BUGONIA
Richiamando dai suoi film precedenti i fidati Emma Stone e Jesse Plemons, imbastendo una storia di complotti, manipolazioni, presunti alieni e reale alienazione, Yorgos Lanthimos confeziona con Bugonia un deragliante thriller che riflette, con piglio grottesco, sulle degenerazioni politiche, economiche e sociali del mondo occidentale. La fonte originale è una pellicola sudcoreana del 2003, ma le ossessioni e le “soluzioni” messe in scena sono tutte nostre e contemporanee.
L’”alienante” allegoria thriller di Yorgos Lanthimos
Dopo il grande break internazionale del 2023 di Povere creature!, e il successivo ritorno a una dimensione apparentemente più piccola (ma non meno ambiziosa) con Kinds of Kindness, Yorgos Lanthimos si cimenta per la prima volta, con questo Bugonia, in un remake. La fonte originale è una pellicola sudcoreana, precisamente il thriller del 2003 Jigureul jikyeora! (letteralmente: Salvare la terra!): e in effetti, se è vero che i temi del nuovo film di Lanthimos vanno a inserirsi agevolmente in quella che si è ormai definita come una vera e propria poetica (con riferimento speciale all’ossessione, al possesso e alla manipolazione) è pur vero che un afflato debitore alla cinematografia sudcoreana dell’ultimo ventennio emerge chiaramente dalla trama di Bugonia. Lo scontro di classe che fa da sostrato all’intera narrazione – quello che porta i due stralunati protagonisti, interpretati da Jesse Plemons e Aidan Delbis, a rapire la ricca CEO di un’azienda farmaceutica, col volto di Emma Stone – si è in effetti progressivamente consolidato come tema ricorrente del cinema (anche di genere) di quelle latitudini; questo già da molto tempo prima che il successo di Parasite, nel 2019, lo portasse all’attenzione del pubblico internazionale. E tuttavia, nessun periodo sembra invero più adatto di questo – e nessuna ambientazione più confacente a quella dell’America rurale contemporanea – a (ri)narrare quella che è anche una storia di alienazione prima che di presunti alieni, di manipolazioni vere e complotti ipotizzati, di marginalità e desiderio di vendetta. In questo senso, compiendo un’operazione per certi versi demodé (il trend dei remake occidentali di film asiatici sembra essersi esaurito ormai da almeno un decennio) il regista greco sembra aver scelto, in una storia di oltre vent’anni fa, il soggetto ideale per parlarci soprattutto del presente. Non solo di quello americano.
Solitudine, paranoie e manipolazioni

Il tema del complottismo rimane inevitabilmente in primo piano, in un film che inizia con una lunga requisitoria pronunciata dal personaggio di Teddy Gatz (Plemons) su come la multinazionale farmaceutica Auxolith stia provocando l’estinzione delle api tramite i suoi prodotti chimici; e, soprattutto, su come questa operazione rientri in realtà in una strategia di lungo termine mirata al controllo mentale del genere umano da parte di una subdola specie aliena mimetizzatasi sulla Terra, gli Andromediani. Proprio questa convinzione spinge Teddy e il solitario cugino Don (Delbis) a rapire Michelle Fuller (Stone), CEO di Auxolith nonché datrice di lavoro dello stesso protagonista; Teddy è infatti convinto che la donna sia in realtà un’andromediana sotto mentite spoglie, e mira col suo rapimento – col favore dell’imminente eclissi lunare – a contrattare con la razza extraterrestre un loro ritiro dal pianeta. Ma di fatto le azioni dei due giovani uomini, come scopriremo presto, sono in realtà dettate soprattutto dal desiderio di vendetta di Teddy verso la stessa multinazionale, per un “incidente” con un farmaco sperimentale che provocò gravi danni a una persona a lui cara. Dal rocambolesco rapimento in poi, il plot di Bugonia si svilupperà prevalentemente tra le quattro mura della prigione di Michelle, contrassegnato da un sottile gioco psicologico di prevaricazione, manipolazione e strategie di sopravvivenza, la cui posta in palio è la vita di ognuno dei tre protagonisti.
Rivelazioni rimosse

