte difficili
Come affermato dalla stessa regista, dunque, To kill a Mongolian Horse prende spunto da eventi realmente accaduti e ci racconta, così, la storia del mandriano Saina, il quale vive insieme a suo padre nella steppa mongola e, mentre di giorno è solito occuparsi del suo allevamento di pecore e dei suoi cavalli, alla sera si esibisce in costume con il suo cavallo per i turisti. Le sue condizioni economiche, tuttavia, sono piuttosto precarie. Alcuni uomini d’affari cinesi vorrebbero acquistare i suoi animali. Che fare, dunque? Rinunciare a ciò che è stata da sempre la sua vita (facendo in modo che anche il suo figlioletto, che vive insieme alla madre, possa avere un futuro più tranquillo) o lottare con le unghie e con i denti per far sì che il mondo in cui è nato e cresciuto possa continuare a esistere?
Contrasti
To kill a Mongolian Horse, dunque, è la fotografia sbiadita di una realtà che rischia di svanire per sempre. Le steppe sconfinate, trattate dalla regista alla stregua di vere e proprie protagoniste, sembrano lontane anni luce dal mondo globalizzato e stanno quasi a “proteggere” il nostro Saina dal resto del mondo. Eppure, anche questi luoghi stanno per essere “invasi” e sfruttati al massimo, dato il loro appeal e le loro numerose potenzialità. A tal proposito, particolarmente interessante è il contrasto visivo tra la natura più incontaminata e gli interni di ristoranti lussuosi o di teatri. Due mondi apparentemente molto lontani l’uno dall’altro, il cui inevitabile incontro/scontro va a rompere importanti equilibri.
Realismo “contaminato”
In To kill a Mongolian Horse, dunque, un approccio registico che fa di un ruvido realismo il proprio cavallo di battaglia si è rivelato la soluzione vincente per mettere in scena la storia non di uno, ma di tanti uomini che si trovano a un bivio importante della loro esistenza. Un realismo ben studiato che si concede qualche eccezione soltanto nel momento in cui vediamo i cavalli sfilare sul palco con cavalieri in costume e variopinti drappi di stoffa (particolarmente d’impatto è, in questo caso, il mondo in cui la regista ha saputo valorizzare le loro figure e i loro movimenti) o quando ci vengono mostrate riprese direttamente da droni che i costruttori cinesi fanno volare sopra le sconfinate pianure.
Un talento promettente
Xiaoxuan Jiang, dal canto suo, ha prestato attenzione a ogni minimo dettaglio, lavorando spesso e volentieri di sottrazione e regalandoci immagini bellissime di una realtà che in pochi possono dire di conoscere davvero. Una realtà che con i suoi grandi spazi aperti ci fa sentire piccoli piccoli e che sul grande schermo ci arriva con tutta la sua magnetica potenza visiva. To kill a Mongolian Horse è, dunque, un’altra chicca della presente selezione veneziana. Un film che conferma ancora una volta il talento di una giovane regista che chissà quante altre belle sorprese ci riserverà in futuro.
Locandina
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Scheda
Titolo originale: To Kill A Mongolian Horse
Regia: Xiaoxuan Jiang
Paese/anno: Malesia, Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Hong Kong / 2024
Durata: 100’
Genere: Drammatico
Cast: Qilemuge, Qinartu, Saina, Tonggalag, Undus
Sceneggiatura: Xiaoxuan Jiang
Fotografia: Tao Kio Qiu
Montaggio: Zale Zheng
Produttore: Zhulin Mo
Casa di Produzione: Da Huang Pictures