IL SAPORE DELLA FELICITÀ

IL SAPORE DELLA FELICITÀ

Con Il sapore della felicità, Slony Sow firma il suo primo lungometraggio in un incontro culturale e attoriale tra Giappone e Francia: non sono soltanto le tradizioni culinarie a incontrarsi, ma gli sguardi di due diverse famiglie e storie, apparentemente separate da una distanza culturale incolmabile.

Il filo del destino

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Gabriel Carvin (Gérard Depardieu) è il protagonista di uno dei numerosi film dedicati al complesso mondo degli chef: qui, tuttavia, l’amore per la cucina e la grande competitività ad essa associati, diventano il mezzo per raccontare una storia di incontro tra culture e mondi differenti, riprendendo un tema già trattato dal regista Slony Sow nel precedente cortometraggio Grenouille d’Hiver (2011) sempre attraverso Gérard Depardieu e l’attrice giapponese Eriko Takeda.

La storia di Il sapore della felicità è incentrata sul celebre chef Carvin in un momento di grande successo professionale, ma anche di apatia e distacco verso la propria famiglia; in primis verso la moglie Louise (Sandrine Bonnaire), ma anche verso il figlio maggiore Jean (Bastien Bouillon), che tenta di seguirne le orme senza ricevere adeguati apprezzamenti dal padre.

A sostenere e incoraggiare Gabriel troviamo l’amico di sempre Rufus (Pierre Richard) e il figlio minore Nino (Rod Paradot) – il solo in famiglia a coglierne la grande sofferenza dietro l’apparente patina di cinismo.

Un viaggio verso l’ignoto

Il sapore della felicità, Gérard Depardieu in una scena
Il sapore della felicità, Gérard Depardieu in una scena del film

In questo scenario inizialmente molto drammatico il punto di svolta sarà scandito dall’infarto di Gabriel, evento che lo costringerà a mettersi di fronte ai propri demoni e alla propria infelicità; sarà infatti attraverso un ricordo apparentemente casuale che il celebre chef si ricorderà di una bruciante sconfitta subita da giovane, e della curiosità di scoprire il segreto dell’umami, il cosiddetto quinto sapore – oltre al salato, dolce, amaro, piccante.

In condizioni fisiche perlopiù molto difficoltose Gabriel partirà perciò per il Giappone, con il solo avvallo dell’amico Rufus, alla ricerca dello chef giapponese Tetsuichi Morita (Kyozo Nagatsuka) che lo aveva sconfitto nel 1978 grazie al “segreto” dell’umami. L’incontro con lo chef, che oltretutto lavora in un umile ristorante, sancirà anche l’incontro tra le due famiglie: in primo luogo con la figlia di Tetsuichi Fumi (la bravissima Eriko Takeda) e poi anche con la giovane nipote.

Una miriade di fili che si intrecciano

Il sapore della felicità, Pierre Richard e Gérard Depardieu in una scena
Il sapore della felicità, Pierre Richard e Gérard Depardieu in una scena del film

Il perno dell’intera trama di Il sapore della felicità, nonché il cuore del film, risiede proprio nell’arrivo fisico (e simbolico) dello chef francese in Giappone, in un’ottica di incontro/scontro con l’altro da sé e l’ignoto, nel momento in cui ogni speranza di felicità sembra persa; ed è forse proprio in questo gioco tra dramma e commedia, sapore del tragico e ironia, che il regista Sow riesce a restituire allo spettatore una visione del mondo molto complessa e articolata. Proprio come l’umami, che non è né dolce né salato, che è oltre e al di là degli altri sapori, eppure ha una portata specifica, quest’opera di Sow sembra voler raccontare la miriade di sfumature dell’esperienza umana, senza negarne nessuna. In questa prospettiva, l’esperienza di Gabriel andrà ad incontrare quella di Tetsuichi, ma determinerà anche l’incontro tra il figlio minore Nino e la nipote dello chef giapponese, mentre – parallelamente – il figlio maggiore Jean dovrà sostenere l’intero peso del ristorante.

Un po’ come in Babel (2006) di Alejandro González Iñárritu diversi fili si intrecciano, volendo suggerire come vi sia un senso anche laddove tutto sembra assurdo e senza la minima speranza; fili e personaggi che, tuttavia, avrebbero necessitato di piani di approfondimento ulteriori e che invece si risolvono passando da un’iniziale atmosfera drammatica alla leggerezza della commedia brillante in maniera, probabilmente, troppo netta e repentina.

Una buona prova quindi, quella di Il sapore della felicità, che farà sorridere il cuore dello spettatore, ma che avrebbe avuto bisogno di più cura e attenzione per portare a compimento le numerose suggestioni e direttrici narrative messe in campo.

Locandina

Il sapore della felicità, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Umami
Regia: Slony Sow
Paese/anno: Francia, Giappone / 2022
Durata: 105’
Genere: Commedia, Drammatico
Cast: Pierre Richard, Bastien Bouillon, Gérard Depardieu, Sandrine Bonnaire, Antoine Duléry, Rod Paradot, Sumire, Zinedine Soualem, Akira Emoto, Alexander Schuster, Assa Sylla, Eriko Takeda, Francis Ressort, Kyôko Koizumi, Kyôzô Nagatsuka, Mame Yamada, Marceau Ebersolt, Misuzu Hiratsuka, Slony Sow, You
Sceneggiatura: Slony Sow
Fotografia: Denis Louis
Montaggio: Slony Sow
Musiche: Frederic Holyszewski
Produttore: Yann Yoshikazu Gahier, Evelyne Inuzuka, Lucas Oliver-Frost, Slony Sow, Franck Choisne
Casa di Produzione: Umami-no Tabi, Slony Pictures, Sunny Side Up Never, Oliver-Frost Films
Distribuzione: Wanted Cinema

Data di uscita: 31/08/2023

Trailer

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Appassionata di filosofia con un’attenzione particolare rivolta alla storia delle religioni, all’antropologia e alla diverse forme d’arte, si è specializzata in pratiche filosofiche nel 2018, presso la SUCF di Roma. Come giornalista si occupa di cultura, cinema, politica e attualità.

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