THE HATEFUL EIGHT

THE HATEFUL EIGHT

Continuando a giocare in modo disinvolto col cinema - e con la sua divorante passione cinefila - Quentin Tarantino aggiunge un altro tassello fondamentale alla sua filmografia: The Hateful Eight è opera di sopraffina scrittura, che fonde mirabilmente schegge di immaginario storico, sociale, cinematografico.

Otto volte cinema. Puro.

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Wyoming, pochi anni dopo la fine della Guerra Civile. Una diligenza corre attraverso il paesaggio innevato, trasportando il cacciatore di taglie John Ruth, detto “il boia”, e la donna da lui catturata, Daisy Domergue. La loro destinazione è la città di Red Rock, dove Ruth consegnerà la donna, ricercata per omicidio, nelle mani della giustizia. Nel suo tragitto, la diligenza incontra il maggiore Marquis Warren, ex soldato di colore dell’Unione divenuto uno spietato cacciatore di taglie; e l’altro ex militare Chris Mannix, che afferma di essere il nuovo sceriffo della città. Mentre una tempesta infuria sempre più violentemente, i quattro sono costretti a fermarsi nell’emporio di Minnie, stazione di posta sita tra le montagne; la proprietaria, fuori in visita a sua madre, ha lasciato l’esercizio alle cure del custode Bob. Insieme a lui, tre sconosciuti clienti: Oswaldo Mobray, sedicente boia di Red Rock, il mandriano Joe Gage, e il generale confederato Sanford Smithers. Bloccati in mezzo alla tormenta, in un clima di montante sospetto reciproco, gli uomini scopriranno presto una trama di inganni e doppi fini… lo scopo, per tutti, sarà quello di arrivare vivi a Red Rock.

L’hype che puntualmente accompagna (da quasi un ventennio a questa parte) ogni nuova regia di Quentin Tarantino, è stato stavolta, in parte, stemperato dal fatto che The Hateful Eight fosse tutto meno che un’opera “misteriosa”: ciò a partire dalla lettura pubblica che lo stesso regista fece della sceneggiatura, a Los Angeles nel 2014, per continuare con il facile reperimento in rete di copie piratate, da ormai un mese a questa parte. Del secondo western della carriera del regista, insomma, si sapeva già molto, particolari di trama inclusi; e i più impazienti hanno anche avuto modo di visionarlo (senza grossi sforzi) ben prima della sua uscita. A controbilanciare questo meccanismo, tuttavia, c’è stavolta il modo in cui il film è stato girato, e i due diversi modi in cui verrà proiettato: una distribuzione standard in copie digitali, e una più ristretta (e limitata alle sale attrezzate) in 70mm: questa consta di circa 20 minuti in più, comprensivi di una overture musicale e di un intermezzo, sulle stile di molti classici hollywoodiani. Un vero e proprio evento nell’evento, quello della visione del film nella sua veste originale (uno sfavillante Panavision 70, con un rapporto di aspetto di 2.76:1) che ha in Italia ha acceso l’irresistibile interesse degli spettatori milanesi, bolognesi e romani. Un interesse che, è bene dirlo subito, il film ha pienamente ripagato.

Ennesima, eccellente opera di un cineasta ormai padrone di ogni mezzo – stilistico ed espressivo – della macchina-cinema, The Eightful Eight è meritevole di essere fruito nella sua veste originale: un formato ultrapanoramico che esalta il bianco della neve, il blu della notte frustata dalla tormenta, la fascinazione degli spazi aperti, la sporcizia pericolosa degli interni e la consistenza, quasi tattile, dei dettagli. Una resa visiva che dovrebbe indurre a una riflessione (che qui neanche azzardiamo) sul formato analogico e sulle sue enormi potenzialità, ancora in gran parte inesplorate malgrado una “fine” decretata con imperdonabile fretta. Potenzialità che il regista di Knoxville sfrutta con eccezionale consapevolezza, in un’opera che riassume al meglio le due anime del suo cinema: quella narrativa e di scrittura, caratterizzata da dialoghi in grado da soli di fare il ritmo, di generare e mantenere alta la tensione; e quella del parossismo visivo e citazionista, della decostruzione grottesca e divertita, testimone di una cultura cinematografica a dir poco enciclopedica. Due componenti incarnate, specularmente, dalle due metà del film (a loro volta divise in tre capitoli), risultanti tuttavia in un’opera di grande compattezza, caratterizzata da una gestione armonica e assolutamente coerente della tensione.

