THE UGLY STEPSISTER

THE UGLY STEPSISTER

Esordio nel lungometraggio per la regista norvegese Emilie Blichfeldt, The Ugly Stepsister rilegge la fiaba di Cenerentola in chiave di body horror satirico d’ambientazione gotica; il talento c’è, lo spirito iconoclasta pure, ma si poteva forse osare ancora di più in termini di cattiveria. Presentato in anteprima europea al Trieste Science+Fiction Festival, in uscita nelle sale italiane il 30 ottobre.

Di vermi, scarpette insanguinate e mannaie

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La rivisitazione in chiave horror delle fiabe è tutt’altro che una novità, per il cinema; lo stesso immaginario fiabesco, d’altronde, per com’è stato tramandato e rimodellato lungo i secoli, ha sempre mantenuto in sé un’inestricabile componente oscura, tale da renderlo particolarmente adeguato a essere interpretato in chiave di genere. Rispetto alle tante operazioni analoghe, comunque (tra le più recenti si ricordi Gretel e Hansel, diretto da un ispirato Oz Perkins; ma la lista sarebbe molto lunga) questo The Ugly Stepsister prova anche a spostare l’ottica del racconto originale, oltre a caricarlo, come ci si aspetta, di graficità e violenza. Quello di Cenerentola, d’altronde, è probabilmente l’archetipo che è stato in assoluto più permeato dall’immaginario disneyiano nel corso degli ultimi decenni – anche in virtù di una versione live action, datata 2015, mediamente più riuscita di gran parte delle rivisitazioni analoghe che sarebbero seguite; al punto che la componente più oscura del mito di Cinderella risulta oggi, probabilmente, più difficile da cogliere nella sua essenza. Tuttavia, come si diceva, il film dell’esordiente norvegese Emilie Blichfeldt sceglie una via sicuramente originale per arrivarci, senza tuttavia forzare troppo il mito nelle sue componenti di base: l’idea di partenza è raccontare la storia che tutti conosciamo dal punto di vista della sorellastra maggiore Elvira, romantica ma povera e anonima sognatrice, assurta ad (anti)eroina in luogo della fisicamente perfetta (ma meschina) Agnes/Cenerentola. Una scelta d’ottica che, oltre al più ovvio rovesciamento di prospettive, conferirà anche al racconto una marcata impronta iconoclasta e di genere (e, ancora una volta, l’espressione può essere qui interpretata nella doppia accezione di gender e di genre).

L’antieroina promessa

The Ugly Stepsister, Lea Myren in un primo piano tratto dal film
The Ugly Stepsister, Lea Myren in un primo piano tratto dal film

La prima cosa che colpisce, di questo The Ugly Stepsister, è il marcato coté gotico in cui è immerso, al punto che dapprima sembra di essere, più che in una rivisitazione di Cenerentola, in un film di Roger Corman degli anni ‘60 o ‘70. La stessa virata in rosso della sequenza iniziale, con la carrozza che trasporta le tre donne ripresa mentre si approccia verso il castello (un maniero da incubo più che da sogno, come diverrà presto evidente) pare addirittura richiamare volutamente l’effetto-acetosi delle vecchie pellicole; ma anche l’uso insistito dello zoom, evidente fin dalle prime scene, che guarda tanto a Corman quanto al nostro Mario Bava, pare voler collocare il film in un preciso immaginario vintage, tale anche da svincolarlo dai toni normalmente sobri e gelidi degli horror di produzione scandinava. La “freddezza” (semplifichiamo, ovviamente) di quel cinema è anzi quanto di più distante si possa immaginare da questo esordio di Emilie Blichfeldt: a emergere con tutta evidenza fin dai primi minuti di The Ugly Stepsister, prima ancora della sua componente orrorifica, è infatti il suo tono da black comedy che – laddove rielabora una fiaba – sembra guardare innanzitutto, sardonicamente, al presente. Il romanticismo caricaturale del personaggio di Elvira (un’efficace Lea Myren) rende subito chiaro che l’empatia si giocherà su un tono diverso da quello che può caratterizzare il personaggio reietto, per di più quasi sempre secondario, di una fiaba; quella a cui ci troviamo di fronte si presenta davvero come un’antieroina, caratterizzata da una dabbenaggine talmente esibita – oltre che da una fisicità che la pone da qualche parte tra un brutto anatroccolo in versione gotica, e la Mia Goth sul punto di impazzire di Pearl – da rendere tutt’altro che inimmaginabile la sua prossima virata vero la follia. E sappiamo pure che con ogni probabilità, come spettatori – anche quando compirà azioni non proprio edificanti – saremo dalla sua parte.

