QUENTIN TARANTINO ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA: “IL CINEMA È MORTO? VEDREMO, NESSUNO PUÒ DIRLO”

QUENTIN TARANTINO ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA: “IL CINEMA È MORTO? VEDREMO, NESSUNO PUÒ DIRLO”

Il regista, prima del suo programmato incontro col pubblico nell’ambito della Festa del Cinema di Roma, ha tenuto una divertente conferenza stampa, in cui ha parlato del suo cinema, del suo esordio da romanziere e dei suoi progetti futuri.

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È stato un Quentin Tarantino vulcanico, ancora più sapido e loquace di come ce lo ricordavamo durante l’ultima apparizione romana (quella relativa alla presentazione del suo C’era una volta a… Hollywood) quello che ha incontrato i giornalisti presenti all’Auditorium Parco della Musica, durante la Festa del Cinema di Roma 2021. La pandemia e il lockdown, a cui pure il regista si è riferito durante l’incontro, hanno evidentemente stimolato non solo la voglia di ritorno al cinema (di cineasti e spettatori) ma anche quella di scambio e condivisione. E uno come Tarantino, da sempre efficace comunicatore oltre che grande cineasta, sembrava non vedesse l’ora di incontrare di nuovo la platea italiana e romana. Platea che lo accoglierà di nuovo oggi, 19 ottobre, sempre all’Auditorium, durante il previsto e prevedibilmente gremito incontro col pubblico che si terrà alle 19.

Come mai, con la novelization di C’era una volta a… Hollywood, ha scelto di approfondire ed esplorare ulteriormente il suo mondo con un romanzo, anziché con un altro film?
Quentin Tarantino: Beh, io sono cresciuto leggendo romanzi che erano tratti da film. Sono stati i primi libri per adulti che ho letto, erano molto popolari. Allora, tre anni fa ho pensato che sarebbe stato bello provare a scriverne uno tratto da uno dei miei film. C’era anche dietro un discorso sull’incontro tra arte “alta” e “bassa” che ha sempre fatto parte del mio cinema: le novelization infatti erano considerate la forma più bassa e popolare di letteratura che all’epoca si conoscesse, al di sotto c’era solo la narrativa trash. Inizialmente ho provato a scrivere un romanzo tratto da Le iene; ne avevo scritti un paio di capitoli quando mi sono detto: “Ma che cazzo sto facendo? C’era una volta a… Hollywood è il mio ultimo film, alla gente pare che sia piaciuto molto. È quello che dovrei usare!” Inoltre, in quel film c’era un sacco di materiale che avevo scritto e non era entrato nel girato, c’era tanta ricerca sui personaggi che si poteva utilizzare e approfondire. Ho pensato che al pubblico sarebbe interessato: era insieme una novelization e un romanzo su Hollywood.

I suoi film hanno fatto e fanno la storia del cinema, sia per il suo talento che per il suo approccio visionario, fatto di libertà e provocazione. Non le sembra che ora questa libertà sia un po’ venuta meno, con l’attuale tendenza al politically correct? Il suo ultimo film, per esempio, è stato oggetto di critiche da parte di alcune femministe…
Certo, ora è più difficile fare il film che si vuole. Difficile ma non impossibile: devi solo volerlo, devi avere la forza della convinzione. Non ti devi preoccupare se alla gente piacerà o no. Non ti devi preoccupare se diranno che hai fatto un brutto film. Ricordo l’epoca di Pulp Fiction: quel film provocò un numero incredibile di opinioni, alcune molto positive, altre meno. Alcune dicevano: “Ma no, questo tizio in fondo non ha fatto niente di speciale. Ha fatto un film divertente, e niente più”. E all’epoca leggevo queste opinioni e mi dicevo: “Cristo, ma qual è il vostro problema?”. Poi, rileggendole in seguito, qualcosa come quindici anni dopo, non mi sono sembrate per niente più lusinghiere… eppure mi sono detto che non andavano prese sul personale. Se il tuo film diventa parte del dibattito pubblico, se diventa qualcosa di cui parlare, evidentemente è perché ha significato qualcosa. Anni dopo magari raggiunge uno scaffale su una libreria e se ne parla di meno: ma è il modo in cui ci è arrivato che conta.

Quentin Tarantino Vista Theatre

Qualcuno dei suoi colleghi pensa che il cinema sia morto. Si dice che la pandemia e lo streaming abbiano letteralmente ucciso il cinema in sala. Lei cosa ne pensa?
Questo è da vedere, attualmente nessuno può dirlo. Quello che posso dire è che io stesso posseggo una sala a Los Angeles, dove si proiettano film del passato; quando abbiamo riaperto, la gente era folle di gioia, erano tutti affamati di cinema su grande schermo. Tanto affamati che mi hanno convinto ad acquistare un’altra sala! È tutto da vedere, ancora. Penso però che siamo stati molto fortunati a far uscire C’era una volta a… Hollywood nel 2019: siamo stati come un uccello che è riuscito a volare attraverso una finestra, un attimo prima che questa si chiudesse. Qualche penna è rimasta incastrata, ma lui è passato.