Ottavo tassello (secondo la numerazione scelta dal regista) di una carriera che ha già consegnato Tarantino alla storia del cinema, The Hateful Eight mostra coerenza e maturazione, insieme all’inesauribile voglia (termometro della vitalità di un autore) di giocare col cinema e coi suoi meccanismi. Film di sopraffina scrittura, fortemente caratterizzato dai dialoghi che hanno fatto la fortuna di Tarantino (che qui reggono la tensione, da soli, per tutta la prima parte), quello del regista di Knoxville è anche un lavoro che valorizza al meglio i suoi attori, dalle vecchie glorie mai dome (Kurt Russell, Michael Madsen, Bruce Dern) ai volti ricorrenti del suo cinema (Samuel L. Jackson, Tim Roth) fino alle camaleontiche presenze di Jennifer Jason Leigh e Channing Tatum. Tutti a inserirsi in una partitura meticolosamente preparata, organizzata da una direzione attenta e tale da non lasciare nulla al caso. È rimarchevole che la qualità e la fattura delle sceneggiature di Tarantino, a tanti anni dai suoi esordi, siano ancora in grado di suscitare tanto (spontaneo) stupore. La sua regia, in un film che è un po’ western, un po’ thriller psicologico, un po’ kammespiel sui generis, raggiunge qui una lucidità, un’eleganza mescolata a essenzialità assolutamente inedite: uno sguardo limpido seppur sardonico e (come sempre) teso a smontare ed evidenziare le finzioni della macchina cinematografica; così come quelle di tutti i suoi personaggi, pericolosi ma irresistibili affabulatori. Pezzi di alter ego del regista, protagonisti, nella seconda parte del film, di un irresistibile balletto di morte che dissemina pezzi e schegge di immaginario storico (la Frontiera, il razzismo, la fascinazione per gli outlaws), sociale, cinematografico. Frammenti di memoria in cui è divertente trovare, ancora una volta, rimandi e collegamenti al proprio bagaglio cinematografico, quello di più di una generazione di spettatori: dal western classico di John Ford e Howard Hawks alle riconosciute influenze di serial quali Bonanza e Il Virginiano, dai Dieci piccoli indiani di Agatha Christie al nichilismo in salsa science fiction de La cosa di John Carpenter, fino al misconosciuto ma fondamentale classico hongkonghese Dragon Inn, di King Hu. Un mosaico immortalato dalle già ricordate, splendide immagini panoramiche del direttore della fotografia Robert Richardson, e musicato da un Ennio Morricone che (è evidente) non aspettava altro che tornare ad immergersi nei suoi territori sonori prediletti.

Viene da rammaricarsi che la versione in 70mm di The Hateful Eight (quella in cui il film è stato concepito) sia visibile solo in pochissime sale, in Italia (l’Arcadia di Melzo, la Cineteca di Bologna, lo Studio 5 di Cinecittà, a Roma) e solo per un periodo limitato. Ma possiamo capire la strategia di Tarantino, innamorato della pellicola, nel voler dare un “valore aggiunto” alla visione analogica: ivi compresi, ovviamente, i minuti in più. L’operazione non è dissimile, in fondo, da quella che in un altro campo compirono i Pearl Jam, che inclusero una traccia in più nel loro album Versus, ascoltabile solo nella versione su vinile: allora (era il 1994) il vinile per l’ascolto della musica sembrava moribondo. La storia, negli ultimi anni, si è incaricata di smentire clamorosamente questa sentenza. Sarà così anche per la pellicola? Da amanti del proiettore analogico, e delle emozioni che può regalare, ci auguriamo che l’operazione di Tarantino sia di buon auspicio.

Scheda

Titolo originale: The Hateful Eight
Regia: Quentin Tarantino
Paese/anno: Stati Uniti / 2015
Durata: 188’
Genere: Drammatico, Western
Cast: Samuel L. Jackson, Tim Roth, Kurt Russell, Channing Tatum, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Bruce Dern, Craig Stark, Michael Madsen, Zoe Bell, Dana Gourrier, Demian Bichir, Gene Jones, James Parks, Keith Jefferson, Lee Horsley
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Fred Raskin
Musiche: Ennio Morricone
Produttore: Shannon McIntosh, Stacey Sher, Bob Weinstein, Richard N. Gladstein, Harvey Weinstein, Georgia Kacandes
Casa di Produzione: Columbia Pictures, The Weinstein Company
Distribuzione: 01 Distribution

Data di uscita: 29/01/2016

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Un pensiero su “THE HATEFUL EIGHT

  1. Premesso di non aver ancora visto il film su Edison, del 2017, questa risulta essere l’ultima produzione interessante della “Weinstein Company”, prima della sua chiusura nel luglio 2018.

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