LA SALA PROFESSORI

LA SALA PROFESSORI

La vita in una scuola della Germania di oggi per raccontare di importantissime verità umane e civili nel mondo di oggi. Non solo la scuola, non solo la Germania, non solo l’Europa. La sala professori, candidato all’Oscar 2024 come Miglior Film Internazionale, regia di İlker Çatak e con la bravissima Leonie Benesch, arriva al cinema il 29 febbraio 2024.

La palla di neve e la valanga

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In corsa per l’Oscar al Miglior Film Internazionale 2024, una bella lotta, dovrà vedersela con il nostro Io capitano e la coppia di super favoriti La zona d’interesse e Perfect Days, La sala professori arriva al cinema il 29 febbraio 2024 per una distribuzione Lucky Red. Regia di İlker Çatak, sua la sceneggiatura insieme a Johannes Duncker, protagonista un’ottima e molto intensa Leonie Benesch. Una moderna e confortevole scuola media, da qualche parte in Germania; dove, non è poi così importante. Invece, capire in che misura il microcosmo scolastico che fa da sfondo alla storia finisca per toccarci da vicino, illuminando cortocircuiti, ipocrisie e storture decisamente contemporanei, questo sì che conta. L’etichetta, per quello che vale, è di dramma scolastico e va accettata con tutti i suoi limiti perché è abbastanza accurata.

Di paradossi e ingranaggi che stritolano

La sala professori, una scena del film
La sala professori, una scena del film

Ancora, se La sala professori vincesse l’Oscar bissando il successo di Niente di nuovo sul fronte occidentale, confermerebbe con prepotenza del clamoroso stato di salute del contemporaneo cinema (d’autore) tedesco. Difficile succeda, perché la competizione è serrata e le griglie di partenza sembrano definite da un pezzo. In fondo, neanche questo conta. La validazione del riconoscimento giova alla causa del film e alla sua visibilità, ma la sola nomination è di per sé sufficiente. C’è tanto di meritevole d’attenzione, qui, a cominciare dal gusto di İlker Çatak per il paradosso, per continuare con la soffocante, implacabile logica (vedere per credere) di una narrazione costruita sul principio dell’ingranaggio. Uno dei principi più efficaci e micidiali, drammaticamente parlando, ma forse l’immagine della palla di neve è più efficace. C’è una palla di neve che rotola giù per il pendio; all’inizio, è solo un’innocente palla di neve. Scendendo, guadagna in volume e rapidità: è diventata una valanga. La valanga che sommerge la professoressa Nowak.

La caccia al ladro e le inattese conseguenze

La sala professori, Leonie Benesch durante una sequenza del film
La sala professori, Leonie Benesch durante una sequenza del film

Carla Nowak (Leonie Benesch) insegna matematica agli studenti delle medie. È preparata, molto seria, di mente aperta; una vera progressista. La sala professori dura 98 minuti e non si allontana mai dalla scuola, se non per pochi secondi e verso la fine. Ma che bisogno c’è di uscire, se dentro c’è abbondanza di tutto quello che serve – aule enormi, tecnologia, una comunicazione costruttiva tra corpo studentesco e docenza – per costruire una buona storia, che sappia parlare del mondo di oggi e in più isolare due o tre verità umane valide sempre. C’è un ladro o una ladra in azione, sospettati gli studenti. Ali, alunno di Carla e figlio di immigrati turchi, è il bersaglio perfetto per il quieto e razzista consenso del corpo docenti e della dirigenza. Si tenta di estorcere la verità ai compagni con un set di misure indegno, a metà strada tra l’intimidazione e l’invito alla delazione. Carla, polacca d’origine, empatizza con l’agnello sacrificale. È abituata, nel suo lavoro, ad associare a una tesi una dimostrazione, lo spiega sempre ai ragazzi. Prova a estendere la portata del ragionamento alla vita scolastica, per salvare Ali e riportare la situazione alla normalità. Piazza una camera nascosta in sala professori; attende, con calma, che il ladro si tradisca. Va più o meno così, emerge un presunto colpevole ma, con profondo stupore di Carla, il caos invece di attenuarsi aumenta. Altro che tesi e dimostrazione, la palla di neve si è trasformata in una valanga. La protagonista sprofonda in un incubo che scuote dalle fondamenta le sue convinzioni. È tutta questione di paradossi e distanze.

