DRACULA – L’AMORE PERDUTO

DRACULA – L’AMORE PERDUTO

Tornando ancora una volta, nel 2025, all’archetipico vampiro di Bram Stoker, Luc Besson punta a risvegliarne il potenziale romantico, consolidato nei decenni dal cinema più che dal suo stesso creatore; il suo Dracula – L’amore perduto trova senz’altro una via originale al soggetto (anche se il paragone con Coppola è sempre lì, dietro l’angolo) ma vive di un contrasto troppo stridente tra consapevole decostruzione autoriale, e sberleffo kitsch teso a neutralizzare l’empatia. Presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma, dal 29 ottobre in sala.

Il Conte riluttante

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Un ulteriore adattamento del Dracula originale di Bram Stoker, nel 2025, può apparire come un atto provocatorio, volutamente fuori tempo massimo, non privo di un suo fascino in certo qual modo “perdente” in partenza. Una scommessa tanto “sicura”, nel poter contare quantomeno su una base di pubblico minima (alla fine stiamo pur sempre parlando di un archetipo, capace di attrarre per le sue caratteristiche intrinseche) quanto forse poco avveduta a livello artistico, visto lo sfruttamento più che ampio a cui il soggetto è stato sottoposto da oltre un secolo a questa parte: versioni più o meno filologiche, plagi, riletture capaci di mettere in evidenza l’uno o l’altro aspetto della storia, parodie. Questo è ancor più vero laddove le derivazioni artisticamente più nobili del romanzo di Stoker – la mente va innanzitutto al Nosferatu di Murnau, nato come “plagio” e consolidatosi come un classico della storia del cinema – hanno a loro volta stabilito dei sotto-canoni, capaci di generare loro propri epigoni con caratteristiche specifiche (e qui, ovviamente, il riferimento d’obbligo è al recente, discusso e affascinante remake di Robert Eggers). Un altro sotto-canone introdotto dal grande schermo, forse meno rigido nella sua codificazione, ma non meno significativo per l’evoluzione del personaggio, è quello romantico: una componente (questo va specificato) pressoché assente dalla concezione originale del vampiro di Bram Stoker, che tuttavia il cinema ha gradualmente inserito nella sua mitologia e sviluppato: un po’, probabilmente, per le sue caratteristiche intrinseche, un po’ per ragioni di natura puramente industriale e commerciale. Un filone che, prima ancora di dar vita al sottogenere vampiresco del gothic romance, era stato esaltato da quel “tradimento” d’autore (ma le virgolette sono d’obbligo, per tanti motivi) che fu il Dracula di Bram Stoker, diretto nel 1992 da Francis Ford Coppola. E ora, di fronte a questo nuovo Dracula – L’amore perduto per la regia da Luc Besson – che fin dal titolo dichiara inequivocabilmente la sua collocazione – il paragone con Coppola diventa quasi automatico. A prescindere che fosse o meno nelle intenzioni del regista francese.

Romanticismo irrazionale e ferino

Dracula - L'amore perduto, Caleb Landry Jones e Zoë Bleu in una sequenza romantica
Dracula – L’amore perduto, Caleb Landry Jones e Zoë Bleu in una sensuale sequenza

