HILL OF VISION

HILL OF VISION

Il regista Roberto Faenza torna a interpretare la guerra attraverso gli occhi di un bambino e gli eventi di una vita eccezionale. Nonostante una realizzazione dal gusto televisivo, in Hill of Vision la vita di Mario Capecchi riesce a prendere il sopravvento, e a coinvolgere lo spettatore in una forte ondata emotiva finale.

Storia di un uomo mai stato bambino

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Spesso si dice che la vita ha sicuramente più fantasia e imprevisti di qualsiasi racconto o intreccio cinematografico. Una considerazione che vale sicuramente per la vicenda personale di Mario Capecchi. Un nome, il suo, che potrebbe non dire nulla a molti ma che porta con se il mistero di un’esistenza eccezionale e di un messaggio di rinascita che non ammette dubbi o tentennamenti. Ma di cosa si tratta? Quali intrecci e colpi di scena nasconde il percorso personale di quest’uomo sconosciuto al grande pubblico fino a oggi? In effetti di Mario Capecchi non si è mai parlato fino a quando, nel 2007, gli è stato consegnato il Nobel per la Medicina. E anche dopo questo evento così importante da un punto di vista professionale, la parte più romanzata e avventurosa della sua vita è rimasta tranquillamente sommersa nell’ombra.

Hill of Vision, un frame del film
Hill of Vision, un frame del film di Roberto Faenza

Eppure, basta pensare a un bambino di appena cinque anni che vaga in solitaria per le strade di un’Italia ferita dalla guerra per intuire tutto il potenziale cinematografico. Figlio di un italiano fascista e di un’americana attiva nella resistenza, il piccolo Mario si trova prestissimo a dover vivere di espedienti e lottare per la propria sopravvivenza come un animale selvatico. Ed è proprio quello che diventa, lontano da qualsiasi regola e tutela del mondo adulto, fino a quando la madre non riesce a uscire viva dal campo di concentramento in cui era stata imprigionata. Ma il suo percorso non finisce certo qua. Arrivato in America per vivere in casa con gli zii materni, deve affrontare la debolezza psichica della madre e la sua personale difficoltà di adattarsi a una società civile.

Dal mangiare con le mani, passando per la sua fame atavica e un’aggressività reattiva, apparentemente senza motivo, tutto parla di un ragazzo destinato a rimanere ai margini. Nonostante questo, però, Mario riesce a utilizzare la sua straordinaria intelligenza e a convogliare quella necessità naturale di lottare negli incontri di lotta libera. Un percorso graduale e costante che, con il tempo, lo ha portato a diventare un ricercatore indubbiamente originale e particolare, ma anche il protagonista naturale di un racconto cinematografico.

Faenza e i bambini in guerra

Hill of Vision, una foto del film
Hill of Vision, una foto del film di Roberto Faenza

Già con Jona che visse nella balena il regista Roberto Faenza si era confrontato con il tema della guerra vissuta e raccontata attraverso gli occhi di un bambino. Però, se in questo caso il film portava direttamente le angherie e le miserie umane all’interno di un campo di concentramento, nel caso di Hill of Vision si rimane all’esterno, in una sorta di finta libertà che ha il sapore della trascuratezza. In entrambi i casi, comunque, il racconto si concentra su quell’infanzia abbandonata, destinata a portare per sempre i segni emotivi di quel periodo sulla propria psiche. In questo senso, dunque, sia Jona che Mario sono i diretti discendenti di quella giovinezza immortalata dal neorealismo italiano. Basta pensare a Sciuscià o Germania anno zero, per ritrovare e sentire quella solitudine esistenziale destinata a gravare come un destino pesante.

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Nonostante questo, però, il film e la messa in scena di Faenza mancano proprio di quel senso del reale tangibile che avrebbe reso l’avventura di Capecchi ancora più importante. In modo particolare, la prima parte di Hill of Vision, ossia proprio quella della guerra e degli anni più giovanili, risente di una certa artificiosità che, soprattutto nella fotografia, ci rimanda la sensazione di un prodotto televisivo, più che cinematografico. Nonostante questo, però, quando il racconto diventa meno “fisico” e più emotivo riesce finalmente a portare lo spettatore oltre la messa in scena per un viaggio emozionante.

Dall’Italia all’America

Hill of Vision, Jake Donald-Crookes in un'immagine del film
Hill of Vision, Jake Donald-Crookes in un’immagine del film di Roberto Faenza

La vita di Mario Capecchi sembra essere costruita proprio come un racconto cinematografico con un primo e secondo tempo. In quest’organizzazione naturale, dunque, vengono messe a confronto due realtà culturali e sociali profondamente diverse, che però, nella relazione con l’infanzia, non dimostrano di avere poi grandi differenze. Da una parte, infatti, c’è l’Italia che porta le feriti strutturali ed emotive della guerra. Dall’altra, invece, l’America dove nulla sembra essere successo e il conflitto è solo un’eco lontano di qualche cosa accaduto eppure mai visto. Ma cosa unisce queste due realtà? Come abbiamo preannunciato, il rapporto del mondo adulto con quello più giovane. Da una parte si mette in evidenza l’indifferenza umana nei confronti di un’età che dovrebbe solo ricevere attenzioni. Nella seconda, invece, una società apparentemente ordinata non ammette e non comprende la diversità di chi ha bisogno di essere interpretato e guidato con un tocco diverso. Una realtà che in Hill of Vision, dallo schermo, riesce a raggiungere lo spettatore con una certa forza emotiva, portandolo, nel finale, al di là dei limiti realizzativi del film.

Hill of Vision, la locandina del film

Scheda

Titolo originale: Hill of Vision
Regia: Roberto Faenza
Paese/anno: Italia / 2022
Durata: 101’
Genere: Drammatico, Biografico
Cast: Francesco Montanari, Marco Boriero, Rosa Diletta Rossi, Benno Steinegger, Edward Holcroft, Elisabeth Kanettis, Katja Lechthaler, Laura Haddock, Andrea Dallan, Beatrice Aiello, Elisa Lasowski, Jake Donald-Crookes, Lorenzo Ciamei, Luca Viti, Neil McGarry, Ruben Buccella, Rufus Gleave, Sarah McGarry, Sofia D'Elia, Valentin Reichhalter
Sceneggiatura: David Gleeson, Roberto Faenza
Fotografia: Giuseppe Pignone
Montaggio: Walter Fasano
Musiche: Andrea Guerra
Produttore: Elda Ferri, Milena Canonero, Rex Glensy
Casa di Produzione: Rhino Films, Jean Vigo Italia, Rai Cinema
Distribuzione: Altre Storie

Data di uscita: 16/06/2022

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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