BEAU HA PAURA

BEAU HA PAURA

Ari Aster torna al cinema dal 27 aprile 2023 con i misteri, la follia e l’umorismo del suo terzo, inclassificabile film, Beau ha paura. Con Joaquin Phoenix, Patti LuPone, Parker Posey, Amy Ryan, Nathan Lane e molti altri, un divertente viaggio da incubo nei meandri di una personalità e di un legame madre-figlio davvero particolari.

Joaquin degli spiriti

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La doppietta Hereditary (2018) e Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019) ne ha fatto una delle voci più autorevoli del panorama horror contemporaneo, consentendo ad Ari Aster di trovarsi nell’elettrizzante (e ansiogena) posizione di poter fare, di poter essere, tutto quello che vuole. E sapete cosa? Invece di lasciarsi prendere dalle insicurezze, ha scelto di stare al gioco e di accettare la sfida. Non mancherà una certa polarizzazione dei consensi, perché è nella natura ostinatamente controcorrente del film attirare una vasta gamma di risposte che spaziano dall’entusiasta all’estenuato, dall’irritato al confuso… C’è sicuramente chi liquiderà Beau ha paura, nelle sale italiane il 27 aprile 2023 per I Wonder Pictures – nel cast Joaquin Phoenix, Amy Ryan, Patty LuPone, Parker Posey e Nathan Lane – alla stregua di una morbosa fantasia autoindulgente e troppo lunga (tre ore!) che dimostrerebbe, al di là di ogni ragionevole dubbio, i rischi che si corrono a concedere troppo margine di manovra a un autore. La rivoluzione chiama d’istinto la restaurazione.

Tre ore sono un mucchio di tempo e l’immaginario evocato dal regista americano per la sua scorribanda esistenziale che anche è un minestrone di generi – commedia dal sapore malinconico, venata di suggestioni oniriche e infusa di un battito horror non convenzionale – è frutto di un’ambizione autoriale senza freni e compiacente. Ari Aster è bravo, sa di esserlo e si premura di farcelo capire in ogni istante. Ma il punto è che, per tutte le sue ambizioni sbilanciate e il senso recondito di colossale esagerazione che lo percorre, Beau ha paura è un film sì difficile ma vivo, imperfetto e insieme vibrante di un forte senso della vita e del cinema. Sostiene Fellini, non conta che un film sia bello o brutto, purché sia vitale. Beau ha paura è un bel film, complicato e irrisolto. Soprattutto vitale.

La vita di Beau è problematica (eufemismo)

Beau ha paura, Zoe Lister-Jones e Armen Nahapetian in una scena del film
Beau ha paura, Zoe Lister-Jones e Armen Nahapetian in una scena del film di Ari Aster

Beau (Joaquin Phoenix, nei flashback Armen Nahapetian) nasce in silenzio, forse per reazione allo strepito circostante. Comincia a piangere solo quando il dottore lo sculaccia, e da quel momento non si ferma più. Beau è un infelice di mezza età, un po’ stempiato e con la pancetta; vive in un incubo urbanistico che sarebbe generoso definire un quartiere malfamato e non può abbassare la guardia neanche per un attimo, perché le strade pullulano di aggressori senza nome. Il suo è un condominio diroccato e coperto di graffiti, senza acqua corrente, con gli ascensori cigolanti e un’infestazione di ragni velenosi. Beau dovrebbe partire a breve per andare a trovare la madre Mona (Patty LuPone, nei flashback Zoe-Lister Jones) ma gli rubano le chiavi di casa e la valigia, e non sa che fare. Ne parla con la madre – hanno un rapporto complicato che occupa il 95% dei colloqui con il terapeuta (Stephen McKinley Henderson) – ma lei non gli crede e pensa sia tutta una scusa per non andare a trovarla. Beau ha paura e non sa decidersi. Alla fine parte, ed è da qui che comincia il suo incubo.

L’odissea di Ari Aster

Beau ha paura, Joaquin Phoenix, Amy Ryan e Nathan Lane in una scena del film
Beau ha paura, Joaquin Phoenix, Amy Ryan e Nathan Lane in una scena del film di Ari Aster

Restituire in modo limpido, pulito, la sinossi di Beau ha paura? Impossibile, forse, e nemmeno giusto, perché l’estro e la naturale propensione per l’ambiguità del cinema di Ari Aster suggeriscono di abbracciare il caos, non di domarlo. Ci sono degli aspetti che meritano di essere chiariti ugualmente. Narrativamente, la forma del film è quella del viaggio, dell’on the road; meglio, dell’odissea. Beau deve spostarsi dal punto A (la sua casa) al punto B (la mamma), e non si tratta di una semplice questione di taxi, aerei e chissà cos’altro. No, il viaggio decisivo per Beau è quello intimo, esistenziale, sotterraneo. Raggiungere la madre lontana è un modo come un altro per rielaborare il confuso groviglio di ansie, paranoie, complessi e non detto di un legame viscerale e declinato nella maniera più tossica possibile, misurando la soggezione all’autorità materna e inseguendo un sogno di libertà e indipendenza. Essere quello che si vuole, senza nessuno che metta i bastoni fra le ruote.

