EGGHEAD REPUBLIC

EGGHEAD REPUBLIC

Secondo lavoro degli svedesi Pella Kagerman e Hugo Lilja, Egghead Republic è un curioso esperimento di fantascienza ucronica, non sempre calibratissimo, ma comunque capace di sorprendere più volte e restituire abilmente un insieme di suggestioni tipicamente contemporanee. Il contenitore pop rischia sovente di depotenziare il tutto, ma alla fine riesce invece, a suo modo, a valorizzarlo. Al Trieste Science+Fiction Festival 2025.

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Parlando dei vari sottogeneri della science fiction, l’ucronia (racconto di un passato o di un presente ipotetici, frutto di uno sviluppo storico alternativo) è quello che forse è stato meno sperimentato dal cinema, almeno negli ultimissimi decenni. Suscita quindi istintivamente curiosità, un film come questo Egghead Republic, specie per come unisce e ricontestualizza due diversi momenti storici – la fine della guerra fredda negli anni ‘80, e le tensioni internazionali, unite alle degenerazioni di un certo modo di fare informazione, del primo decennio dei 2000 – in un modo interessante e originale. Sono molti i temi di un certo rilievo, nel secondo lungometraggio della coppia di registi svedesi composta da Pella Kagerman e Hugo Lilja (il primo era stato, nel 2018, la space opera Aniara – Rotta su Marte), che tuttavia qui utilizzano un contenitore volutamente rutilante e pop, per narrarli; la scelta è quella di tener salda una solida struttura di genere (non priva di impennate volutamente kitsch e grottesche) che nel corso della trama si contamina sempre più con suggestioni apparentemente estranee, fino a prendere una strada da spaccato sociale (ipotetico) che dapprima resta abilmente celata. Un lavoro – già presentato a Toronto, ora nel cartellone del 25o Trieste Science+Fiction Festival – che da un lato occhieggia a certa sci-fi indipendente (e un po’ lisergica) del cinema statunitense ed europeo degli anni ‘70, dall’altra non manca di un humour grottesco e destabilizzante di chiara marca scandinava.

Improbabili leggende e folli rivelazioni

Egghead Republic, un'immagine del film
Egghead Republic, un’immagine del film

Nel 2004 ipotizzato dal film, l’esasperarsi delle tensioni della guerra fredda ha portato all’esplosione di un ordigno nucleare nel Kazakistan sovietico: il risultato è l’istituzione di un’ampia zona rossa nel deserto kazako, altamente radioattiva e guardata a vista da una forza militare congiunta delle due superpotenze. Quando la ventiduenne Sonja (Ella Rae Rappaport), talentuosa vignettista, riesce a strappare una collaborazione col periodico Kalamazoo – una pubblicazione che mescola giornalismo d’assalto, approccio pop e taglio scandalistico – la ragazza viene convinta dallo spregiudicato editore Dino Davis (Tyler Labine) a seguire una squadra di reporter all’interno dell’area “proibita”. Lo scopo è quello di documentare le favoleggiate mutazioni genetiche presenti nell’area, dove sarebbero presenti centauri e creature mutanti di vario genere; la speranza di Sonja – lontana parente di un noto scrittore, che ha stabilito la sua base di lavoro proprio vicino alla zona incriminata – quella di poter realizzare la copertina per quello che potrebbe essere il servizio dell’anno per la rivista. Ma le cose presto si riveleranno più complesse di come apparivano, non solo per l’ingenua Sonja, e la verità forse peggiore persino delle più improbabili leggende.

Manipolazioni fuori e dentro lo schermo?

