IO SONO TUO PADRE

IO SONO TUO PADRE

Io sono tuo padre ci porta nelle fredde e fangose trincee francesi della Grande Guerra per raccontarci un rapporto filiale in seno allo sfruttamento coloniale dei soldati provenienti dall'Africa. La pellicola ha il pregio di affrontare una tematica storica poco scandagliata sul grande schermo, rivelandosi però, nella sequela degli eventi raccontati, un war movie piuttosto standardizzato, in cui gli aspetti politici e razziali non vengono affrontati in maniera realmente compiuta.

Storie poco conosciute

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Dopo Era mio padre, ecco un’altra scelta quantomeno peculiare da parte delle nostre case di distribuzione in fatto di titoli di film da italianizzare. Rispetto al film di Sam Mendes, ormai di un ventennio fa e che in originale si intitolava più efficacemente Road to Perdition, con Io sono tuo padre si vuole porre l’accento sul rapporto padre/figlio descritto nel film di Mathieu Vadepied rispetto al ben più freddo Tirailleurs (cioè, fucilieri). La storia è infatti quella di Bakary Diallo (un convincente Omar Sy in chiave drammatica, anche produttore della pellicola), pastore senegalese la cui vita viene sconvolta dopo che l’esercito francese piomba nel suo villaggio per reclutare a forza nuove leve per la Grande Guerra, tra cui il figlio adolescente Thierno (Alassane Diong). La prima pellicola di Mathieu Vadepied ad arrivare sugli schermi italiani racconta così la storia e il calvario vissuto dai soldati africani lungo le trincee francesi, un aspetto raramente raccontato ma che evidentemente sta suscitando sempre più interesse anche a livello letterario se consideriamo, ad esempio, che l’opera di David Diop Fratelli d’anima del 2019 è stata vincitrice di svariati premi, tra cui quello Strega europeo del 2019.

Implosione

Io sono tuo padre, Alassane Diong in una scena del film
Io sono tuo padre, Alassane Diong in una scena del film

Io sono tuo padre si caratterizza sicuramente per una ricostruzione scenica molto accurata grazie anche alla tenue fotografia di Luis Arteaga, ben congegnata e capace di evidenziare da un lato i colori dell’Africa, dall’altro il grigiore delle ambientazioni francesi fatte di trincee e villaggi dilaniati dai continui combattimenti, lungo le quali si staglia gran parte del film. Un discorso diverso vale per le scene di guerra che non mostrano nulla di particolarmente spettacolare e nessun grande bagno di sangue quando invece si dovrebbe pigiare sull’acceleratore degli orrori della guerra: questo rappresenta già un primo limite della pellicola, che ha così un ritmo incapace di esplodere letteralmente e coinvolgere lo spettatore nell’incubo in cui Bakary e Thierno piombano quando arrivano in Europa.

Questione di credibilità

Io sono tuo padre, Jonas Bloquet in una scena del film
Io sono tuo padre, Jonas Bloquet in una scena del film

Dove Io sono tuo padre perde però davvero mordente è nel raccontarci la narrazione del contesto storico con tutto quello che ne potrebbe conseguire, e prima ancora nell’evoluzione psicologica dei protagonisti, che si rivelano così personaggi statici e incapaci di suscitare emozioni con i loro dialoghi piuttosto frivoli. Il film vorrebbe mettere a confronto due generazioni e due modi diversi di affrontare gli orrori nella guerra, tramite una dinamica narrativa potenzialmente interessante in cui padre e figlio si trovano a scambiarsi i rispettivi ruoli, al punto da chiedersi, a un certo punto, chi protegge realmente chi. Tuttavia, il cambiamento che investe Thierno, una volta nominato caporale, non appare propriamente credibile, o comunque raccontato in modo tale da rendere giustificabile il suo voltare le spalle alla cultura originaria e il suo convincersi dell’importanza della guerra. Ne esce meglio, in termini di credibilità, nonostante le poche scene e battute al riguardo, il personaggio del tenente bianco Chambreau (Jonas Bloquet) desideroso di realizzare un trionfo militare per attirare le attenzioni del padre generale. La scelta di Vadepied e di Olivier Demangel in fase di sceneggiatura di concentrarsi sulla prospettiva di un padre la cui priorità non è quella di combattere per il proprio Paese (fino a quanto lo è in realtà?) ma riportare a casa sano e salvo il proprio figliolo, non si rivela pienamente vincente nell’economia globale della pellicola.

Lezioni di storia mancate

Io sono tuo padre, Omar Sy e Alassane Diong in una scena del film
Io sono tuo padre, Omar Sy e Alassane Diong in una scena del film

L’altro punto debole di Io sono tuo padre è, come anticipato poc’anzi, quello di fornire allo spettatore un quadro storico troppo abbozzato. Non si va mai realmente a fondo nell’affrontare gli effetti dell’imperialismo con le diversità di status razziali, e dunque politiche, all’interno dell’esercito francese. D’accordo, vengono mostrate all’interno dell’esercito le disomogeneità di linguaggio e di cultura derivanti dal raggruppare tantissime etnie diverse sotto un’unica bandiera; ma poco presente, e dunque anche in questo caso poco credibile, è il fatto che per la maggior parte del film la componente bianca sia pressoché assente, mentre gli effetti del trauma del rapimento dei due protagonisti, trapiantati in un contesto totalmente diverso, vengono subito abbandonati. Un po’ poco per motivare in maniera vigorosa il collegamento finale con la Tomba del Milite Ignoto parigina.

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Un punto di partenza

Io sono tuo padre, una foto del film
Io sono tuo padre, una foto del film

Io sono tuo padre è dunque principalmente una storia di incontro/scontro tra un padre e un figlio, che affronta a vari livelli diversi temi, come quello della famiglia, del sacrificio, dello sfruttamento coloniale. Nonostante i difetti importanti, resta comunque una pellicola che pone l’accento su un aspetto sicuramente ancora poco conosciuto, qual è il contributo africano alla guerra della Francia in Europa, al quale vorrebbe dare il giusto riconoscimento. In questo senso la scelta di averlo avuto come film d’apertura nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2022 è un chiaro segnale del cominciare a rifletterci sempre più.

Locandina

Io sono tuo padre, la locandina italiana del film

Gallery

Scheda

Titolo originale: Tirailleurs
Regia: Mathieu Vadepied
Paese/anno: Francia, Senegal / 2022
Durata: 98’
Genere: Drammatico, Storico, Guerra
Cast: Jonas Bloquet, Omar Sy, Bamar Kane, Alassane Sy, Léa Carne, Abou Traoré, Alassane Diong, Aminata Wone, Aristide Tarnagda, Clément Sambou, François Chattot, Ibrahima Ba, Indjai Caramo, John Sulo, Jordan Gomis, Moustapha Sylla, Nicolas Djermag, Oumar Sey, Pape Samba Savane, Renaud Calvet, Souleymane Bah
Sceneggiatura: Olivier Demangel, Mathieu Vadepied
Fotografia: Luis Armando Arteaga
Montaggio: Xavier Sirven
Musiche: Alexandre Desplat
Produttore: Bruno Nahon, Mathieu Vadepied, Caroline Nataf, Maryvonne Le Meur, Omar Sy
Casa di Produzione: Unité, France Télévisions, Korokoro, Canal+, Sy Possible Africa, Ciné+, Mille Soleils, Gaumont, Agence Culturelle Grand Est, France 3 Cinéma
Distribuzione: Altre Storie, Minerva Pictures Group

Data di uscita: 24/08/2023

Trailer

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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