RESIDENT EVIL: WELCOME TO RACCOON CITY

RESIDENT EVIL: WELCOME TO RACCOON CITY

Resident Evil – Welcome to Racoon City, reboot della saga di origine videoludica diretto da Johannes Roberts, punta tutto sulla ricostruzione ambientale particolarmente fedele alla grafica del videogioco ma si dimentica di definire il carattere dei personaggi, preferendo gestire una sceneggiatura elementare e poco efficace anche dal punto di vista della tensione horror.

Storia di un film troppo atteso

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Si dice che quando si hanno troppe aspettative su di un determinato progetto, inevitabilmente si è destinati ad essere delusi. Ed è esattamente quanto è successo con Resident Evil: Welcome to Raccoon City, reboot della saga tratta dal famoso videogioco. Ma andiamo con ordine. Da quando il progetto è stato annunciato, gli appassionati hanno cominciato ad attendere con ansia le prime immagini, tanto che il trailer rilasciato è stato analizzato e recensito con la stessa serietà riservata a una pellicola. Se, però, non è possibile giudicare un libro dalla copertina, è altrettanto vero che la qualità di un film non può certo essere decretata da un trailer che, giocando spesso con un montaggio furbo, propina quanto di meglio la storia può offrire. Ed è esattamente quanto accaduto con questo nuovo capitolo, affidato alla visione e interpretazione del regista Johannes Roberts.

Dalle prime immagini passate sul web, infatti, sembrava che quella particolare maledizione legata allo scarso successo di adattamenti cinematografici di videogiochi potesse essere interrotta ma, in realtà, si è trattato solo di un momentaneo abbaglio. Nonostante la scelta di far uscire la saga dalla precedente ambientazione action per riportarla verso chiare atmosfere horror, il regista non riesce a trovare una voce personale, lasciando che i riferimenti del genere, e una fedeltà estetica alla grafica del gioco, definiscano la messa in scena e la sceneggiatura di una storia con scarsa capacità d’intrattenimento.

Ritornare a Rancoon City non fa paura

Resident Evil: Welcome to Raccoon City recensione

Prendete delle ambientazioni scure con una pioggia perenne dove “prospera” una nutrita di comunità di zombi, aggiungete le sperimentazioni genetiche di una misteriosa società come la Umbrella Corporation e, per finire, arricchite il tutto con un gruppo di coraggiosi, il cui compito è debellare il pericolo e svelare il mistero del virus T. Con pochi elementi si tratteggiano le caratteristiche di una classica storia horror che, certo, non punta tutto sul fattore sorpresa, visto che la materia è ampliamente trattata all’interno del videogioco. Come gestire, dunque, una vicenda che dovrebbe attirare sia l’attenzione degli appassionati della saga che quella di chi non ha seguito i capitoli precedenti? Una soluzione valida, ad esempio, potrebbe essere rappresentata dalla costruzione di personaggi validi, dalla personalità imponente, che dovrebbero vestire il coraggio e l’incoscienza degli eroi.

Roberts, forte della sua esperienza cinematografica nell’ambito degli horror a basso costo, in Resident Evil: Welcome to Raccoon City non presta assolutamente attenzione a questo particolare. Anzi, i suoi personaggi, ossessivamente attenti a non distaccarsi dalla versione originale del game, finiscono con l’essere caratterizzati da una sorta d’ingenuità che rasenta la sciocchezza, oltre che l’inesperienza. La completa attenzione del regista inglese è volta a lasciarsi dietro le spalle il franchise di Resident Evil, nato sotto l’ala creativa di Paul. W.S Anderson e legato al volto di Milla Jovovich.

Resident Evil: Welcome to Raccoon City recensione

Per ricondurre tutto al videogioco, dunque, riporta il calendario al 1998, rifacendosi alla premessa dei primi due capitoli di Resident Evil. Questo vuol dire, che, dal punto di vista narrativo, troviamo il personaggio di Claire, arrivata a Raccoon City per cercare il fratello Chris che, a sua volta, sta indagando sui primi esperimenti della Umbrella Corporation. Insieme alla recluta Leon S. Kennedy, la ragazza cerca di raggiungere il fratello tra un attacco zombie e l’altro. l problema del film, però, non risiede nemmeno nel chiaro e costante richiamo estetico e ambientale al videogioco. Anzi, sicuramente quest’aspetto sarà particolarmente gradito agli appassionati. Come preannunciato, invece, a rappresentare un limite di Resident Evil: Welcome to Raccoon City è una sceneggiatura farraginosa, composta da battute spesso inutili e volte solo a chiarire, nel caso ce ne fosse bisogno, la situazione. La personalità dei personaggi, poi, non è proprio pervenuta, riducendoli quasi a delle comparse il cui scopo, nel confronto con gli zombi, è creare una tensione horror altalenante e poco efficace. Unico elemento veramente positivo di questo horror scarsamente pauroso è la ricostruzione dell’ambientazione che, con attenzione maniacale, riesce a riportare sul grande schermo le atmosfere di alcune città americane in rovina e la grafica del videogioco. Il resto è noia. E, no, non ho detto gioia.

Resident Evil: Welcome to Raccoon City poster locandina

Scheda

Titolo originale: Resident Evil: Welcome to Raccoon City
Regia: Johannes Roberts
Paese/anno: Canada, Germania / 2021
Durata: 107’
Genere: Horror, Azione, Fantastico
Cast: Hannah John-Kamen, Kaya Scodelario, Tom Hopper, Avaah Blackwell, Avan Jogia, Carson Manning, Chad Rook, Darren W. Marynuk, Donal Logue, Dylan Taylor, Holly de Barros, Janet Porter, Jenny Young, Josh Cruddas, Lily Gao, Marina Mazepa, Nathan Dales, Pamela MacDonald, Robbie Amell, Sammy Azero, Stephannie Hawkins
Sceneggiatura: Johannes Roberts
Fotografia: Maxime Alexandre
Montaggio: Dev Singh
Musiche: Mark Korven
Produttore: Robert Kulzer, Martin Moszkowicz, Hartley Gorenstein, Dylan Tarason, James Harris
Casa di Produzione: Davis Films, Constantin Film
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 25/11/2021

Trailer

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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