Egghead Republic, una foto del film
Egghead Republic, una foto del film

Nella sua prima parte, Egghead Republic accumula suggestioni pop apparentemente decontestualizzate, in bilico tra la viscida irruenza del proprietario del giornale (vero e proprio padre padrone per i suoi dipendenti, nonché scaltro manipolatore) e un coté lisergico che mescola i sogni e gli incubi della ragazza alle visioni indotte dai sempre più potenti mix di anfetamine e alcol, che il patron somministra generosamente a tutto il suo staff. In questo, il richiamo a un culto forsennato dell’esperienza estrema – che si rivela sempre più chiaramente come un nichilistico annullarsi per il vantaggio (ipotetico) del personaggio di Dino – si traduce in un andamento narrativo rapsodico, che alterna momenti di stasi ad altri di forsennata euforia (anche registica) punteggiata dall’istrionismo dell’editore/padrone e dalle visioni di Sonja. Invero il rischio del kitsch involontario, nel generoso utilizzo di queste ultime, è sempre dietro l’angolo – anche a causa di un digitale tendenzialmente cheap, non sempre adeguato; per tutta la prima parte del film di Pella Kagerman e Hugo Lilja ci si domanda dove il racconto voglia andare a parare, sospeso com’è tra spaccato sociologico (pur grottesco ed esasperato) sul mondo dell’informazione, e divertissment pop in salsa distopica. Arrivati a metà film, insomma, ed entrati insieme ai personaggi (e a una sempre più deragliata protagonista) nella “zona rossa”, ci si domanda se quello che stiamo subendo noi stessi non sia che un grossolano tentativo di manipolazione, speculare a quello del personaggio del viscido editore.

Ma il cerchio infine si chiude. O quasi.

Egghead Republic, un momento del film
Egghead Republic, un momento del film

Tuttavia, nella sua seconda parte, Egghead Republic riesce a dipanare in modo inatteso – e non privo di inventiva – la sua trama, sbrogliando la maggior parte dei nodi accumulati e portando il racconto in una direzione non scontata, probabilmente alternativa anche rispetto a quella che sembrava delinearsi a metà film. La sceneggiatura, liberamente ispirata al romanzo omonimo di Arno Schmidt, evoca in questo temi molto contemporanei, come la manipolazione dell’informazione e quella delle menti, il confine tra il racconto inevitabilmente parziale della realtà – quello consapevole della posizione dell’osservatore – e la deliberata distorsione, i compromessi realizzabili in nome dell’arte e il sacrificio dell’etica in nome del proprio lavoro. La vertigine dell’attività del reporter, e la sua potenziale capacità di piegare alle sue esigenze ogni morale, ricorda persino, in questo, il recente Civil War di Alex Garland; ma il focus, qui, è soprattutto sulla manipolazione e sullo sfruttamento spregiudicato di mezzi tecnologici e individui, ma anche sui labirinti oscuri di un potere che si rivela impossibile da concepire, nelle sue degenerazioni, persino per il personaggio del viscido Dino Davis. Spunta anche in Egghead Republic, celata sotto una patina di innocuo (ma non poi così innocuo) divertissment, la riflessione sul complottismo e sulle fake news, sulle leggende metropolitane volutamente imbastite e fatte circolare da un potere sempre più mimetico, atte a celare una realtà persino più assurda e difficile da mandar giù rispetto alle illazioni più fantasiose. Arriva a questo risultato non senza indecisioni, il film di Pella Kagerman e Hugo Lilja, non senza cadute di tono e parentesi non centratissime: ma il cuore tematico del film, arrivati alla sua conclusione, risulta limpido e ben reso. E tanto (ci) basta.

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Scheda

Titolo originale: Egghead Republic
Regia: Pella Kagerman, Hugo Lilja
Paese/anno: Svezia / 2025
Durata: 94’
Genere: Fantascienza, Thriller
Cast: Arvin Kananian, Andrew Lowery, Anna-Lu Franz, Ella Rae Rappaport, Emma Creed, Gina Dirawi, Hussain Currimbhoy, Lara Golay, Merlin Leonhardt, Milan Dragisic, Stephen Rappaport, Tyler Labine
Sceneggiatura: Pella Kagerman, Hugo Lilja
Fotografia: Malin Gutke
Montaggio: Oskar Blondell
Musiche: Juhana Lehtiniemi
Produttore: Pella Kagerman, Nina Lund, Mattias Ehrenberg
Casa di Produzione: Film Stockholm, NonStop Entertainment, Film i Dalarna, Film på Gotland, YouSavedMe

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Giornalista, critico cinematografico, saggista. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it, Quinlan.it e Cineclandestino.it. Dal 2018 al 2023 sono stato consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Ho partecipato ai volumi collettivi "Le forme della violenza. Cinema e dintorni" (Edizioni Efesto, 2018), "Almanacco TUPS. Nuovi disturbi autistici" (LEM Libraria, 2022) e "La triade dell'autismo. Etica, epistemologia, attivismo" (LEM Libraria, 2024). Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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