Iniziamo col dire che a Besson va dato atto di non aver confezionato quello che forse era più facilmente immaginabile (stando a quanto si vedeva nel trailer e soprattutto nel look del personaggio interpretato da Caleb Landry Jones) ovvero un remake tal quale del film coppoliano: se è vero che questo Dracula – L’amore perduto (il sottotitolo originale era un ancor più inequivocabile A LoveTale) omaggia quel modello nella sua fase iniziale – oltre che ovviamente nella concezione di base del personaggio – va detto che lo sviluppo si distacca poi da quella traccia in modo abbastanza netto. La dilatazione, da parte della sceneggiatura, della frazione ambientata nel ‘400 – nel prologo ma anche nel successivo, lungo flashback che dà forma al racconto del Conte – punta a contestualizzare meglio la frazione ottocentesca, a sua volta reambientata in una Parigi in procinto di celebrare il centenario della sua rivoluzione. Torna quindi, pur nel contesto di un contenitore pop come ci si aspetta da Besson, il contrasto tra una modernità borghese che ha ormai imposto il suo dominio sulla società civile (colta proprio nella culla del suo primo emergere) e la carnalità di un passato ridotto a fantasma, a inquieta e mai doma creatura undead; un passato che tuttavia rifiuta di restarsene confinato tra le nebbie della storia, o recluso nei sotterranei di un ospedale psichiatrico, e che a lungo andare neanche le catene – quelle imposte al personaggio della Maria interpretata da Matilda De Angelis, un originale mash-up tra le figure di Lucy Westenra e del servo Renfield – possono contenere. Ancora una volta, solo l’altra forza ereditata dal passato, ovvero quella della religione – qui incarnata da una versione sacerdotale di Van Helsing interpretata da Christoph Waltz, altra interessante introduzione della sceneggiatura – può fronteggiare quell’oscurità che i lumi della ragione borghese non sono riusciti a ricacciare nel passato. Un’oscurità che anche qui si nutre di quella concezione istintuale, ferina e totalizzante del sentimento romantico – e l’eredità di Coppola si fa più marcata – tale da contrapporsi totalmente alla razionalità borghese, quella dell’istituzione familiare come nucleo sociale fondamentale.

I due Besson

Dracula - L'amore perduto, un tenebroso Caleb Landry Jones in una sequenza
Dracula – L’amore perduto, un tenebroso Caleb Landry Jones in una sequenza

Alla luce delle stimolanti premesse, quindi, ma anche di una sceneggiatura che non ha paura di spingere la destrutturazione postmoderna del soggetto fino alle sue estreme conseguenze (si vedano i grotteschi tentativi di suicidio del Conte appena mutato in vampiro, o l’allucinata veste da dandy seduttore che gli consente – in modo quasi casuale – di costruire quello che diverrà il suo harem) è un peccato che Besson non sembri credere fino in fondo nella validità autoriale della sua lettura, sentendo il bisogno di appesantirla con una fastidiosa patina kitsch; una patina che quando esonda, e purtroppo succede spesso, dai confini della consapevole decostruzione (i flashback già citati, o la disarmante inettitudine del Jonathan Harker col volto di Ewens Abid) finisce per avvicinarsi pericolosamente alla barzelletta goliardica, o alla parodia di grana più grossa. È come se Besson, a ogni scena, volesse ricordare allo spettatore di essere sì l’autore che tra gli anni ‘80 e ‘90 fu capace di passare dall’epopea sportivo/biografica di Le Grand Bleu al noir popolare di Nikita e Leon; ma anche – e soprattutto – il Re Mida del blockbuster francese che nei primi anni 2000 creò un multimilionario modello produttivo simil-hollywoodiano, capace di intercettare in anticipo mode e tendenze (non solo cinematografiche) e di sfornare in serie prodotti totalmente piegati a quelle istanze; prodotti tali da lasciare ai margini ai margini qualsiasi velleità creativa e narrativa. Così, l’ingresso nel castello del Conte di uno spaesato Harker – goticamente memore tanto di suggestioni hammeriane, quanto del prologo del già citato, recente Nosferatu di Eggers – viene seguito subito dall’ingresso in scena di un esercito di troll/schiavi digitali che ricordano un po’ gli Ewoks, un po’ i Minimei dello stesso Besson (e che più tardi si riveleranno abilissimi anche nelle arti marziali); così il Dracula di Landry Jones, dopo aver bevuto il sangue di un topolino appena ucciso – incurante di un Harker comicamente distratto tra le sue scartoffie – trova il modo di imitare Harry Potter muovendo a comando stoviglie e persino crocefissi; prima di mutarsi, qualche scena dopo, in un emulo altrettanto grottesco di Lord Voldemort, forse per un malinteso senso di par condicio.