I veri “cattivi”

The Ugly Stepsister, Lea Myren e Isac Calmroth in una scena del film
The Ugly Stepsister, Lea Myren e Isac Calmroth in una scena del film

L’elemento più interessante, ma in un certo modo anche il limite principale, di The Ugly Stepsister, è proprio quello di non aver mirato alla mera rilettura in chiave horror della storia di Cenerentola, puntando anzi ambiziosamente a “giocare” con determinati temi (l’ossessione per la forma fisica, un ideale di bellezza perfetto quanto irraggiungibile, l’equazione “bellezza=sofferenza” esplicitamente enunciata da un personaggio del film) tali da presentare ovvie risonanze col mondo contemporaneo. In questo senso la regista, presentando l’universo femminile, nel suo complesso, come oggetto di un’oppressione priva di sbocchi che non siano la violenza, l’autoannullamento/autodistruzuione o la fuga – opzioni non mutualmente esclusive, ma anzi tutte presenti nell’arco narrativo della protagonista – evita il rovesciamento manicheo di prospettive, stimolando anzi un certo grado di (pietosa) empatia per lo stesso personaggio di Agnes, e persino per quello della matrigna Rebekka. I veri personaggi negativi del film di Emilie Blichfeldt sono semmai gli uomini, seppur con diverse gradazioni di sgradevolezza: a cominciare dal vecchio nobile Otto – la cui dipartita, a inizio film, non ci provoca un gran dispiacere, e il cui cadavere lasciato in pasto ai vermi, a decomporsi, è forse interpretabile come l’unica, futile “vendetta” che le tre donne possono architettare ai suoi danni – per finire col gretto e sessista principe Julian, contorniato dai altrettanto detestabili suoi compagni di scorribande.

La catarsi parziale

The Ugly Stepsister, Lea Myren in un'agghiacciante sequenza
The Ugly Stepsister, Lea Myren in un’agghiacciante sequenza

The Ugly Stepsister, nonostante il suo cinismo da black comedy e l’esibita patina di genere, si carica così di ambizioni da elevated horror che però non trovano un adeguato contraltare (come succedeva per esempio in un più riuscito, recente esempio di body horror come Together) nel gore più liberatorio e nella “festa della carne” che ci si aspetterebbe; il film dell’esordiente regista norvegese resta invece, in definitiva, piuttosto controllato nella sua componente più grafica, ma in qualche modo inibisce così facendo anche il potenziale tragico dello stesso personaggio principale (con le suggestioni evocate dalla stessa, accennata estetica “anti-supereroistica” della maschera indossata dalla ragazza per quasi metà film). La catarsi, insomma, alla fine è solo parziale: ci si poteva probabilmente spingere ancora oltre, perché le potenzialità, dato il materiale e le ambizioni dichiarate, c’erano. Ma si può scegliere, comunque, di vedere il bicchiere mezzo pieno: stando attenti, ovviamente, che non ci sia dentro anche un piccolo uovo di tenia, visti gli effetti (non proprio) imprevedibili che la sua ingestione potrebbe comportare.

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Locandina

The Ugly Stepsister, la locandina italiana del film di Emilie Blichfeldt

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Scheda

Titolo originale: Den stygge stesøsteren
Regia: Emilie Blichfeldt
Paese/anno: Svezia, Danimarca, Norvegia, Romania, Polonia / 2025
Durata: 109’
Genere: Horror, Commedia, Drammatico, Fantastico
Cast: Adam Lundgren, Ane Dahl Torp, Katarzyna Herman, Kyrre Hellum, Philip Lenkowsky, Agnieszka Zulewska, Albin Weidenbladh, Cecilia Forss, Flo Fagerli, Isac Aspberg, Isac Calmroth, Lea Myren, Malte Gårdinger, Oksana Czerkasyna, Ralph Carlsson, Staffan Kolhammar, Thea Sofie Loch Næss, Willy Ramnek Petri
Sceneggiatura: Emilie Blichfeldt
Fotografia: Marcel Zyskind
Montaggio: Olivia Neergaard-Holm
Musiche: John Erik Kaada, Vilde Tuv
Produttore: Maria Ekerhovd, Ada Solomon, Lizette Jonjic, Mariusz Wlodarski, Theis Nørgaard
Casa di Produzione: Film i Väst, Mer Film, Motor, Scanbox Entertainment, Lava Films, Zentropa International Sweden
Distribuzione: I Wonder Pictures

Data di uscita: 30/10/2025

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Giornalista, critico cinematografico, saggista. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it, Quinlan.it e Cineclandestino.it. Dal 2018 al 2023 sono stato consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Ho partecipato ai volumi collettivi "Le forme della violenza. Cinema e dintorni" (Edizioni Efesto, 2018), "Almanacco TUPS. Nuovi disturbi autistici" (LEM Libraria, 2022) e "La triade dell'autismo. Etica, epistemologia, attivismo" (LEM Libraria, 2024). Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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