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di Zach Cregger

Arrivato a tre anni da Barbarian, Weapons conferma il talento e la capacità di decostruzione degli stilemi del genere di Zach Cregger; l’evidente ambizione del progetto, tuttavia, nonché la bulimia tematica e narrativa a celare (volutamente) la sua autentica anima, finiscono per nuocere in parte alla sua efficacia.
Armi di decostruzione di massa
Tra gli horror programmati per questa seconda parte di estate, a sfidare la tradizionale chiusura di gran parte delle sale cinematografiche, sono stati due in particolare – entrambe opere seconde – a suscitare una speciale curiosità tra spettatori e critica specializzata: da una parte Bring Her Back – Torna da me, dolente incubo familiare che ha confermato, e consacrato, il talento degli australiani Philippou Bros.; dall’altra questo Weapons, oscuro secondo lavoro di quel Zach Cregger che si era già imposto all’attenzione della critica col precedente Barbarian. Si presenta come “oscuro”, il film di Cregger, innanzitutto in virtù di un titolo che – come già fu per la sua opera prima – si fa dapprima fatica ad associare al soggetto; ma anche per un plot che sembra enfatizzare una componente da mistery sovrannaturale che, nello specifico, si colora da subito di toni da fiaba nera. Una colorazione resa immediatamente esplicita dall’infantile voce fuori campo, che introduce lo spettatore nella vicenda di un gruppo di bambini di una cittadina misteriosamente scomparsi alla stessa ora della notte, avviatisi contemporaneamente fuori dalle rispettive case e mai più tornati. I bambini dispersi coprono praticamente nella sua interezza una classe della scuola locale, rimasta vuota con l’eccezione di un unico superstite, il piccolo Alex Lilly. Il mistero si addensa man mano che il tempo passa e i dispersi non vengono ritrovati, facendo convergere le domande principali tanto sul piccolo Alex, quanto sull’insegnante della classe, Justine Gandy.
Sguardi (e orrori) di provincia

Se il tema dell’infanzia e il focus sulla realtà di provincia – con la varietà di tipi umani che la popola – rimandano fin da subito alla narrativa di Stephen King, le parole con cui Cregger ha presentato il film rivelano l’ambizione di girare una sorta di Magnolia in chiave horror, moltiplicando personaggi, ottiche e piani temporali. Una formula che invero non nasce col classico di Paul Thomas Anderson, e che negli ultimi decenni ha sostenuto la narrazione di opere appartenenti ai generi più vari (si pensi a L’innocenza di Hirokazu Koreeda); qui, la sceneggiatura scritta dallo stesso Cregger sceglie di suddividere il film in sei capitoli, ognuno legato al nome e allo sguardo di un singolo personaggio: la già citata insegnante Justine (interpretata da Julia Garner), il sospettoso e determinato Archer Graff (Josh Brolin), padre di uno dei bambini scomparsi, il poliziotto Paul Morgan, ex compagno di Justine, il preside della scuola Andrew Marcus, il tossicomane James – testimone casuale di eventi che potrebbero contribuire a sbrogliare il mistero – e infine il piccolo superstite Alex. Una moltiplicazione di ottiche che, se da un lato rivela la notevole ambizione del film – che volente o nolente, molto più del già citato Bring Her Back, va a collocarsi in un ormai folto filone di elevated o arthouse horror – dall’altro si rivela essere uno stratagemma quasi beffardo; una sorta di maschera atta a coprire, come un vero e proprio travestimento, l’anima autentica del film. Un’anima che Weapons svela del tutto nella sua ultima parte, ricollegandosi da un lato all’impianto fiabesco delineato dall’incipit, dall’altro a quella concezione più istintiva e ferina del genere – quella che guarda agli anni ‘70, e al marciume tra provincia e wilderness di classici come Non aprite quella porta e Le colline hanno gli occhi – già evocata dall’esordio del regista.
Il genere nobilitato. O debilitato?

Proprio in questa doppia faccia attentamente e programmaticamente ricercata, espressa ancora una volta nella tattica del depistaggio (ancor più marcato che in Barbarian) sta insieme il fascino e il limite principale del film. Arrivando alla fine della visione di Weapons – e in particolare dopo aver assistito agli ultimi, ferocissimi 40-45 minuti – si finisce per chiedersi se fosse proprio necessario un coté tanto elaborato, e una narrazione così sovraccarica di spunti tematici (l’alcolismo e lo stigma di una piccola comunità, le difficoltà di comunicazione familiare, il senso di solitudine e inadeguatezza di un tutore della legge, il bullismo scolastico e la metafora – infine trasparente – del titolo) per raccontare una storia che pare dispiegare tardi, e in modo inevitabilmente solo parziale, il suo autentico potenziale. Ha un’anima feroce e nerissima, il film di Cregger, ma sembra tenerci a nasconderla ben più del dovuto, caricandosi nel frattempo di suggestioni che – vittima in un certo senso delle sue stesse ambizioni – riesce a sviluppare solo in parte: la moltiplicazione di sguardi non restituisce (quasi) mai dei personaggi tridimensionali, e alla fine a risaltare sono soltanto due-tre di loro, lasciando il vissuto degli altri – compreso quello più malato e orrorifico – in massima parte sullo sfondo. Ci si chiede, insomma, quanto la scelta di depistaggio e “nobilitazione” narrativa del genere portata avanti da Cregger corrisponda a un’autentica scelta espressiva, e quanto sia invece solo una sorta di vezzo autoriale. Ripensando a Barbarian, in fondo – e andando con la mente, in particolare, al flashback che svelava il contesto della storia, ponendola nella sua ottica anche politica – viene da concludere che non sempre la logica della moltiplicazione (dei punti di vista, delle suggestioni, delle sovrastrutture narrative ed estetiche) va d’accordo con l’efficacia del messaggio. Così, ci si gusta volentieri Weapons per tutti i suoi 128 minuti di durata, e si rinnova l’ammirazione per l’abilità e il gusto per la destrutturazione del genere di Zach Cregger; ma con un fondo di sottile, e ben avvertibile, amaro in bocca.
Locandina

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Scheda
Titolo originale: Weapons
Regia: Zach Cregger
Paese/anno: Stati Uniti / 2025
Durata: 128’
Genere: Horror
Cast: Benedict Wong, Josh Brolin, Alden Ehrenreich, Julia Garner, Toby Huss, Austin Abrams, Jaymes Butler, June Diane Raphael, Melissa Ponzio, Amy Madigan, Aubrey Brockwell, Callie Schuttera, Carrie Gibson, Cary Christopher, Clayton Farris, Khalani Simon-Barrow, Kristy Concepcion, Luke Speakman, Sarah Kopkin, Sergio Duque, Whitmer Thomas
Sceneggiatura: Zach Cregger
Fotografia: Larkin Seiple
Montaggio: Joe Murphy
Musiche: Zach Cregger, Hays Holladay, Ryan Holladay
Produttore: J.D. Lifshitz, Raphael Margules, Roy Lee, Miri Yoon, Zach Cregger
Casa di Produzione: Warner Bros., New Line Cinema, BoulderLight Pictures, Subconscious, Vertigo Entertainment
Distribuzione: Warner Bros.
Data di uscita: 06/08/2025
