COME PECORE IN MEZZO AI LUPI

COME PECORE IN MEZZO AI LUPI

Esordio nel lungometraggio di Lyda Patitucci, Come pecore in mezzo ai lupi cuce la struttura del crime movie intorno a un dramma psicologico e familiare ricco di nuances, in cui i personaggi si svelano, evolvono e si problematizzano nel corso del racconto. Un esempio di svecchiamento di temi e modalità narrative del genere, per il cinema italiano, di spessore e da sostenere.

Sia guardie che ladri

Pubblicità

Vera è una poliziotta sotto copertura, infiltrata da tempo in una banda di criminali di nazionalità serba: la donna è per il clan una fixer, ovvero colei che procura materiale (armi, soprattutto), mentre contemporaneamente informa i suoi capi sulle prossime mosse della banda, in attesa del momento giusto per l’arresto. Gaetano e Bruno sono invece due piccoli criminali italiani, conosciutisi in carcere, che sopravvivono con piccoli furti e rapine da poche centinaia di euro; il secondo, in particolare, vorrebbe staccarsi dall’ambiente criminale, per poter crescere in modo sano la figlioletta, già alle prese con una madre depressa e da tempo in rotta col compagno. Quando Gaetano propone a Bruno un colpo importante a un portavalori, da compiere sotto la direzione della banda dei serbi, la situazione si fa potenzialmente esplosiva: Bruno e Vera, infatti, sono fratello e sorella, seppur da tempo lontani. La donna, che riceve l’incarico di arrestare la gang proprio durante il colpo, dovrà così decidere se denunciare suo fratello o tentare un’impossibile conciliazione tra la sua missione e il suo legame familiare.

La redenzione impossibile

Come pecore in mezzo ai lupi, Tommaso Ragno in una scena
Come pecore in mezzo ai lupi, Tommaso Ragno in una scena del film

Nato sotto l’egida produttiva della Groenlandia di Matteo Rovere, vera factory di nuove leve del cinema italiano recente, questo Come pecore in mezzo ai lupi insegue con coerenza quella che è da sempre la mission produttiva della compagnia: quella, cioè, di svecchiare il cinema popolare italiano con temi e modalità narrative poco battute, recuperando il concetto di “genere” (e le sue formule narrative) ma dando contemporaneamente a esso una specificità locale e attuale, capace di andare oltre il riciclo di formule del passato e il mero ricalco dei modelli d’oltreoceano. Un proposito che questo lungometraggio d’esordio di Lyda Patitucci (già regista di seconda unità per film come Veloce come il vento e Il primo re, poi tra i registi della serie Netflix Curon) traduce in un teso neo-noir tutto immerso negli umori di una Roma vischiosa e opprimente nel suo ostinato trattenere a sé i personaggi, ripresa in gran parte di notte; un contesto in cui le identità e i ruoli si confondono, le solitudini si toccano e la redenzione, che sia intesa in senso meramente laico o religioso (come per il crudele capo dei serbi, Dragan, o per l’altrettanto fanatico padre di Vera), sembra impossibile.

Una violenza evocata

Come pecore in mezzo ai lupi, una scena del film
Come pecore in mezzo ai lupi, una scena del film di Lyda Patitucci

La sceneggiatura del film, nella tradizione del genere, sfuma e problematizza i ruoli e l’etica dei personaggi principali, introducendo la figura di Vera (una Isabella Ragonese che offre qui una delle sue migliori prove recenti) come un fascio di nervi sempre pronto a spezzarsi, con alle spalle storie di solitudine e rifiuto, non più certa del senso stesso del suo agire e della sua appartenenza; mentre suo fratello Bruno (il valido Andrea Arcangeli) viene presentato per contro come un pesce piccolo finito in una rete più grande di lui, ma paradossalmente più centrato della sorella nell’aver chiaro il suo scopo: quello di garantire a sua figlia un futuro migliore del suo. Due esistenze complementari, costrette a obiettivi divergenti e in cerca di un’impossibile (ri)conciliazione, proprio mentre intorno a loro la situazione si fa sempre più pericolosa, e cresce la consapevolezza che una mossa sbagliata potrebbe essere l’ultima. La violenza, in Come pecore in mezzo ai lupi, è quasi sempre suggerita, in un accumulo di tensione che procede di pari passo con le movenze nervose di Vera, con quelle increspature sul suo volto duro che indicano una fragilità che il tempo trascorso nella banda non può nascondere. Solo il duro incipit, e la sequenza conclusiva, rendono più esplicita una brutalità che per il resto è quasi sempre evocata, minacciata, e forse proprio per questo più dura da sostenere.

Il nero che interroga

Come pecore in mezzo ai lupi, Andrea Arcangeli in una scena
Come pecore in mezzo ai lupi, Andrea Arcangeli in una scena del film

La sceneggiatura mostra profondità ed equilibrio nello scavare nel vissuto dei personaggi, ridefinendoli parallelamente agli eventi, descrivendo archi narrativi credibili persino nelle figure minori (si pensi al piccolo criminale Gaetano, interpretato da Gennaro Di Colandrea, o al padre di Vera, inflessibile prete protestante col volto dell’ottimo Tommaso Ragno). La stessa protagonista, solitaria outsider priva di legami, evolve (o meglio: si svela) progressivamente, riconquistando un senso di sé – protettivo, non per forza e non solo in senso materno – proprio quando l’irruzione di suo fratello nella sua vita mette in crisi il suo innaturale, ma forse comodo, status quo. Questa attenzione precipua a psicologie sfaccettate e ricche di nuances rende il film di Lyda Patitucci un esperimento di genere particolarmente interessante, anche per come rinnova il crime senza stravolgerne le fondamenta: questi criminali e poliziotti, lungi dall’avere la statura epica di tanti loro omologhi televisivi (e non solo) sono molto, forse troppo, vicini a noi per temperamento e nodi da sciogliere. Proprio per questo, probabilmente, i momenti di violenza esplicita di Come pecore in mezzo ai lupi colpiscono più duro, in virtù di una credibilità che il film ha costruito nel suo racconto, con una tensione narrativa capace di appoggiarsi in modo proficuo all’introspezione psicologica. E poco importa, in questo senso, se l’ultima parte tende a stirare il racconto in modo forse eccessivo, e se qualche lungaggine – il subplot del cane della vicina della protagonista – spezza il ritmo qua e là: si esce dalla visione a disagio e soddisfatti, per come il genere noir (stavolta declinato in salsa nostrana) è riuscito di nuovo a interrogarci su temi sentiti più che mai come vicini. Senza dare risposte, ma facendo del peso delle domande la sua forza principale.

Pubblicità

Locandina

Come pecore in mezzo ai lupi, la locandina

Gallery

Scheda

Titolo originale: Come pecore in mezzo ai lupi
Regia: Lyda Patitucci
Paese/anno: Italia / 2023
Durata: 99’
Genere: Drammatico, Poliziesco, Thriller
Cast: Tommaso Ragno, Isabella Ragonese, Andrea Arcangeli, Gennaro Di Colandrea, Imma Villa, Carolina Michelangeli, Simone Pezzotti, Alan Katic, Aleksandar Gavranic, Clara Ponsot, Gabriele Portoghese, Milos Timotijevic
Sceneggiatura: Filippo Gravino
Fotografia: Giuseppe Maio
Montaggio: Giuseppe Trepiccione
Musiche: Ginevra Nervi
Produttore: Matteo Rovere
Casa di Produzione: Rai Cinema, Groenlandia
Distribuzione: Fandango

Data di uscita: 13/07/2023

Trailer

Dagli stessi registi o sceneggiatori

Pubblicità
Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.