BENTORNATO PAPÀ

BENTORNATO PAPÀ

Domenico Fortunato firma con Bentornato papà un film dall’andamento alterno in cui la regia, a volte, si fa sentire in modo troppo ridondante. Eppure l’aspetto vincente di questa vicenda, legata a un dolore quotidiano e condivisibile, è proprio nella sua essenzialità e in quei toni sommessi che caratterizzano le voci di chi è stato sorpreso dalla paura.

La forza della famiglia

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Franco è un uomo di successo, concreto, appassionato del suo lavoro e innamorato della famiglia costruita insieme alla moglie Anna. Insieme a lei e alla figlia Alessandra vive in un meraviglioso trullo nel cuore della Puglia, accanto al fratello Silvano. Unica crepa, che sembra incrinare questo perfetto quadretto famigliare, è la lontananza del figlio Andrea che, mosso da inquietudini giovanili e personali, vuole allontanarsi a tutti i costi dai genitori e dallo stile di vita che rappresentano.

Nonostante questo, però, Franco e Anna si amano profondamente e, proprio grazie a questa forte intesa, guardano al futuro con speranza, sapendo di poter affrontare il futuro insieme con determinazione. Certo, c’è sempre quel famoso viaggio alle Seychelles rimandato a causa degli impegni di lavoro, ma tanto c’è tutta la vita per poter rimediare. O almeno cosi credono. Come spesso accade, infatti, l’evento drammatico e improvviso arriva con una forza detonante a scompigliare la loro armonia. Franco, infatti, viene colpito da un ictus nel giardino di casa e, da quel momento, inizia un percorso di paura e dolore ma anche di riscoperta dei legami e dei sentimenti. Cuore di questa vicenda, però, non è la drammaticità della malattia, quanto la forza della famiglia che diventa un corpo unico con cui fronteggiare l’ignoto.

Le insidie del dolore

Bentornato papà recensione

Iniziamo con il dire che affrontare la narrazione del dolore non è mai un’impresa facile. E non si tratta certo di una premessa volta a creare una sorta di capro espiatorio per le scelte stilistiche e narrative abbracciate da Domenico Fortunato per la regia di Bentornato papà. Si tratta, invece, di un vero e proprio dato di fatto perché la rappresentazione della sofferenza, soprattutto costretta all’inevitabile sintesi della forma filmica, rischia di essere vittima di una retorica emotiva. Come porsi, dunque, dietro la macchina da presa per rimandare al pubblico una storia che sia quanto più possibile naturale e riconoscibile? L’unica soluzione plausibile è dare voce alla propria sensibilità, arricchita da esperienze dirette e da uno sguardo interpretativo personale.

Domenico Fortunato prova a mettere insieme gli elementi di questa formula ottenendo, però, un risultato alterno e non pienamente armonico. La messa in scena e l’andamento di tutto il film, infatti, sono sottoposti a un continuo cambio di ritmo e atmosfere, passando dall’essenzialità del racconto ospedaliero a una rappresentazione che si lascia andare a un certo gusto ridondante dal punto di vista estetico. In questo modo una storia, forte e plausibile proprio per la sua quotidianità, rischia di perdere di credibilità. A interrompere il ritmo del possibile e dell’immedesimazione, a volte, è proprio la presenza di una regia che si rende troppo visibile e presente, per poi tornare a scomparire, scegliendo delle rappresentazioni più minimal. Lo stile essenziale caratterizza anche la recitazione del cast. Da Donatella Finochiaro ai giovani Riccardo Mandolini e Giuliana Simeone, senza dimenticare il più esperto Giorgio Colangeli e lo stesso Domenico Fortunato, lavorano a sottrarre, ad abbassare i toni della voce e a rendere la paura e l’angoscia uno stato dell’animo. Grazie a loro, in particolare, il mondo rappresentato trova una continuità naturale con quello reale. Perché quando veniamo colti di sorpresa dal dolore o dalla paura non c’è spazio per il melodramma.

I ragazzi e il dolore

Bentornato papà recensione

Dal punto di vista narrativo Bentornato papà ha un corpo centrale particolarmente efficace. Quando la narrazione si sposta tra le mura dell’ospedale e la quotidianità dei protagonisti prende il ritmo dilatato dell’attesa in cui speranza e paura si cedono continuamente il passo, entriamo in un universo raccontato con una sincerità inaspettata. La nostra guida, lo sguardo con cui ci inseriamo, è quello di Andrea, il figlio distante e indipendente che, seduto accanto al letto del padre, ingaggia una personale lotta con se stesso, riflettendo sulle difficoltà di essere figlio e l’inevitabile legame a una figura paterna diventata inaspettatamente fragile e precaria. Qui il linguaggio è asciutto ed essenziale, esattamente come lo sono le azioni e i legami sociali stretti durante i giorni. L’ospedale, in questo modo, diventa un microuniverso con regole e, soprattutto, tempistiche proprie in cui, però, irrompono alcune necessità esterne. Ma è solo un momento, un’illusione nata dal tempo sospeso in cui si vive in attesa di uscire o rimanere, vivere o morire.

Bentornato papà poster locandina

Scheda

Titolo originale: Bentornato papà
Regia: Domenico Fortunato
Paese/anno: Italia / 2021
Durata: 93’
Genere: Commedia, Drammatico
Cast: Giorgio Colangeli, Donatella Finocchiaro, Dino Abbrescia, Sara Putignano, Domenico Fortunato, Franco Ferrante, Giuliano Simeone, Giulio Beranek, Riccardo Mandolini, Silvia Mazzieri
Sceneggiatura: Domenico Fortunato, Cesare Fragnelli, Michele Santeramo, Francesca Schirru
Fotografia: Giorgio Giannoccaro
Montaggio: Mauro Ruvolo
Musiche: Nicola Masciullo, Silvia Nair
Produttore: Cesare Fragnelli
Casa di Produzione: Rai Cinema
Distribuzione: Altre Storie

Data di uscita: 07/10/2021

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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