IL REGNO DEL PIANETA DELLE SCIMMIE

IL REGNO DEL PIANETA DELLE SCIMMIE

Il regno del pianeta delle scimmie, in sala dall’8 maggio 2024, è il quarto capitolo del franchise ispirato a un romanzo e un film iconici. Qui, molte generazioni dopo la morte del grande Cesare, scimmie e uomini cercano una convivenza tanto difficile quanto necessaria.

Due mondi

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Nel panorama maledettamente conformista del cinema contemporaneo, commerciale s’intende e ovviamente americano, Il pianeta delle scimmie è il franchise con qualcosa in più. Tanto per cominciare c’è il peso e il prestigio del riferimento nobile, nobilissimo anzi, l’originale del 1968 diretto da Franklin J. Schaffner (dal romanzo di Pierre Boulle) e interpretato da Charlton Heston. Poi va ricordato il mix insolitamente provocatorio di fantascienza, commento politico e sana apocalittica avventura. Il regno del pianeta delle scimmie esce nei cinema italiani l’8 maggio 2024. Lo dirige Wes Ball, il regista dei tre Maze Runner, per The Walt Disney Company Italia. È il quarto capitolo della saga, segue a qualche anno di distanza The War – Il pianeta delle scimmie (2017). Nelle intenzioni dei realizzatori, è il primo di tre. Sullo sfondo di un mondo e una civiltà (umana) in avanzato stato di decomposizione, il film saluta l’alba di una nuova era. È il turno delle scimmie adesso, e per noi poveri umani, autodistrutti dall’orgoglio superbo e da una volontà di potenza che ci ha soggiogati con diabolica ironia, non resta che cercare di tenere in piedi una complicata convivenza. La storia è di due mondi che faticano a prendere le misure l’uno dell’altro. La comunicazione è quasi impossibile, ma necessaria.

La giovane scimmia coraggiosa e il viaggio dell’eroe

Il regno del pianeta delle scimmie, una foto tratta dal film
Il regno del pianeta delle scimmie, una foto tratta dal film

È tutta colpa di un virus, che ha dato vita e intelletto alle scimmie e tolto voce e coscienza a noi. È un mondo nuovo e capovolto, per l’umanità: la superbia, la brama di controllo e possesso la condannano, se non all’estinzione, a una forte marginalità e sottomissione. Le scimmie comandano. Il regno del pianeta delle scimmie è ambientato molti anni (molte generazioni) dopo la morte di Cesare, il leggendario leader dei primati che con rigore e carisma aveva segnato la strada: uniti si sopravvive, divisi si muore. La lezione è fraintesa, quando non proprio dimenticata. Il protagonista si chiama Noa (Owen Teague), suo padre è il capo clan, sta per passare nel mondo dei grandi quando l’incursione di un drappello di scimmie guidate da Proximus Ceasar (Kevin Durand), leader tirannico e guerrafondaio che riscrive il pensiero di Cesare per i suoi loschi scopi, gli porta letteralmente via tutto. Non ha più una casa, Noa. Non ha più una famiglia, neanche un clan. È il più classico dei viaggi dell’eroe, quello che Il regno del pianeta delle scimmie disegna per il suo protagonista. Noa parte, per riportare la sua gente a casa, per vendicarsi del nemico, per la libertà. Troverà amici lungo la strada, non solo della sua specie. C’è un’umana, Mae (Freya Allan), che non è la solita umana. Sa parlare, per l’evidente costernazione delle scimmie, è evoluta e ha una sua agenda che spesso non combacia con le idee di Noa, ed è proprio questo il punto. La costruzione dell’identità del protagonista passa per il confronto con l’alterità, con la diversità di un’umana che cerca, in modo differente, le stesse cose che insegue lui. I due mondi cominciano a parlarsi, ma non sono ancora amici.