Tra vertiginose vette e fragorose cadute

Dracula - L'amore perduto, Caleb Landry Jones danza con Zoë Bleu
Dracula – L’amore perduto, Caleb Landry Jones danza con Zoë Bleu

E, per tutte le sue oltre due ore di durata, di fatto, Dracula – L’amore perduto procede esattamente su questa falsariga: un bel pezzo di regia, un momento di cinema di derivazione classica – o anche di sua consapevole rivisitazione ironica – viene seguito da una discesa a capofitto nel trash, in una goliardia fine a se stessa che sembra solo celare la mancanza di reali soluzioni estetiche capaci di svecchiare gli archetipi a beneficio del pubblico del 2025. Si arriva alla fine del film con sentimenti contrastanti, avvolti dal potente romanticismo della storia (merito anche del commento sonoro di un sempre efficace Danny Elfman) e dai contrasti cromatici di una fotografia che, quando non viene affogata nel digitale, riesce a estrarre efficacemente l’anima più romantica del soggetto; ma anche respinti dalla trivialità di certe soluzioni estetiche, indecisi se maledire il regista francese per aver abilmente preso in giro chi guarda, o ritenerlo semplicemente preda di una radicale indecisione (sul tono da adottare e sul taglio da dare all’opera) che si prolunga per tutta la durata del film. Ci sono casi in cui i contrasti di atmosfere, le collisioni stridenti di toni narrativi, danno vita a opere memorabili: non è il caso, evidentemente, di Dracula – L’amore perduto, probabilmente per le peculiarità di un soggetto che voleva una direzione precisa e un’impronta più chiara in termini di mood e registro narrativo. In questo modo, si resta incastrati insieme ai personaggi in una terra di mezzo tra paradiso e inferno, che il finale sembra risolvere nella diegesi, ma che resta a tormentare chi guarda (indeciso anche su un’obiettiva valutazione del film) per lungo tempo dopo la visione.

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Locandina

Dracula - L'amore perduto, la locandina italiana del film

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Scheda

Titolo originale: Dracula: A Love Tale
Regia: Luc Besson
Paese/anno: Francia / 2025
Durata: 129’
Genere: Horror, Sentimentale, Fantastico
Cast: Christoph Waltz, Ivan Franek, Caleb Landry Jones, Matilda De Angelis, Guillaume de Tonquédec, Affif Ben Badra, Arben Bajraktaraj, Aaron Guillemette, Alex Andréa, Anne Kessler, Bertrand-Xavier Corbi, David Shields, Ewens Abid, Haymon Maria Buttinger, Jassem Mougari, Karim Rakrouki, Liviu Bora, Nicola Puleo, Nicolas de Lavergne, Raphael Luce, Romain Levi, Thalia Besson, Zoë Bleu
Sceneggiatura: Luc Besson
Fotografia: Colin Wandersman
Montaggio: Lucas Fabiani
Musiche: Danny Elfman
Produttore: Mark Canton, Ryan Winterstern, Luc Besson, Philippe Corrot, Dorothy Canton
Casa di Produzione: EuropaCorp, Luc Besson Production, TF1 Films Production, Canal+, TF1, Télé Monté Carlo (TMC), Ciné+OCS, SND Films
Distribuzione: Lucky Red

Data di uscita: 29/10/2025

Trailer

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Giornalista, critico cinematografico, saggista. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it, Quinlan.it e Cineclandestino.it. Dal 2018 al 2023 sono stato consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Ho partecipato ai volumi collettivi "Le forme della violenza. Cinema e dintorni" (Edizioni Efesto, 2018), "Almanacco TUPS. Nuovi disturbi autistici" (LEM Libraria, 2022) e "La triade dell'autismo. Etica, epistemologia, attivismo" (LEM Libraria, 2024). Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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