Esiste secondo lei un solo film che possa essere considerato il più importante di sempre? Dopo Pulp Fiction, ovviamente.
(ride) In realtà, cerco di non pensare a un film in termini di importanza o meno. Capisco la domanda… ma quando io faccio un film, non mi metto a pensare a quanto sarà considerato importante o innovativo tra trent’anni. Non ho mai pensato che la cosa contasse così tanto.

In Bastardi senza gloria e in C’era una volta a… Hollywood lei riscrive la storia. Lo fa come atto consolatorio, o che altro?
Beh, è un processo che è iniziato mentre scrivevo. Quando ho iniziato a scrivere Bastardi senza gloria, mi è subito sembrata una buona idea quella di cambiare la storia: forse ho iniziato a scriverlo proprio per quello scopo. Poi ho pensato che sarebbe stato bello fare una trilogia che cambiava la storia, includendo poi Django Unchained e C’era una volta a… Holywood. In un’intervista su quest’ultimo, mi hanno chiesto perché abbia usato lo stesso tipo di finale già usato in Bastardi senza gloria: io ho risposto che quello era il MIO finale, e quindi potevo usarlo e riusarlo a mio piacimento. Erano gli altri, casomai, che non potevano! Quella era roba mia!

C'era una volta a… Hollywood Extended Version

Quant’è cambiata la sua vita, e quanto sono cambiate le sue priorità, da quando è diventato padre?
Le mie priorità sono cambiate, per il semplice fatto che sono diventato padre verso la fine della mia carriera. È per questo che ho avuto un figlio adesso, e non dieci o quindici anni fa.

Quanto sono importanti i temi dell’epica e della morale, nella sua vita?
(dopo una lunga pausa) Non riesco a capire la domanda. Epica, etica? Non saprei, è come se mi chiedesse di sollevare un pianeta, con una domanda del genere. Magari sarebbe meglio cominciare da pesi più leggeri.

Qual è l’aspetto più importante dei suoi film, quello estetico o quello narrativo? E qual è che quello che viene prima?
Domanda interessante. Quando scrivo un film, in realtà, non penso davvero al film: penso piuttosto alla pagina scritta, alla storia, ai personaggi. A un certo punto, sono i personaggi a prendere il controllo della storia, e sono loro a guidarmi. In questa fase, non mi metto a pensare alle inquadrature e a come il film apparirà. Solo dopo, una volta terminato il processo di scrittura, penso al film come a una sequenza di inquadrature, penso alla pre-produzione, al lavoro con gli attori, ecc.

Tra tutti i personaggi dei suoi film, qual è quello con cui andrebbe più d’accordo? E quale, invece, quello con cui litigherebbe di più?
Limitandomi ai miei personaggi, e quindi lasciando da parte quelli di Jackie Brown, che sono tratti da un libro, beh, forse Cliff Booth è quello con cui andrei più d’accordo. Magari ci discuterei spesso, ma complessivamente ci andrei d’accordo. Invece litigherei tanto con Rick Dalton: perché lui ha avuto davvero una bella vita, oltre che una bella carriera, e almeno all’inizio non se ne rende conto, non è capace di apprezzarle. Anche se poi lui evolve nell’arco del film e del romanzo, e ci arriva anche ad apprezzarle. Anche Leo, durante le riprese, scherzando me lo diceva: tutti si sentono così dispiaciuti per Rick, ma perché? Ha avuto davvero una carriera straordinaria. Però in realtà non c’è nessun personaggio con cui vorrei stare a contatto, anche se magari ce ne sono alcuni che mi piacciono. Non vorrei mai vivere nei miei film, con l’eccezione di C’era una volta a… Hollywood.

Qual è il film che cancellerebbe volentieri dalla storia del cinema? E quale personaggio ucciderebbe volentieri?
Beh, Nascita di una nazione, di David Wark Griffith, credo abbia fatto un sacco di danni, e sarebbe stato meglio se non ci fosse mai stato. Non solo per il razzismo che c’era nel film, ma perché di fatto ha fatto rinascere il Ku Klux Klan. Questa organizzazione era morta nel secolo precedente, e a causa di quel film è rinata, riprendendo il controllo del sud degli Stati Uniti. Solo in seguito, con i movimenti per i diritti civili negli anni ‘60, questa organizzazione è stata sconfitta, ed è diventata irrilevante. Però, precedentemente, diverse persone di colore e di religione ebraica sono state assassinate dal Klan. Non sarebbero rinati se non fosse stato per quel film. Griffith è colpevole, in questo: se fosse stato messo sullo stesso banco degli imputati dei criminali del processo di Norimberga, sarebbe stato ritenuto colpevole. Con questo, però, non dico che avrei voluto ucciderlo. No, non vorrei mai uccidere nessuno. Però credo ci siano personaggi che per fortuna non sono più in giro.

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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