Nel corso del viaggio, che si mantiene su una linea di irrealtà onirica tendente all’incubo ma ricca di black humour, Beau avrà modo di fare molti incontri. Ferito, sarà accolto da una coppia amorevole e soffocante, Amy Ryan e Nathan Lane; hanno perso un figlio in guerra, ne hanno accolto in casa un commilitone (Denis Ménochet) e cedono al protagonista la camera della secondogenita (Kylie Rogers), che non la prende affatto bene. Miracolosamente scampato alla prigionia, troverà rifugio presso una compagnia di attori itineranti che allestiscono uno spettacolo teatrale nel bosco che somiglia da vicino alla vita di Beau; legherà soprattutto con la giovane Penelope (Hayley Squires). Arrivato, finalmente, a casa, ritroverà l’amore perduto di una vita, Elaine (Parker Posey, nei flashback Julia Antonelli). Ogni tappa ha la sua chiave visiva, una forma particolare e le sue insidie. Il mood generale è sempre lo stesso. Ansiogeno, paranoico, nevrotizzante. Nella sua totale assurdità, anche molto buffo.

Famiglie e legami molto complicati, l’abc del cinema del regista americano

Beau ha paura, Joaquin Phoenix in una sequenza del film
Beau ha paura, Joaquin Phoenix in una sequenza del film di Ari Aster

La distanza che separa una vita “protetta” dal caos, le angosce e le zone d’ombra della quotidianità, decide in ultima istanza il grado di felicità di quella vita. Nel caso di Beau, questa distanza è un oceano insuperabile costellato di nevrosi, incubi ricorrenti e insicurezze riconducibili al peccato originale, un rapporto morbosamente co-dipendente tra una madre e un figlio che non capiscono che ciò che entrambi inseguono è un veleno che ne intorbiderà la vita: essere dominato, per lui, dominare, nel caso di lei. Per lo standard di riferimento, fantasia d’autore smodatamente autoreferenziale che cade sotto i colpi di un’ambizione esagerata, Beau ha paura è una curiosa contraddizione. Nella sua libertà formale e nell’audacia tematica, il film è molto più coerente e rigoroso (e riuscito) di quanto non appaia a un occhio distratto.

Il cinema di Ari Aster era fotografia di famiglie disfunzionali e cronaca di rapporti caotici, così resta. Cambia, con il terzo film, la dimensione della tela, il rapporto con il tempo e lo spazio. Della struttura a episodi Beau ha paura prende il meglio, il senso di un movimento continuo che gioca con le aspettative dello spettatore in modo furioso – non si sa mai cosa potrà succedere dopo – ma anche i limiti, un’oscillazione della qualità complessiva. Non tutto ha la poetica e ambigua forza del film dentro il film, la digressione animata che racconta bene della capacità dell’arte di parlare alla vita di ognuno di noi, ma tanto basta. Nella giostra impazzita di un cast corale, trionfa la personalità spezzettata, lamentosa e malinconica di un superbo Joaquin Phoenix, che qui lavora addirittura di sottrazione ingrigendosi, rimpicciolendosi, svilendo il suo notevole carisma. Nel rifiuto di chiarire quanto, di quello che ci viene mostrato, appartenga alla percezione contorta del protagonista e quanto ci sia di reale, nell’accostare diversi registri (umoristico, horror, surreale, drammatico) senza decidere davvero da che parte stare, Beau ha paura lascia allo spettatore piena libertà di decidere cosa fare della storia e delle sue ambizioni, consentendo quella piccola parentesi di libero arbitrio che i personaggi inseguono con tanta disperata convinzione.

Beau ha paura, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Beau is Afraid
Regia: Ari Aster
Paese/anno: Stati Uniti, Canada, Finlandia / 2023
Durata: 179’
Genere: Horror, Commedia, Drammatico
Cast: Joaquin Phoenix, Bill Hader, Stephen McKinley Henderson, Denis Ménochet, Amy Ryan, Hayley Squires, Richard Kind, Kylie Rogers, Parker Posey, Patti LuPone, Julian Richings, Alicia Rosario, Armen Nahapetian, Bradley Fisher, Catherine Bérubé, James Cvetkovski, Julia Antonelli, Nathan Lane, Stephanie Herrera, Zoe Lister-Jones
Sceneggiatura: Ari Aster
Fotografia: Pawel Pogorzelski
Montaggio: Lucian Johnston
Musiche: The Haxan Cloak
Produttore: Luca Borghese, Tyler Campellone, Ari Aster, Lars Knudsen, Jorge Canada Escorihuela
Casa di Produzione: Square Peg, Access Entertainment, A24, IPR.VC
Distribuzione: I Wonder Pictures

Data di uscita: 27/04/2023

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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