’71
di Yann Demange
Regista al suo esordio nel lungometraggio, proveniente dalla serialità televisiva, Yann Demange dirige con '71 un thriller teso e realistico, sullo sfondo esplosivo del conflitto nordirlandese negli anni '70.
Strade di fuoco
Inghilterra, 1971. Gary Hook, recluta dell’esercito britannico, viene inviato in Irlanda del Nord, a Belfast, a causa di una recrudescenza del conflitto tra lealisti e repubblicani. La prima missione di Gary e dei suoi compagni sarà una perquisizione all’interno di una casa privata; ma, penetrato nell’area cattolica, il battaglione si rivela del tutto impreparato a fronteggiare l’ostilità della folla, fomentata dalle frange più estremiste del movimento repubblicano. Nel caos di una rivolta popolare, Gary e un suo commilitone vengono lasciati indietro dai loro compagni, in balia della folla; il compagno del giovane viene freddato con un colpo di pistola alla testa, mentre Gary, terrorizzato, approfitta del caos e riesce a fuggire. Durante una lunga notte, nella quale la città è ormai preda dei disordini e delle bande armate, Gary dovrà fare di tutto per sopravvivere.
Yann Demange, parigino di nascita e inglese d’adozione, è regista dal solido retroterra televisivo: nel suo curriculum, ancora non ricchissimo, c’è la serie horror/satirica Dead Set (2008), il successivo gang drama Top Boy (2011), nonché la regia di vari episodi per i fortunati Diario di una squillo perbene e Criminal Justice. Considerato il suo background, poteva sembrare dunque curioso che l’esordio nel lungometraggio del regista franco/britannico fosse un dramma politico, ambientato peraltro in un contesto storicamente molto determinato, come l’Irlanda del Nord degli anni ’70. Guardando questo ’71, tuttavia, si comprende appieno come i ritmi, e l’estetica, della moderna fiction televisiva si siano trasferiti appieno (e fruttuosamente) in questo esordio: quello di Demange, di fatto, è un nerissimo thriller, una storia notturna di caccia e sopravvivenza, girata con la mano dell’artigiano e permeata dell’ambiguità tipica del noir.
Quello del conflitto nordirlandese, contesto reso comunque con poche e indovinate pennellate, è solo lo sfondo, il background di partenza nel quale si muove il personaggio interpretato da Jack O’Connell: spogliata di qualsiasi orpello militare/politico, come lui stesso si spoglia della sua divisa per restare vivo, la fuga di Gary Hook è una pura, essenziale e animalesca lotta per la sopravvivenza, nel corso della quale amici e nemici si confondono, la diffidenza è d’obbligo e i sensi devono restare sempre, e perennemente, tesi. Una caccia all’uomo che si snoda su uno sfondo notturno, teatro ideale per un dramma popolato da personaggi ambigui, oscuri e dediti al doppio gioco, nel quale le logiche del conflitto si mescoleranno alle dinamiche dell’umana bestialità, al punto da lasciare il protagonista sfiancato, scosso, probabilmente cambiato per sempre. Come al termine di ogni guerra.
Demange dissemina il suo primo film di sequenze magistrali, con una regia efficace e di gran mestiere. Resta impressa la prima fuga del protagonista tra le strade della notturna Belfast, camera a mano e messa in scena nervosa, a suggerire tutto il senso di dislocazione, lo spaesamento, il caos e la paura di chi viene gettato, suo malgrado, in una situazione che non è in grado di controllare. Per tutti i cento minuti di durata di ’71, il regista mantiene alta la tensione, descrivendo bene la morsa che si chiude lentamente, da tre punti di partenza diversi, attorno al protagonista: come nella migliore tradizione del nero cinematografico, tuttavia, non è immediatamente chiaro chi siano gli amici e chi i nemici, da chi ci si possa aspettare una pallottola e da chi una mano d’aiuto. I confini tra bene e male si confondo, e si sovrappongono in una notte illuminata dalle tonalità avvolgenti, ma ingannevoli, dei lampioni cittadini. Nell’essenzialità “bestiale” della caccia all’uomo di cui il protagonista viene fatto oggetto, c’è in fondo una logica antimilitarista, e un potenziale divulgativo, più efficaci di tanti pamphlet espliciti: il conflitto riduce a prede e predati, mentre l’idealismo lascia presto il posto al puro opportunismo utilitarista. Il concetto arriva in modo limpido, e quantomai efficace.
Il limite che si può forse riscontrare in ’71 è il fatto che il film eviti di approfondire (ma è una scelta esplicita, e in qualche modo dichiarata) la realtà del conflitto nordirlandese: quest’ultimo resta sullo sfondo, le sue dinamiche non vengono sviscerate, principalmente perché non era questo lo scopo dello script. Coerentemente, il film evita di prendere posizione, mostrando con piglio esplicito le violenze perpetrate dall’una e dall’altra parte; l’assunto di base è che l’essere scaraventati, senza preavviso, in una situazione come quella descritta, faccia perdere i punti di riferimento (primi tra tutti quelli ideologici) riducendo l’agire umano alla stregua di un meccanico perseguimento della sopravvivenza.
Ma, in fondo, le tonalità di grigio che caratterizzano tutti i personaggi che si muovono intorno al protagonista, la loro ambiguità, i compromessi morali a cui ognuno di loro giunge, sono elementi che (in senso lato) dicono molto sulla situazione politica dell’Ulster dell’epoca: un caos senza soluzione di continuità di nichilismo e compromessi, in cui i punti di riferimento si sono ormai persi. Questo ’71, pur non prendendo di petto la questione nordirlandese in modo esplicito, riesce quindi in definitiva a restituirne i contorni (tenendola sullo sfondo della vicenda del protagonista) con grande efficacia.
Scheda
Titolo originale: ’71
Regia: Yann Demange
Paese/anno: Regno Unito / 2014
Durata: 100’
Genere: Drammatico, Thriller
Cast: Barry Keoghan, Paul Anderson, David Wilmot, Sean Harris, Martin McCann, Sam Reid, Jack Lowden, Valene Kane, Amy Molloy, Charlie Murphy, Jack O’Connell, Paul Popplewell, Richard Dormer
Sceneggiatura: Gregory Burke
Fotografia: Tat Radcliffe
Montaggio: Chris Wyatt
Musiche: David Holmes
Produttore: Robin Gutch
Casa di Produzione: StudioCanal
Distribuzione: Good Films
Data di uscita: 09/07/2015