IL TRENO DEI BAMBINI

IL TRENO DEI BAMBINI

Presentato nella sezione Grand Public della 19a Edizione della Festa del Cinema di Roma, poi dal 4 dicembre su Netflix, Il treno dei bambini è un’opera dedicata a tutti i bambini e alle madri delle guerre. Tratto dal bestseller di Viola Ardone (2019, Einaudi) il film di Cristina Comencini fa della semplicità e linearità il suo pregio principale per raccontare una vicenda molto probabilmente sconosciuta ai più.

Storie poco note

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Quanti di noi sono a conoscenza del trasferimento di centinaia di bambini del sud che, su iniziativa del Partito Comunista nell’Italia dell’immediato dopoguerra, venivano mandati al nord per essere temporaneamente accolti dalle maggiori possibilità di altre famiglie? A prescindere dal numero di mani alzate, c’è la certezza di essere nell’ambito di quelle vicende storiche poco note riguardanti molto spesso il mondo degli infanti. Storie quindi che per una volta trovano forma compiuta su schermo e non solo nell’universo letterario: vengono in mente, ad esempio, la condizione di bambini e ragazzi coinvolti nell’Unione Sovietica delle due guerre mondiali e della Rivoluzione raccontata in opere come Besprizornye di Luciano Mecacci (2019, Adelphi) oppure in Gli ultimi testimoni di Svetlana Aleksievic (2016, Bompiani). Il primo pregio di Il treno dei bambini, nuova regia di Cristina Comencini, è sicuramente quello di raccontare in primis una vicenda molto probabilmente sconosciuta.

Treni verso nord

Il treno dei bambini, Christian Cervone in una scena del film
Il treno dei bambini, Christian Cervone in una scena del film

L’iniziativa viene quindi accettata e portata avanti da Antonietta (Serena Rossi) per il figlio Amerigo (Christian Cervone) un bambino di otto anni che, per essere salvato dagli stenti in una Napoli dell’immediato dopoguerra, viene mandato nel modenese dov’è accolto dalla militante Derma (Barbara Ronchi). Come sarà l’ambientamento in un contesto completamente diverso e soprattutto il ritorno a casa? L’anteprima del film alla Festa del Cinema di Roma è stata introdotta da un breve concerto della JuniOrchestra (l’orchestra dei giovani dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia) e di Serena Rossi; l’iniziativa, totalmente a sorpresa (una manna per i ritmi serrati del festival), ha visto l’esecuzione di due arrangiamenti dei brani originali del film composti dal premio Oscar Nicola Piovani e di Uocchie C’arraggiunate di Roberto Murolo. L’esibizione ha introdotto quindi Il treno dei bambini nella sua tematica principale, l’amore materno, tramite uno degli elementi portanti della vicenda rappresentato proprio dalla musica.

“Chi ti ama ti lascia andare”

Il treno dei bambini, Serena Rossi e Christian Cervone in una scena del film
Il treno dei bambini, Serena Rossi e Christian Cervone in una scena del film

La figura di Amerigo permette quindi di affrontare due aspetti. Il primo è quello dell’infanzia che ha nell’Arte un’ancora di salvezza e uno strumento di consapevolezza di sé nel passaggio all’adolescenza. Il secondo è il tema della maternità attraverso la contrapposizione di due madri e dunque lo sdoppiamento del tessuto narrativo del film ambientato nella Napoli dei Quartieri Spagnoli e poi nelle campagne del modenese. Il treno dei bambini è storia di madri ma ovviamente anche di donne: alla praticità e alla durezza dell’Antonietta di Serena Rossi, vittima per necessità di un guappo napoletano, corrisponde la condizione di maggior emancipazione della Derma di Barbara Ronchi, che vive in un contesto nettamente diverso in cui la supremazia maschile resta comunque al di sopra di tutto. Una storia che pone ovviamente interessanti riflessioni sul dualismo di madre naturale e madre acquisita ai cui vertici c’è Amerigo.

Un affare di famiglia

Il treno dei bambini, Stefano Accorsi in una scena del film
Il treno dei bambini, Stefano Accorsi in una scena del film

Cristina Comencini torna così dietro la macchina da presa cinque anni dopo Tornare, e lo fa nello stesso anno in cui anche la sorella Francesca arriva al cinema con Il tempo che ci vuole.Se quest’ultima è un’opera dedicata alla figura del padre, anche Il treno dei bambini sembra un chiaro rimando ad alcune delle tematiche paterne. La sceneggiatura è firmata dalla stessa regista con la figlia Camilla Dugay (nipote di Cristina e figlia della sorella Francesca), Giulia Calenda, Furio Andreotti, quest’ultimi due condivisi con C’è ancora domani (con tanto di David di Donatello per la miglior sceneggiatura). Appare quindi sempre più evidente come per parlare del presente si senta la necessità di raccontare un passato non troppo lontano, considerata ad esempio anche l’uscita recente di L’ultima volta che siamo stati bambini di Claudio Bisio. Stavolta ci troviamo davanti a un’opera che ricorda come a volte linearità e semplicità funzionino, anche al prezzo di qualche elemento posticcio, come la “cornice” narrativa ambientata nel 1994. Nessuna strizzatina pop o elementi che richiedono una certa sospensione dell’incredulità da scambiare come ardire narrativi, probabilmente anche grazie al testo di partenza che blocca eventuali voli pindarici. E ci potrà essere ancora un domani per un cinema onesto.

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Locandina

Il treno dei bambini, la locandina del film

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Scheda

Titolo originale: Il treno dei bambini
Regia: Cristina Comencini
Paese/anno: Italia / 2024
Durata: 105’
Genere: Drammatico
Cast: Francesco Di Leva, Barbara Ronchi, Antonia Truppo, Dora Romano, Serena Rossi, Stefano Accorsi, Beatrice Schiros, Gennaro Apicella, Ivan Zerbinati, Christian Cervone, Domenico Rea, Jacopo Pagano Guerrieri, Lorenzo Neri, Lucio Morano, Mariarosaria Mingione, Monica Nappo, Sophia Cecere
Sceneggiatura: Cristina Comencini, Furio Andreotti, Camille Dugay, Giulia Calenda
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Patrizio Marone, Esmeralda Calabria
Musiche: Nicola Piovani
Produttore: Carlo Degli Esposti, Nicola Serra
Casa di Produzione: Palomar
Distribuzione: Netflix

Data di uscita: 04/12/2024

Trailer

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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