A TESTA ALTA

A TESTA ALTA

Apertura con qualche polemica all'ultimo Festival di Cannes, A testa alta è un dramma sociale che si regge sull'ottima prova del suo protagonista Rod Paradot; ma il problema del film di Emmanuelle Bercot sta in un approccio enfatico e privo di misura, con punte di celebrazione del sistema giudiziario francese che sfiorano il kitsch involontario.

Uno spaccato celebrativo

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Malony ha sei anni, e la vita già segnata: suo padre è morto poco dopo la sua nascita, mentre sua madre è una giovane irresponsabile e con problemi di tossicodipendenza, che non vuole occuparsi di lui. La giudice minorile Florence, di fronte all’atteggiamento ostile della donna verso il suo bambino, prende a cuore il suo caso. Dieci anni dopo, Malony sembra aver seguito per filo e per segno la strada a cui era destinato: il ragazzo entra ed esce continuamente dal riformatorio per furti di auto, risse e aggressioni. Dopo l’ultima bravata, Florence decide di destinare Malony a una struttura di rieducazione più restrittiva. A seguire il ragazzo, l’assistente sociale Yann, a sua volta reduce da un’infanzia e un’adolescenza difficili; ma a mostrare a Malony una possibile via d’uscita dalla sua condizione ci penserà Tess, la figlia di una delle operatrici del centro.

Arriva ora nelle sale italiane, questo A testa alta, quarto lungometraggio da regista di Emmanuelle Bercot; viene distribuito, il dramma della Bercot, in concomitanza con la Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (il 20 novembre) dopo aver aperto l’ultima edizione del Festival di Cannes. Un’apertura che, insieme al numero e al peso delle pellicole transalpine nella selezione, ha provocato qualche polemica sulla Croisette, per un atteggiamento celebrativo e di eccessivo sostegno alle produzioni locali che è stato rilevato da più di un addetto ai lavori.

Il direttore Thierry Frémaux, tuttavia, ha tenuto a sottolineare i motivi della sua scelta, evidenziando il carattere universale dei temi trattati dal film: “E’ un film che dice cose importanti sulla società di oggi”, ha detto Frémaux, “e rappresenta perfettamente il cinema moderno, focalizzato sulle questioni sociali, con un carattere universale e, perciò, capace di parlare a tutto il mondo”. Il tema, pur declinato in un’ottica tutta interna al sistema giudiziario francese, riguarda in effetti una problematica (la delinquenza minorile) di portata generale: un argomento in cui da sempre si intrecciano considerazioni sociologiche, etiche e politiche.

La regista porta avanti in questo A testa alta la sua visione del tema, con un approccio diretto ed enfatico, tutto basato sul potenziale emotivo della vicenda; lo fa evidenziando un calvario giudiziario e personale che accomuna il giovane Malony, sua madre, e le persone che si trovano a gestire il suo caso, mano a mano divenute una sorta di famiglia adottiva. Il protagonista esordiente Rod Paradot, diciannovenne, porta su di sé gran parte del peso del film, coadiuvato da un’istituzione come Catherine Deneuve nel ruolo della giudice, e da Benoît Magimel (lo abbiamo visto nel recente French Connection) a dare il volto all’assistente sociale Yann.

Sta proprio nella prova di Paradot, comunque, il pregio più evidente di A testa alta: il giovane prende su di sé la pellicola con una prova forte e umorale, di grande impatto e credibilità, a delineare un personaggio tutt’altro che di semplice approccio. Nonostante una sceneggiatura che mostra più di un limite nel descrivere l’evoluzione del protagonista, il Malony di Paradot spicca nel film in modo istintivo, limpido e lucido, convincente sia negli scatti d’ira che nei momenti di fragilità. Un interprete di cui, probabilmente, sentiremo ancora parlare.

Va sottolineato anche, tra i pregi del film, un prologo molto efficace e ben diretto: in questo, la regista non ha paura a mettere la macchina da presa “a misura di bambino” (quella dell’allora seienne Malony) evidenziando un mondo adulto privo di chiavi di lettura, ponendo le premesse per il dramma che ne seguirà. Un approccio diretto ed efficace, misto di tenerezza e ritratto naturalistico, che tornerà, nel film, in singole sequenze altrettanto d’impatto (ne è un esempio la scena del rapporto sessuale tra Malony e Tess).

Il problema principale del film della Bercot, che ne pregiudica in larga misura la riuscita, sta comunque nella sua stessa concezione: malgrado l’abilità del protagonista, infatti – e malgrado le parole di Frémaux, a giustificare la selezione del film come apertura nel suo festival – non si può non vedere in A testa alta una smaccata celebrazione del sistema giudiziario francese, rappresentato come sempre capace di affrontare e venire a capo dei casi più difficili. L’inquadratura finale, di un’enfasi che sfiora il kitsch, lascia a riguardo pochi dubbi, gettando una luce precisa sull’intera operazione; e non è nemmeno un caso che la giudice interpretata da Catherine Deneuve (efficace come sempre, ma qui sofferente, in un personaggio senza evoluzione) spicchi come la figura più positiva, l’unica per cui il protagonista mostra da subito rispetto.

Un approccio “a tesi”, quello del film della Bercot, celebrativo nel modo più grossolano, che grava pesantemente sulla sua riuscita. La sceneggiatura non si preoccupa più di tanto di descrivere un’evoluzione credibile per il protagonista, affidando al giovane attore tutta la sua resa filmica, e mostrandone un travaglio che è tutto esteriore. Nonostante poche, singole sequenze riuscite, sull’intero film grava una mano pesante, poco attenta alle sottigliezze, costellata di climax emotivi dai quali il senso della misura sembra bandito: A testa alta punta a prendere alla gola lo spettatore, ma lo fa nel modo più risaputo, mescolando i tentativi di ritratto sociale – quasi sempre vanificati dall’enfasi di tono – a un approccio che punta al patetismo nel senso più deteriore del termine.

Scheda

Titolo originale: La Tête haute
Regia: Emmanuelle Bercot
Paese/anno: Francia / 2015
Durata: 120’
Genere: Drammatico
Cast: Benoît Magimel, Catherine Deneuve, Anne Suarez, Raoul Fernandez, Rod Paradot, Christophe Meynet, Diane Rouxel, Enzo Trouillet, Ludovic Berthillot, Martin Loizillon, Sara Forestier, Élizabeth Mazev
Sceneggiatura: Emmanuelle Bercot, Marcia Romano
Fotografia: Guillaume Schiffman
Montaggio: Julien Leloup
Musiche: Éric Neveux
Produttore: François Kraus, Denis Pineau-Valencienne
Casa di Produzione: France 2 Cinéma, Les Films du Kiosque
Distribuzione: Officine UBU

Data di uscita: 19/11/2015

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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