QUERIDO FIDEL

QUERIDO FIDEL

Per la sua prima regia Viviana Calò ci consegna con Querido Fidel una storia allo stesso tempo malinconica e ironica d’altri tempi, in cui il sogno e l’utopia non erano concetti desueti ma avevano ancora un motivo di esistere.

Sogno cubano

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In casa Tagliavini si balla la salsa e si mangia riso con fagioli. Comprare i platani, però, è un vero incubo, visto che sono praticamente introvabili. Insomma, tutto compone una tipica atmosfera caraibica che sarebbe normale se Emidio e la sua famiglia vivessero nel cuore dell’Avana. In realtà, sono napoletani e la loro quotidianità si muove al ritmo di un quartiere popolare naturalmente inclusivo. Cosi tanto accogliente da non fare nemmeno più caso alle bizzarrie di Emidio che, con la sua mimetica, si aggira ogni giorno tra i banchi del mercato e i venditori ambulanti per controllare che i prezzi non aumentino a svantaggio della gente. A muoverlo è un ideale socialista ereditato dal padre che, alla fine degli anni cinquanta, decise di combattere accanto a Castro per la rivoluzione cubana.

Ma a muovere i suoi entusiasmi è, soprattutto, il rapporto epistolare che, da oltre vent’anni, intrattiene niente meno che con il Comandante in persona. Nemmeno il figlio, votato al consumismo americano, e la caduta del muro di Berlino riescono a scalfire le sue sicurezze da rivoluzionario. Siamo sicuri, però, che il rapporto con Fidel, cui Emidio, tiene cosi tanto, non sia solamente un’illusione? Qualunque sia l’epilogo di questa storia, Viviana Calò ha scelto, per la sua prima regia, di costruire con Querido Fidel un elogio all’utopia, un ambiente narrativo in cui il sogno trova le condizioni ideali per crescere e riprodursi generazione dopo generazione, anche se con forme diverse. Perché mai, come in questo periodo, il pubblico, soprattutto quello più giovane, ha bisogno di tornare a credere nei sogni.

Caro Fidel ti scrivo

Querido Fidel recensione

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Estimado Comandante”, in questo modo Emidio inizia sempre le lettere che, mensilmente, scambia con Castro. Un incipit che racconta molto di più di quanto le parole, nella loro semplicità, possano dire. Dietro questo saluto rispettoso, infatti, si celano concetti come l’ideale e il desiderio di costruire un mondo diverso. Un’attitudine ormai estranea al discorso sociale e politico attuale. Non è un caso, dunque, che la regista, per ritrovarla intatta in tutta la sua ingenuità, ha dovuto portare indietro il calendario fino agli inizi degli anni novanta. Precisamente nel 1991, pochi mesi prima della caduta del muro di Berlino, che per alcuni ha rappresentato un gesto di libertà, mentre per altri la fine di un modello sociale in cui avevano creduto. Querido Fidel, però, non ha nessuna velleità di essere un film politico. L’argomento viene casualmente sfiorato ma rimane sullo sfondo come un suono lontano.

A guadagnare la scena all’interno di questa sceneggiatura, cucita come un abito sartoriale addosso a Gianfelice Imparato, è una sorta di tenera e ironica malinconia per i sogni disattesi. Nonostante delle ingenuità di scrittura, rintracciabili soprattutto nella gestione temporale di alcune situazioni, il film di Viviana Calò concentra in modo efficace la sua attenzione sull’animo umano di un uomo capace di sognare nonostante tutto. E, come spesso accade ai sognatori, è considerato pazzo. La sua follia, però, non è venata di disperazione ma vive di una forte umanità che la rende sempre ironica e moderna. Così, seguendo la giornata di Emidio, i suoi assurdi tentativi di sostenere la causa cubana e la guerra fredda casalinga con il figlio Ernesto, si viene coinvolti, quasi inconsapevolmente, da una divertente leggerezza che è tutt’altro che superficiale.

Napoli, la Cuba italiana

Querido Fidel recensione

Accanto a Emidio, la moglie Elena e il figlio Ernesto, si colloca anche un altro personaggio che tutti accoglie e attende. Si tratta della città di Napoli che, grazie alle sue naturali caratteristiche inclusive, sembra sorridere benevola qualunque cosa accada. Colma di suoni, di linguaggi e umanità, non emette giudizi ma si limita a prendere nota dell’originalità di chi si muove nei suoi spazi. Per questo motivo la sana follia di Emidio non solo non è giudicata, ma trova anche dei complici mossi soprattutto dall’amore nei suoi confronti e da una sorta di protezione per quell’utopia allo stesso tempo forte e fragile. Nonostante questo ruolo fondamentale, però, in Querido Fidel volutamente Napoli non viene fotografata nel dettaglio ma vive attraverso delle sensazioni sonore e i suoi volti, che parlano di un legame atavico con il mondo che l’ha abitata. E proprio quest’abitudine a scoprire le diversità degli altri, facendole diventare in qualche modo sue, ha reso la città il palcoscenico ideale in cui un uomo come Emidio può far crescere i suoi sogni in un gioco tra reale ed irreale.

Querido Fidel poster locandina

Scheda

Titolo originale: Querido Fidel
Regia: Viviana Calò
Paese/anno: Italia / 2021
Durata: 91’
Genere: Commedia
Cast: Gianfelice Imparato, Marco Mario de Notaris, Agamenon Quintero, Alessandra Borgia, Antonella Stefanucci, Antoniono Bruschetta, Jhon Narváez, Marcella Spina, Salma Tafur, Valentina Acca
Sceneggiatura: Viviana Calò
Fotografia: Emilio Costa
Montaggio: Niccolò Andenna
Musiche: Valerio Virzo, Giacomo Pedicini
Produttore: Viviana Calò, Agamenon Quintero
Casa di Produzione: Eskimo, Audioimage, Malintzin 14, TeleAut
Distribuzione: Altri sguardi, TeleAut

Data di uscita: 18/11/2021

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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