THE ETERNAL DAUGHTER

THE ETERNAL DAUGHTER

Film strano e difficile da classificare, percorso da un’atmosfera da mistery che frustra le aspettative non esplodendo mai, The Eternal Daughter vuole riflettere sui legami familiari e sulla paura della perdita; un messaggio che la regista Joanna Hogg tiene tuttavia a un livello embrionale, per un film elegante visivamente quanto involuto a livello concettuale. In concorso alla 79a Mostra del Cinema di Venezia.

Nebbie del passato

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Tra gli oggetti cinematografici più strani e inclassificabili di questa 79a edizione della Mostra del Cinema di Venezia c’è sicuramente questo The Eternal Daugther, film presentato nel concorso, diretto dalla regista britannica Joanna Hogg. Un lavoro su cui aleggiava un velo di mistero, derivato dalla stringata sinossi comunicata dalla produzione, ma anche da una lavorazione effettuata praticamente in segreto, durante i mesi del primo lockdown della pandemia. Un mistero, quello che ha finora circondato questa nuova opera della Hogg, aumentato anche da un cast composto da pochissimi nomi, tra cui spicca quello della protagonista Tilda Swinton, e dalla generica definizione di “dramma mistery”, classificazione che può voler dire praticamente tutto (o niente). Di fatto, ormai raramente capita – nell’epoca della comunicazione social e dei rumors sui film circolati anche anni prima dell’uscita – di approcciarsi a un film con sguardo così vergine, senza sapere precisamente a cosa si andrà incontro. Un’incertezza che, nel caso di The Eternal Daughter, viene in parte mantenuta anche durante la visione del film. E forse anche dopo. Ma andiamo con ordine.

Un film per un legame

Il film di Joanna Hogg ha per protagonista il personaggio di una regista cinematografica in crisi, che sta tentando di scrivere una sceneggiatura per un film autobiografico, che dovrebbe essere basato sul complesso rapporto che la lega a sua madre. La donna, per superare l’impasse creativa, decide di trascorrere un periodo insieme all’anziana madre nell’hotel che un tempo fu la casa di gioventù di quest’ultima, sperando di indurre la madre ad aprirsi e a fornirle alcuni dettagli utili per il suo lavoro. Appena arrivate sul posto, le due trovano tuttavia un’atmosfera strana e lugubre, con l’hotel perennemente immerso nella nebbia e l’assenza praticamente totale di altri visitatori. In più, la protagonista ha difficoltà ad addormentarsi la notte a causa di strani rumori provenienti dalla camera sopra alla sua, apparentemente a causa di una finestra lasciata aperta. Nel frattempo, il suo lavoro procede a rilento, mentre il solco di incomunicabilità da sempre presente con sua madre sembra approfondirsi anziché ridursi.

Un look da horror britannico

The Eternal Daughter, Tilda Swinton in un momento
The Eternal Daughter, Tilda Swinton in un momento del film

Dramma psicologico di matrice familiare, basato praticamente su due soli personaggi (entrambi interpretati da Tilda Swinton), The Eternal Daugther sceglie curiosamente di mascherarsi da horror, con un’estetica e una colonna sonora che ricalcano smaccatamente le produzioni orrorifiche britanniche di mezzo secolo fa (in particolare i film della Hammer). La suggestiva location dell’albergo è una specie di isola galleggiante in un oceano di nebbia: una nebbia che circonda perennemente luoghi e ambienti, conferendo da subito al film un look da fiaba gotica. Un approccio visivo ed estetico a cui concorre anche il taglio della fotografia – che simula efficacemente la grana della pellicola – nonché l’architettura dell’hotel, interni ed esterni praticamente immobilizzati nel tempo, nei lugubri corridoi e nel mobilio interamente d’epoca, che fanno il paio con l’imponente facciata. Stona quasi, nei primi minuti del film, vedere la receptionist (personaggio innaturalmente sgarbato) cercare la prenotazione delle due donne al computer, tanto appare inadeguato uno strumento del genere in un contesto come quello mostrato dal film.

Un incubo potenziale

The Eternal Daugther sembra puntare fin dall’inizio a trasportare lo spettatore in una dimensione altra, all’interno di un incubo in potenza che non esplode mai, che al contrario blandisce e insieme minaccia lo spettatore. La regista frustra le aspettative prolungando indefinitamente una tensione (forse) sovrannaturale cristallizzata: la promessa di un orrore che non si realizza, che diventa attesa cronica, come un’anticamera infinita che vede l’ingresso nella stanza principale allontanarsi anziché approssimarsi. Una metafora, forse, delle difficoltà di comunicazione tra le due donne, costantemente frustrate dall’atteggiamento della protagonista, teso da un lato a catturare l’essenza (a scopo artistico) di una genitrice mai realmente conosciuta, dall’altro a compensare la “violazione” con un atteggiamento protettivo tale da sfiorare il soffocamento. Lo spazio dell’albergo non sembra aiutare la regista, ma pare invece sbloccare qualcosa in sua madre, che attraverso i propri ricordi potrà forse indicare a sua figlia una via possibile per raccontare la loro storia. Accettandone tutte le componenti, comprese quelle più dolorose.

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Una sostanza semplice sotto una costruzione (troppo) elaborata

The Eternal Daughter vuole essere riflessione sull’affetto familiare e sulla (paura della) perdita, argomenti approcciati attraverso un’estetica insolita, che pone il film più sul terreno del lavoro concettuale che su quello del racconto cinematografico propriamente detto. Il problema di questo lavoro di Joanna Hogg è però che il concetto espresso, in definitiva, resta a un livello embrionale, annegato in una costruzione estetica tanto elaborata quanto (a volte) gratuitamente improntata al formalismo. Il film prepara in tutti i modi lo spettatore a un twist narrativo che è tutto meno che tale, scegliendo di giustificarne narrativamente le premesse piuttosto che enfatizzarne la (presunta) sorpresa. Il film di Joanna Hogg percorre questa strada attraverso un susseguirsi di eventi poco contestualizzati e giustificati, che danno l’idea di dilatare oltremodo le dimensioni del film – a dispetto di una durata di soli 96 minuti – anziché sostanziarne il racconto. La “morale”, che evitiamo di rivelare, appare basilare e poco approfondita, estratta a forza da un’estetica sovraccarica di simboli e suggestioni prive di evoluzione (il rumore insistente, la fuga del cane, la misteriosa figura alla finestra). Alla fine, tutto il film di Joanna Hogg pare celare un messaggio molto semplice, sotto la sua strana, per certi versi ipnotica patina. Forse non abbastanza per giustificare uno sforzo simile.

Scheda

Titolo originale: The Eternal Daughter
Regia: Joanna Hogg
Paese/anno: Regno Unito, Stati Uniti / 2022
Durata: 96’
Genere: Drammatico, Thriller, Fantastico
Cast: Tilda Swinton, Joseph Mydell, Alfie Sankey-Green, August Joshi, Carly-Sophia Davies, Zinnia Davies-Cooke
Sceneggiatura: Joanna Hogg
Fotografia: Ed Rutherford
Montaggio: Helle le Fevre
Produttore: Ed Guiney, Martin Scorsese, Joanna Hogg, Andrew Lowe, Emma Norton, Eimhear McMahon
Casa di Produzione: Sikelia Productions, BBC Films, A24, Element Pictures, JWH Films

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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