CALCINCULO
Opera seconda di Chiara Bellosi, Calcinculo è un’interessante disamina dell’incontro tra due personaggi ai margini, con un approccio vagamente fiabesco e un approdo incerto. La regia fa parlare due volti e due corpi ugualmente affamati, quelli degli ottimi protagonisti Gaia Di Pietro e Andrea Carpenzano.
Incontro di marginalità
Dopo il dramma processuale Palazzo di giustizia, suo esordio risalente al 2020, il cinema della regista Chiara Bellosi cambia ambientazione, ma non (molto) la sua sostanza: ancora una storia al femminile, ancora un personaggio adolescente alle prese con una realtà soffocante – qui nella forma di un non luogo sito nell’estrema periferia romana – e con una difficile voglia di fuga. La possibilità di scappare, per la Benedetta che fa da protagonista a Calcinculo, arriva out of the blue, con l’approdo nella zona di un gruppo di giostrai. Tra questi, la ragazza stringe amicizia con Amanda, una donna transgender che occasionalmente si prostituisce per i clienti della zona. Le due stabiliscono un legame improbabile quanto forte, trainato dalle rispettive solitudini: quella di Amanda, aspirante stella che sogna la televisione ma è intrappolata nella sua vita ai margini, come una delle sue farfalle imbalsamate; e quella di Benedetta, quindicenne con problemi di sovrappeso, alle prese con una madre che – senza dirlo esplicitamente – la incolpa di essere stata la causa della messa da parte dei suoi sogni di diventare ballerina. Benedetta e Amanda, personaggi con nomi che sono essi stessi auspici (colei che viene toccata da una benedizione, e colei che deve essere amata) entrano subito in connessione.
Una fiaba sui generis
C’è un che di fiabesco nella premessa di Calcinculo, con l’arrivo dei giostrai in un luogo spoglio e circondato dalla campagna incolta, spazio solitario che per la protagonista rappresenta quasi una prigione a cielo aperto; la macchina da presa indugia spesso sui papaveri che crescono nella zona malgrado tutto, quasi un auspicio per il personaggio di Benedetta (l’ottima esordiente Gaia Di Pietro), fiore selvaggio che rischia di non sbocciare mai.
Il giungere del parco dei divertimenti, forse memore della fiera de Il popolo dell’autunno di Ray Bradbury – e della sua affascinante e pericolosa umanità – è un richiamo forte per la protagonista, nella forma di uno spirito affine e analogamente condannato a un vagare privo di meta e costrutto. Amanda, a cui dà vita un versatile Andrea Carpenzano, sogna il volo ma è condannata a restare a terra come una delle sue farfalle, rimirata, toccata e usata da clienti distratti, quando non violenti. Forse, per le due, l’unica soluzione è girare senza sosta intorno a un centro, come nella giostra che dà il titolo al film, pagando ogni volta per un’altra (effimera) rivoluzione.
Spinte verso il fuori
Eppure, la forza centrifuga della giostra di Calcinculo non eguaglia quella centripeta esercitata sul personaggio di Benedetta, simboleggiata dallo stesso atto (la spinta violenta) che ne è simbolo. Alla forza inebriante ma rassicurante del volo sempre uguale a se stesso, si contrappone per la ragazza lo scarto, la deviazione laterale: dopo aver ricevuto quella spinta, la giovane forzatamente non sarà più la stessa. In fondo, la fuga per la protagonista quindicenne sembra essere stata semplicemente una premessa per altro, anche se non sappiamo precisamente per cosa: ma è proprio nell’abbandono del suo singolare harem di cemento, posto in mezzo a un paese fatato vittima di una maledizione invisibile, che Benedetta può iniziare a cercare la sua via. Una via stimolata (inconsapevolmente) dal personaggio di Amanda, ma non esauritasi con la presenza di quest’ultimo; l’incontro tra le due è premessa e promessa per un approdo incerto. Certamente fuori dalla giostra e dal simbolico reiterarsi del suo movimento circolare.
La fame che accomuna
La regia di Chiara Bellosi segue fin dall’inizio, da vicino, il personaggio interpretato da Gaia Di Pietro, facendo coincidere il suo sguardo con quello dello spettatore: la timidezza fremente del suo approccio verso l’esterno (e la sua stessa fame) è la stessa della regia, che progressivamente si apre ad accogliere l’alterità. Una regia contrassegnata da piani sequenza e da frequenti inquadrature ravvicinate a scrutare il volto della protagonista, cogliendone le trasformazioni, parallele al mutare dello spazio intorno a lei. La sceneggiatura di Calcinculo riduce i dialoghi all’osso, lasciando parlare i volti e i corpi (entrambi affamati, anche se in modi diversi) delle due protagoniste, affidandosi anche a un mesmerico e riuscito commento musicale. Sequenze dalla valenza liberatoria (il bagno nel fiume) si alternano ad altre in cui la regia si fa più discreta, nascondendosi dietro ai sussurri biascicati e ai non detti dei due personaggi. Lo sbocciare di Benedetta, contrastato come quello di ogni principessa fiabesca, sarà condizione primaria per un viaggio di cui abbiamo visto solo il principio. Se vivrà felice e contenta, non ci è dato saperlo: e forse è proprio questo il bello.
Scheda
Titolo originale: Calcinculo
Regia: Chiara Bellosi
Paese/anno: Italia, Svizzera / 2022
Durata: 88’
Genere: Drammatico
Cast: Barbara Chichiarelli, Alessio Praticò, Andrea Carpenzano, Francesca Antonelli, Giandomenico Cupaiuolo, Claudia Salerno, Gaia Di Pietro, Germana Petavrachi, Paola Tintinelli, Rachele Petavrachi
Sceneggiatura: Luca De Bei, Maria Teresa Venditti
Fotografia: Claudio Cofrancesco
Montaggio: Carlotta Cristiani
Musiche: Giuseppe Tranquillino, Fabrizio Campanelli
Produttore: Valeria Jamonte, Manuela Melissano, Carlo Cresto-Dina, Katrin Renz
Casa di Produzione: Tellfilm, RSI-Radiotelevisione Svizzera, Rai Cinema, Tempesta
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
Data di uscita: 24/03/2022