Distanze e paradossi

La sala professori, Leonie Benesch in un momento del film
La sala professori, Leonie Benesch in un momento del film

Le distanze che separano l’esteriorità di un’istituzione – i messaggi inclusivi, la modernità e l’afflato progressista, il cuore democratico – dalla grettezza e la meschinità dei moventi, dalle piccole e grandi ipocrisie, dagli stereotipi razzisti, dalla sfiducia verso qualsiasi forma di potere. İlker Çatak parla di scuola perché Germania (e Europa, e non solo) intenda. Con La sala professori mette il termometro a una società febbricitante, e la forza della metafora è tanto più incisiva perché questo è cinema civilmente impegnato ma con una certa cura per le psicologie, senza trascurare la dimensione spettacolare e scegliendo la via (e i contorcimenti) di un thriller scolastico – teso e incalzante, la vita a scuola come in trincea – imbevuto di suspense, pathos e un’inquietante simmetria con l’attualità. Paradossale negli effetti e negli intenti, perché ogni buona scelta ha conseguenze disastrose e moralmente discutibili, e quello che a prima vista può sembrare un fallimento dell’istituzione in controluce è una vittoria, e un successo apparente si trasforma nella più cocente delle ingiustizie.

È negli occhi di Carla, sorretti dall’intensa verità, dalla fragilità e la tensione idealista che una bravissima Leonie Benesch ha saputo regalarle, che La sala professori racconta del peso esplosivo della più innocua delle scelte, delle inaspettate conseguenze, della natura fragile di parole come democrazia e progresso – hanno sempre bisogno di manutenzione – di un sistema educativo che funziona solo se la coerenza del pensiero e la forza dell’istituzione hanno la meglio sul conformismo e le piccole meschinità dei retrobottega. Carla è animata dalle migliori intenzioni. Eppure, non c’è nulla di quello che fa in nome di un insopprimibile bisogno di giustizia che non si qualifichi come moralmente ambiguo – inavvertitamente, è chiaro – e rovinoso. È il paradosso del film, il continuo ribaltamento di prospettiva, sorretto dall’incedere implacabile di una narrazione che “stritola” la protagonista nell’ingranaggio di una scelta dopo l’altra, dagli esiti imprevisti ma non eludibili. Così La sala professori costruisce la sua tensione. La sua tripla tensione: civile, umana, cinematografica.

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Locandina

La sala professori, la locandina italiana del film

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Scheda

Titolo originale: Das Lehrerzimmer
Regia: Ilker Çatak
Paese/anno: Germania / 2023
Durata: 98’
Genere: Drammatico
Cast: Rafael Stachowiak, Özgür Karadeniz, Anne-Kathrin Gummich, Antonia Luise Krämer, Benjamin Bishop, Can Rodenbostel, Canan Samadi, Elsa Krieger, Eva Löbau, Henriette Sievers, Katharina Marie Schubert, Kathrin Wehlisch, Katinka Auberger, Kersten Reimann, Leonard Stettnisch, Leonie Benesch, Lisa Marie Trense, Lotta Wriedt, Michael Klammer, Oskar Zickur, Padmé Hamdemir, Sarah Bauerett, Tim Porath, Uygar Tamer, Vincent Stachowiak
Sceneggiatura: Ilker Çatak, Johannes Duncker
Fotografia: Judith Kaufmann
Montaggio: Gesa Jäger
Musiche: Marvin Miller
Produttore: Ingo Fliess
Casa di Produzione: Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF), if… Productions, ARTE
Distribuzione: Lucky Red

Data di uscita: 29/02/2024

Trailer

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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