Dicevamo che l’argomento delle teorie del complotto al centro del film di Yorgos Lanthimos (in realtà vecchio all’incirca quanto la modernità, e forse anche precedente) si innesta molto bene tra i motivi cinematografici ricorrenti degni di caratterizzare questi anni; questo è vero in particolare laddove il medium-cinema – in particolar modo quello di intrattenimento, categoria nella quale lo stesso Bugonia, pur coi dovuti distinguo, rientra – è sempre stato capace di intercettare umori e tensioni già serpeggianti nella società, dando forma tanto alle sue ossessioni palesi, quanto al rimosso. Viene in mente, ovviamente, la recente pandemia di Covid-19 e la sua troppo veloce archiviazione, che è anche quella di uno scontro sociale praticamente senza precedenti – che in Italia abbiamo sperimentato con particolare virulenza, ma che ha coinvolto nelle sue linee fondamentali gran parte del pianeta – rivelatosi capace da un lato di esasperare, dall’altro di portare alla luce tensioni, ossessioni e paure già serpeggianti nel mondo occidentale. L’incapacità di larghi strati della popolazione di ragionare sulla complessità, la polarizzazione e semplificazione di opinioni dell’epoca social, la percezione epidermica di un potere politico/economico davvero manipolatorio, ma parimenti capace di celarsi (e alimentarsi) dietro la caricaturale rappresentazione che ne danno gli ambienti cospirazionisti, sono tutti temi che la pandemia ha fatto esplodere, anche al cinema: un po’ come un bubbone infetto infine scoppiato, o come il classico vaso di Pandora rovesciato. E non è un caso che Bugonia giunga nei cinema contemporaneamente ad altri due film che trattano, pur in modi molti diversi, i suoi stessi temi: parliamo ovviamente del discusso Eddigton di Ari Aster (e non a caso lo stesso Aster è presente qui nelle vesti di produttore) ma anche del dramma familiare & Sons, esordio in lingua inglese dell’argentino Pablo Trapero appena presentato alla Festa del Cinema di Roma.
Lirismo cimiteriale

Tuttavia, fedele tanto alla sua matrice originale, quanto all’evoluzione stilistica di un cineasta piantato ormai con tutti e due i piedi (a modo suo) nel mainstream hollywoodiano, Bugonia è innanzitutto un prodotto di intrattenimento: un excursus grottesco in salsa thriller e (potenzialmente) sci-fi nel cuore della provincia americana impoverita, tanto apparentemente povero nella confezione – a partire dal formato 1.33:1 dell’inquadratura e dalla grana esibita del digitale – quanto in realtà studiato nella sua ricerca sugli spazi, nell’uso insistito delle carrellate e dei grandangoli tipico di Lanthimos, nella resa visiva di una realtà già distorta e resa folle dall’azione di tutti i personaggi che la abitano. Nello sviluppo del racconto, il regista prende in giro in modo palese gli stilemi del torture porn e di tutto il sottogenere thriller basato sulla prigionia, si fa beffe della fragilità esibita dei suoi carcerieri (non solo dell’ingenuo Don, ma anche del deragliato Teddy, ben interpretato da Plemons), mentre trasforma la sua Emma Stone da emblema di un rampantismo neoliberista sempre più ipocrita nei suoi proclami di inclusività e pretesa libertà (“voi dovete sapere che alle 17 e 30 siete liberi di andare a casa dalle vostre famiglie… sempre se avete concluso il vostro lavoro”, proclama la dirigente ai suoi sottoposti) ad animale in gabbia che tenta di giocare con gli improbabili carcerieri sul terreno che meglio conosce, quello della manipolazione. Un approccio parodistico tanto apparentemente innocuo e indolore, quanto scioccante (letteralmente) quando la violenza invece esplode, senza preavviso e non senza un certo, divertito sadismo verso lo spettatore. Il “gioco” del regista, alimentato dall’ambiguità ma lucido nel suo intento di satira sociale, viene spinto forse troppo in là (sia quanto a durata fisica del film, sia in termini di rivolgimenti narrativi) e la sua risoluzione potrà forse apparire troppo per parte del pubblico. Tuttavia, la conclusione di Bugonia, nella sua allegra cimiterialità, ha la sua forza e il suo lirismo. E gli intenti del regista greco, ancora una volta, sono stati sostanzialmente centrati.
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Scheda
Titolo originale: Bugonia
Regia: Yorgos Lanthimos
Paese/anno: Corea del Sud, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Irlanda / 2025
Durata: 118’
Genere: Commedia, Drammatico, Fantascienza, Thriller
Cast: Jesse Plemons, Emma Stone, Alicia Silverstone, Aidan Delbis, Atsushi Nishijima, Cedric Dumornay, Fredricka Whitfield, J. Carmen Galindez Barrera, Janlyn Bales, Marc T. Lewis, Momma Cherri, Rafael Lopez Bravo, Roger Carvalho, Stavros Halkias, Teneisha Ellis, Vanessa Eng, Yaisa
Sceneggiatura: Will Tracy
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio: Yorgos Mavropsaridis
Musiche: Jerskin Fendrix
Produttore: Will Greenfield, Lars Knudsen, Andrew Lowe, Jerry Kyoungboum Ko, Miky Lee, Ari Aster, Ed Guiney, Kasia Malipan, Yorgos Lanthimos, Emma Stone
Casa di Produzione: Fremantle, Square Peg, Fruit Tree, Focus Features, Pith Quest Films, Element Pictures, CJ ENM
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita: 23/10/2025

