PRIMADONNA

PRIMADONNA

L’opera prima di Marta Savina – già vincitrice del premio Panorama Italia nell’ultima edizione di Alice nella Città – è un solido film di scrittura e attori, che racconta con vigore e realismo la vicenda di colei che per prima si oppose al matrimonio riparatore nella Sicilia degli anni ‘60: un film, questo Primadonna, che mantiene un buon equilibrio tra il rigore della ricostruzione storica e le esigenze più prettamente spettacolari, unendo bene cronaca e passione civile.

La riparazione di Lia

Pubblicità

Per celebrare la Giornata internazionale dei diritti della donna – impropriamente chiamata festa – quest’anno la distribuzione italiana ha scelto un titolo emblematico come questo Primadonna, opera prima di Marta Savina, già presentata nella scorsa edizione di Alice nella Città (dove ha vinto il premio Panorama Italia). Un film, quello di Savina, che vuole innanzitutto raccontare un’epoca e un contesto culturale che oggi potrebbero apparire lontanissimi, ma che in realtà si situano più vicino – tanto a livello spaziale che storico – di quanto non ci farebbe piacere credere. La storia è quella, reale, di Franca Viola, la prima donna italiana che negli anni ‘60 si oppose alla pratica del matrimonio riparatore, trascinando in tribunale in tribunale il suo stupratore e aprendo la strada alla successiva revisione della legge, nel 1981. Il contesto è quello di una Sicilia contadina e patriarcale in cui la consuetudine si affianca alle norme scritte, spesso insinuandosi nei tanti spazi grigi da queste lasciati. La regista aveva già dedicato alla vicenda, nel 2017, il cortometraggio Viola, Franca: qui, per l’occasione, cambia nome alla protagonista – divenuta Lia Crimi – ma ne mantiene l’interprete, l’ottima Claudia Gusmano. Ad affiancarla, un cast che vede in primo piano il padre della ragazza, col volto di Fabrizio Ferracane, ma anche l’aguzzino Lorenzo Musicò, figlio del boss locale interpretato da un Dario Aita sgradevole quanto basta.

Guardare oltre, nel quotidiano

Primadonna, Claudia Gusmano e Fabrizio Ferracane in un momento del film
Primadonna, Claudia Gusmano e Fabrizio Ferracane in un momento del film di Marta Savina

Primadonna è un film di scrittura e interpreti che potremmo definire vecchio stampo, privo di svolazzi o di particolari virtuosismi di regia, tutto concentrato sul dramma da mettere in scena, e chiuso nel microcosmo opprimente del luogo (un paesino della Sicilia rurale) in cui la storia è ambientata. Un luogo che da subito va stretto a Lia, giovane donna che “guarda oltre”, e forse anche per questo invaghitasi di quell’uomo – il Musicò interpretato da Aita – a cui per genere e status è riconosciuta quella libertà che a lei viene invece negata. Una libertà che, come la giovane scoprirà presto, va invece conquistata con le unghie e coi denti, con una determinazione che comporta inevitabilmente – nel contesto preso in esame, specchio di una Sicilia ancora stretta tra un passato atavico e un futuro tutto da decifrare – stigma sociale e solitudine. Ma Lia, quella determinazione, dimostra subito di averla, fin dalle prime battute del film: ed è una determinazione che non ha certo bisogno di gesti eclatanti, ma che può esprimersi giorno per giorno nel quotidiano. Anche, semplicemente, scegliendo di andare ad aiutare il padre contadino nei campi, sporcandosi le mani di terra come non si converrebbe a una donna. Forse è proprio per questo che il genitore (un Fabrizio Ferracane parimenti misurato e intenso) decide di restare al suo fianco fino alla fine, riuscendo da par suo a superare i condizionamenti della sua cultura d’appartenenza.

L’importanza del contesto

Primadonna, Claudia Gusmano e Dario Aiuta in un momento del film
Primadonna, Claudia Gusmano e Dario Aiuta in un momento del film di Marta Savina

La sceneggiatura scritta dalla stessa Savina si muove abilmente tra la descrizione del privato della ragazza – di cui coglie il misto di determinazione, e di sempre più netta consapevolezza di essere (quasi) sola – e quella contestuale, intessuta soprattutto tramite i personaggi di contorno. Tra questi, innanzitutto il già citato Lorenzo Musicò, villain meschinamente inconsapevole, certo dell’impunità in quanto circondato da una struttura di potere – formale e informale – che ne sorregge e giustifica le azioni. Una struttura che lambisce la stessa famiglia di Lia, nella figura iniziale di un avvocato (il parimenti sgradevole Gaetano Aronica) che arriva al paradosso – quasi grottesco, se pensato oggi – di rappresentare contemporaneamente entrambe le parti in causa. Una figura a cui si contrappone quella più fragile (ma assolutamente tridimensionale e credibile) del legale scelto dalla ragazza, interpretato da Francesco Colella: un outsider, la cui fragilità diventa forza, anche quando subisce una violenta ritorsione per il suo operato. Una figura che la sceneggiatura riesce a valorizzare al meglio, pur nel tempo relativamente ridotto a lui dedicato.

Rigore e passione

Primadonna, Francesco Colella e Fabrizio Ferracane in una scena del film
Primadonna, Francesco Colella e Fabrizio Ferracane in una scena del film di Marta Savina

Più in generale, la forza di Primadonna sta proprio nell’equilibrio e nella pregnanza della scrittura, più che in una regia che rifiuta coscientemente qualsiasi personalismo, al punto da apparire a tratti eccessivamente piana e priva di guizzi (non aiutata, in questo, da una fotografia dal taglio forse troppo televisivo). Poco importa, perché il film di Marta Savina fa il suo con consapevolezza, e uno slancio etico e civile proprio di un cinema italiano d’altri tempi: a essere dosate bene, in particolare, sono la componente più propriamente emotiva – che emerge in particolare quando la regia si mantiene più vicina alla protagonista, sviscerando il terremoto che la sua vicenda esercita sulla sua famiglia – e quella di analisi antropologica, che domanda la giusta dose di realismo e una ricostruzione credibile degli eventi. Ricostruzione che sfocia efficacemente in un’ultima parte in cui il film abbraccia il genere processuale, e che vede fondersi le due appena menzionate componenti: il rigore della narrazione e la credibilità della ricostruzione riescono a coinvolgere, anche laddove si sappia esattamente come andarono i fatti. E basta questo, in definitiva, per decretare la sostanziale riuscita di quest’opera prima di Marta Savina.

Primadonna, la locandina del film
Pubblicità

Scheda

Titolo originale: Primadonna
Regia: Marta Savina
Paese/anno: Italia / 2022
Durata: 102’
Genere: Drammatico
Cast: Fabrizio Ferracane, Francesco Colella, Paolo Pierobon, Dario Aita, Manuela Ventura, Francesco Cristiano Russo, Thony, Angelo Faraci, Claudia Gusmano, Francesco Giulio Cerilli, Gaetano Aronica, Maziar Firouzi
Sceneggiatura: Marta Savina
Fotografia: Francesca Amitrano
Montaggio: Paola Freddi
Musiche: Yakamoto Kotzuga
Produttore: Virginia Valsecchi, Malcom Pagani, Moreno Zani
Casa di Produzione: Capri Entertainment, Medset Film, Rai Cinema, Vision Distribution, Tenderstories
Distribuzione: Europictures

Data di uscita: 08/03/2023

Trailer

Pubblicità
Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.