COCO

COCO

Film d’animazione di Natale, Coco segna il ritorno a un progetto totalmente originale per la Pixar e il regista Lee Unkrich: il risultato è uno dei migliori film dello studio americano, sottilmente malinconico e dal carattere freak.

La canzone del tempo

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Il dodicenne Miguel, che vive nel villaggio messicano di Santa Cecilia, sogna di diventare un musicista. Il ragazzo ha un talento straordinario con la chitarra, e un’ammirazione incondizionata per Ernesto de la Cruz, star locale morta sul palco anni prima; il problema è che la famiglia di Miguel ha messo rigorosamente al bando la musica, da quando il suo trisavolo, cantante e musicista di grandi speranze, lasciò la famiglia per inseguire i suoi sogni artistici. L’unica, dei membri viventi della famiglia, ad aver conosciuto il misterioso musicista (di cui tutti rifiutano di parlare) è sua figlia Coco, bisnonna di Miguel, vecchia e costretta su una sedia a rotelle. Durante la ricorrenza del Dìa de Muertos, Miguel rimuove inavvertitamente la foto di famiglia dalla ofrenda rivolta ai defunti, scoprendo che il suo trisavolo usava la stessa chitarra di de la Cruz. Ormai convinto di essere il discendente del grande musicista, Miguel decide di partecipare al concorso canoro locale, organizzato proprio in occasione della ricorrenza dei morti.

Dopo un paio di titoli in cui a prevalere è stata l’esigenza di riciclare vecchie idee vincenti (Alla ricerca di Dory, sequel del celebrato Alla ricerca di Nemo, il fiacco Cars 3), la Pixar torna a lavorare con questo Coco su un soggetto totalmente originale. È un’uscita che, nel nostro paese, riveste una certa importanza distributiva, quella di questa nuova opera Pixar, perché (con la distribuzione in sala prevista per il 28 dicembre) il film di Lee Unkrich ambisce a diventare il titolo d’animazione delle prossime feste natalizie, ricoprendo il ruolo che l’anno scorso fu del disneyiano Oceania. Non è un caso che la Disney, qui co-produttrice e distributrice internazionale del film, abbia puntato forte su questa uscita, prevista tra i mesi di novembre e dicembre in gran parte dei paesi occidentali, in virtù di una sempre più stretta sinergia (produttiva, ma soprattutto creativa) con lo studio di John Lasseter.

E si vede tutta, la sinergia di intenti, nel film di Unkrich, sia nella grande importanza dell’elemento musicale – stavolta organico alla trama, ma non per questo meno presente – sia in un nucleo forte di temi (la famiglia, gli affetti, il tempo che passa, la morte) che uniscono la poetica portata avanti in quasi un secolo dalla Disney, agli argomenti introdotti e sviscerati nell’ultimo ventennio dalla casa di Lasseter. Un’unione di intenti che, differentemente dagli ultimi titoli, in cui si notava una certa stanchezza, e un facile occhieggiare al gusto “medio”, si traduce stavolta in una sintesi felice e vincente. Grazie a una scrittura equilibrata, e a un impressionante comparto visivo, Coco unisce il meglio delle energie dei due colossi di animazione, fondendo il lirismo e la sottile malinconia delle migliori opere Pixar (c’è molto della riflessione sul tempo di Up!, unita a un immaginario freak e quasi gotico) con la dialettica tra crescita personale e (ri)scoperta delle proprie radici che ha sempre informato di sé le opere Disney; un elemento, quest’ultimo, che di recente avevamo ritrovato (rinnovato e rimesso a lucido) proprio in Oceania.

Il risultato è un’opera indirizzata a – e fruibile da – un pubblico più che mai trasversale, che trova nella meraviglia audiovisiva (le molte canzoni, ma anche l’impressionante rappresentazione della terra dei morti) gran parte del suo potenziale, ma che riesce altresì a costruire una narrazione credibile e ricca di sorprese, in circa 110 minuti densi ed equilibrati. Dovrebbe essere già chiaro, da quanto scritto finora, che Coco si situa decisamente sul versante delle opere più profonde e riuscite nella produzione Pixar: il suo incredibile livello tecnico, le sue fantasmagorie cromatiche (che tuttavia non rinunciano, nei minuti iniziali, a un’intro fiabesca e gradevolmente retrò, memore dei sogni della lanterna magica e delle visioni del precinema) si fondono a una grande densità tematica e ad una narrazione lirica ed equilibrata.

Il viaggio del giovane Miguel, a ripensarlo, ha tutte le tappe del più classico romanzo di formazione, e la sua evoluzione è tutt’altro che imprevedibile; tuttavia, si resta avvinti dalla lucidità con cui lo script pennella i personaggi e gli incontri/scontri del protagonista, descrivendo qualcosa che di fatto è di più (e più profondo) di un semplice racconto morale. Se è vero che l’enfasi sulla crescita, sulla scoperta del mondo e di sé, e sull’importanza delle radici, sono temi che tornano di film in film nella migliore produzione Disney (ma anche, da punti di vista diversi, in quella Pixar) la riflessione in chiaroscuro sulla morte, il riuscito sguardo sul tema della memoria – e su quello, oscuro e sottilmente inquietante, del suo opposto, ovvero l’oblio – la fantasia dark di cui il film viene disseminato, sono segni di un immaginario in continua evoluzione, che nei suoi esempi più felici (e qui siamo di fronte a uno di questi) riesce a schivare la trappola dell’immobilismo e della vuota reiterazione.

Come per alcuni dei più riusciti film Pixar, va ricordato che i più piccoli – pur laddove non avranno alcun problema a fruire il film, e a goderne – non potranno probabilmente cogliere le tante implicazioni della trama di Coco, alcune delle quali decisamente adulte. Consiglieremmo inoltre, vista la ricchezza e la qualità del cantato del film, oltre alla difficoltosa coesistenza del parlato italiano con alcune espressioni forzatamente lasciate in lingua spagnola, di cercare una sala in cui venga proiettata (non dovrebbe ormai essere difficile, specie nelle grandi città) una copia in lingua originale. Una scelta che consente inoltre di godere delle voci originali del cast, tra le quali va ricordato Gael Garcia Bernal nel ruolo del compagno e guida del protagonista Hector, e Benjamin Bratt in quello della star Ernesto de la Cruz.

Scheda

Titolo originale: Coco
Regia: Lee Unkrich
Paese/anno: Stati Uniti / 2017
Durata: 105’
Genere: Animazione, Fantastico, Musicale
Cast: Gael García Bernal, Benjamin Bratt, Edward James Olmos, Lombardo Boyar, Alanna Ubach, Ana Ofelia Murguia, Anthony Gonzalez, Antonio Sol, Jaime Camil, Luis Valdez, Renee Victor, Selene Luna, Sofía Espinosa
Sceneggiatura: Adrian Molina, Matthew Aldrich
Fotografia: Matt Aspbury, Danielle Feinberg
Montaggio: Steve Bloom, Lee Unkrich
Musiche: Michael Giacchino
Produttore: Darla K. Anderson, John Lasseter
Casa di Produzione: Pixar Animation Studios
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures

Data di uscita: 28/12/2017

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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