Il trucco geniale

Il regno del pianeta delle scimmie, un momento della pellicola
Il regno del pianeta delle scimmie, un momento del film

Il trucco geniale del franchise, nei film capostipiti e nella reinvenzione del XXI secolo, regia di Matt Reeves e Rupert Wyatt, consisteva nel tirare fuori l’intrattenimento dallo spettacolo dell’umanità messa di fronte al fantasma più temuto: l’estinzione. Mentre l’umanità soccombe, lo spettatore non si limita a vedersi morire sullo schermo ma, empatizzando con le rivendicazioni e le lotte delle scimmie, tifa per la sua stessa fine. È una sottigliezza psicologica che il franchise ha saputo veicolare, irrobustendosi, dandosi spessore, accanto allo spettacolo della natura primordiale che si riprende lo spazio rubato dagli uomini. Accanto all’intrattenimento adrenalinico e fracassone. Il mix tra profondità e leggerezza, la complessità psicologica, la provocatoria riflessione sulle colpe e la volontà autodistruttiva dell’umanità, qui arrivano in maniera più sfumata. Il regno del pianeta delle scimmie è un film più convenzionale dei predecessori, anche se ugualmente teso e vibrante. Il declino dell’umanità è irreversibile e dato ormai per scontato, la storia si diverte ancora a giocare con il ribaltamento dei ruoli, immaginando le scimmie evolute che si stupiscono dei progressi e dell’intelligenza degli umani, ma le preoccupazioni del film sono diverse. Più vicine allo standard del blockbuster contemporaneo: si parla di identità, famiglia e convivenza con l’altro.

L’armonia (tecnologica) tra scimmie e umani

Il regno del pianeta delle scimmie, Freya Allan in una scena del film
Il regno del pianeta delle scimmie, Freya Allan in una scena del film

L’ironia è che se la storia costringe scimmie e umani a guardarsi in tralice per gran parte del tempo, l’armonia, almeno dal punto di vista tecnologico, è totale e molto soddisfacente. Scimmie e umani comunicano, si integrano, con sorprendente naturalezza. Wes Ball la sa lunga in fatto di effetti speciali e sa come costruire un mondo lussureggiante e felicemente ibrido, intrecciando senza soluzione di continuità live action e digitale. È il pregio più consistente de Il regno del pianeta delle scimmie, sequel abbastanza derivativo nella struttura, costruito attorno a un discorso su identità (giovane) da modellare attraverso l’avventura, uscendo dalla comfort zone e le convenzioni. Il viaggio dell’eroe, sorretto da un’azione vigorosa, lascia poco spazio alla sorpresa; fatica a carburare nella prima parte, farraginosa, ma poi prende i giri giusti. La morale è solidale e abbastanza inclusiva: si vive aiutandosi l’un l’altro, e se non è ancora il caso di parlare di ascia di guerra sotterrata tra umani e scimmie, l’incontro tra Noa e Mae promette (premette?) un futuro migliore del passato recente. È un film per la sala, costruito sul gusto dello spettacolo condiviso, rumoroso e molto divertente, che smorza lo spessore dei precedenti capitoli ma sa offrire un intrattenimento competente e (tecnologicamente) di pregio.

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Locandina

Il regno del pianeta delle scimmie, la locandina italiana del film

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Scheda

Titolo originale: Kingdom of the Planet of the Apes
Regia: Wes Ball
Paese/anno: Stati Uniti / 2024
Durata: 145’
Genere: Avventura, Fantascienza, Azione
Cast: Owen Teague, Dichen Lachman, Neil Sandilands, Freya Allan, Kevin Durand, William H. Macy, Eka Darville, Karin Konoval, Lydia Peckham, Nina Gallas, Peter Macon, Ras-Samuel, Sara Wiseman, Travis Jeffery
Sceneggiatura: Josh Friedman
Fotografia: Gyula Pados
Montaggio: Dirk Westervelt, Dan Zimmerman
Musiche: John Paesano
Produttore: Wes Ball, Joe Hartwick Jr., Amanda Silver, Rick Jaffa, Jason Reed
Casa di Produzione: Twentieth Century Fox, Oddball Entertainment, Disney Studios Australia, Jason T. Reed Productions
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Italia

Data di uscita: 08/85/2024

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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